Oggi, per il giorno del suo compleanno, varcherà la soglia del Campidoglio, una persona davvero degna, finalmente: Carlo Verdone. Sarà protagonista di un evento speciale, quello in cui diventerà sindaco di Roma per un giorno, un ruolo simbolico che sembra cucito su di lui non solo per la popolarità ma per il legame profondo che da sempre intreccia con la città.

Ci si auspica che non interpreti il suo vecchio ruolo di Armando Feroci in “Gallo cedrone” in cui, alle elezioni per diventare sindaco della capitale, proponeva di prosciugare il Tevere per far si che il traffico “scoresse”. Ma è attraverso questi personaggi che il regista romano è divenuto una delle icone più autentiche del cinema italiano; un artista capace di osservare la realtà con uno sguardo affettuoso e pungente, trasformando persone comuni in personaggi indimenticabili e trasformando le nevrosi quotidiane in racconti irresistibili.
Fin dai suoi esordi ha costruito un archivio di umanità che resiste al tempo, e lo ha fatto con film che non hanno solo divertito ma anche fotografato l’Italia nei suoi cambiamenti, nelle sue manie e nelle sue infinite contraddizioni. Da “Un sacco bello” a “Bianco, rosso e Verdone”, passando per “Borotalco”, “Compagni di scuola”, “Maledetto il giorno che t’ho incontrato” e “Viaggi di nozze”, il Carlo nazionale ha raccontato generazioni di italiani che si specchiano in quelle insicurezze buffe e universalissime che lui, prima di tutti, ha saputo trasformare in una forma d’arte.

I personaggi, figli di quella commedia all’italiana fucina di vecchie emozioni, che ha portato sullo schermo, sono entrati nel linguaggio comune: il timido perenne in lotta con sé stesso, il logorroico che vive di ossessioni, il romantico armato di disastri sentimentali, figure che ancora oggi parlano perché nate da un ascolto profondo della vita e da una precisione comica rara, ormai unica. Nelle sue pellicole, il quotidiano diventa teatro e la città, soprattutto Roma, non è mai uno sfondo ma una presenza viva, rumorosa, affettuosa, a volte perfino complice.
Oggi, mentre accetta questo incarico simbolico, a 25 anni dal suo unico predecessore, il grande Alberto Sordi, Verdone rappresenta qualcosa che va oltre il cinema. È diventato un osservatore maturo dei cambiamenti sociali, un punto di riferimento culturale che continua a interpretare il presente con lo stesso equilibrio di ironia e sensibilità che da sempre lo contraddistinguono. Non ha mai abbandonato la curiosità che lo spinge a parlare con la gente, a cogliere sfumature, ad ascoltare le voci “all’ombra” di una Roma che cambia volto ma non smette di essere un enorme palcoscenico umano. Per questo il suo sguardo, anche oggi, è prezioso: perché non giudica, racconta.

E così, mentre posa la mano sulla scrivania del Campidoglio, quella del “vicesindaco” Roberto Gualtieri, sembra quasi di vedere la città che lo osserva divertita e gli concede per un attimo la sua fiducia. Roma sa riconoscere i suoi figli migliori e oggi gli affida quel ruolo per gioco, certa che se mai dovesse davvero scegliere un sindaco, non sarebbe male averne uno capace di risolvere i problemi con la stessa grazia, passione e amore con cui sa trasformare il caos in una risata “Troppo forte”.
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