La lettura del vademecum La scuola a prova di privacy, pubblicato dal Garante il 12 novembre 2025, mostra con immediatezza quanto profondi siano i cambiamenti che stanno interessando il sistema scolastico. Il documento è articolato, denso, redatto con una consapevolezza rara nei testi istituzionali, e considera la protezione dei dati non come un limite, ma come un elemento strutturale dell’esperienza educativa. La scuola non è più soltanto il luogo della trasmissione di conoscenze e competenze, ma un vero snodo informativo, attraversato ogni giorno da dati personali — spesso molto sensibili — il cui valore deve essere compreso prima ancora che regolato.

Colpisce soprattutto l’impegno del Garante nel riportare l’attenzione sulla dimensione umana del trattamento dei dati scolastici. Le norme definiscono i confini, ma il cuore del sistema resta costituito dalle persone: studenti, spesso minorenni, famiglie vulnerabili, docenti chiamati a conciliare esigenze didattiche e responsabilità etiche. La privacy diventa così parte integrante dell’educazione civica, uno dei primi ambiti in cui il giovane impara a distinguere ciò che può essere condiviso da ciò che merita protezione.

Il vademecum si apre con un forte richiamo alla trasparenza, intesa non come mero adempimento informativo, ma come vero atto educativo. La scuola deve spiegare in modo chiaro e comprensibile — anche ai minori — come e perché raccoglie i dati. In questo modo, la trasparenza diventa un esercizio di responsabilità: l’istituzione si rende comprensibile e lo studente acquisisce consapevolezza del valore delle proprie informazioni.

Il Garante sottolinea inoltre che non tutto richiede il consenso. Nel contesto scolastico, dove il rapporto tra istituzione e famiglia è spesso asimmetrico, chiedere un consenso non necessario rischia di trasformarlo in un atto puramente formale. Riconoscere che molte attività si fondano sulla legge e sull’interesse pubblico aiuta le famiglie a orientarsi e tutela la scuola da richieste improprie.

Il documento dedica ampio spazio alle basi giuridiche e all’organizzazione interna del trattamento. Il dirigente scolastico è il centro decisionale e organizzativo, mentre docenti e personale amministrativo operano sulla base di istruzioni precise, non secondo scelte autonome.

Questo aspetto, spesso ignorato nella pratica, è fondamentale: l’idea che ogni docente possa decidere quali dati raccogliere è errata e rischiosa. Il vademecum insiste sulla necessità di una governance chiara, con ruoli, istruzioni e controlli definiti. Senza queste strutture, ogni attività quotidiana può trasformarsi in un potenziale incidente privacy.

Particolare attenzione è dedicata ai dati sensibili. Informazioni su salute, origine etnica o convinzioni religiose devono essere trattate con estrema cautela. Qualsiasi dato sensibile raccolto senza reale necessità è automaticamente un trattamento illegittimo. Il riferimento ai moduli d’iscrizione che chiedono informazioni superflue diventa il simbolo di prassi obsolete e non conformi al principio di minimizzazione.

La sezione dedicata alla quotidianità scolastica mostra l’approccio concreto del vademecum. Il Garante conosce bene che la privacy si gioca soprattutto nei gesti di ogni giorno: la lettura in classe di un tema personale, la pubblicazione di un voto, una circolare con nomi e situazioni delicate, una foto scattata durante un evento.

Il caso più emblematico è quello dei voti: la pubblicazione online può lasciare tracce permanenti, trasformando un insuccesso in un marchio digitale. Per questo il Garante vieta in modo assoluto la pubblicazione dei voti sul sito della scuola. La privacy, qui, tutela non solo il dato, ma il percorso di crescita dello studente.

Analoga attenzione è riservata agli studenti con disabilità o DSA: anche indicazioni apparentemente neutre, come “prove differenziate”, se rese pubbliche, possono costituire una violazione grave della loro riservatezza.

Le sezioni dedicate alla tecnologia sono tra le più innovative. Il Garante affronta il tema dell’intelligenza artificiale, riconoscendone le potenzialità ma anche i rischi. È vietato l’uso di sistemi che tentino di rilevare emozioni o stati psicologici, per evitare forme di profilazione emotiva che invaderebbero la sfera più intima dello studente.

Ampio spazio è dedicato anche a smartphone, chat e social network. Il richiamo ai rischi del cyberbullismo assume qui un valore educativo: ciò che accade online può avere conseguenze profonde nella vita reale. La privacy diventa così parte di una riflessione culturale sul modo in cui il digitale modifica la percezione di sé e degli altri.

Interessante è la distinzione tra chat private dei genitori e strumenti ufficiali della scuola: pur non essendo responsabile delle prime, la normativa privacy resta applicabile e richiede comunque prudenza.

La parte dedicata alla pubblicazione online affronta il nodo più delicato: conciliare trasparenza amministrativa e protezione della persona. Pubblicare un’informazione sul sito istituzionale significa renderla potenzialmente eterna e accessibile a chiunque.

Elenchi di morosità, beneficiari di servizi o composizioni delle classi possono trasformarsi in fonti di discriminazione. Per questo il Garante afferma che tutto ciò che espone i minori a rischi non deve essere pubblicato online. La trasparenza non coincide con la diffusione indiscriminata, ma con la selezione responsabile delle informazioni da rendere pubbliche.

La videosorveglianza è un ambito complesso, in cui sicurezza e libertà personale si intrecciano. Il vademecum consente l’installazione di telecamere solo quando strettamente necessario e solo nelle aree realmente a rischio, evitando di trasformare la scuola in un luogo ipercontrollato.

Nelle scuole dell’infanzia, la cautela deve essere ancora maggiore: non esiste una norma che autorizzi un controllo visivo costante dei bambini, e ogni trattamento deve rispettare il loro diritto a un ambiente sereno e non invasivo.

Il tema si collega anche ai controlli a distanza sui lavoratori: una telecamera interna attiva durante l’orario scolastico può diventare uno strumento di controllo dei docenti, con implicazioni rilevanti sul piano giuridico.

Il vademecum restituisce un’immagine della scuola molto più complessa di quella che emerge nel dibattito pubblico: un ambiente fragile, ricco di relazioni, attraversato da dati sensibili e responsabilità crescenti. La protezione dei dati è un presidio culturale, non un semplice adempimento tecnico.

Ogni intervento sulla privacy è, prima di tutto, un intervento sulla persona. La dignità degli studenti, la serenità delle famiglie, la libertà dei docenti e la responsabilità dell’istituzione convivono in un equilibrio delicato che richiede formazione, ascolto e consapevolezza.

In un contesto sempre più digitale, in cui l’intelligenza artificiale entrerà stabilmente nei processi educativi, la sfida è anche etica: formare cittadini capaci di comprendere il valore dei propri dati e il senso della loro protezione. È in questa dimensione, insieme tecnica e profondamente umana, che la privacy scolastica trova il suo significato più autentico.

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