
Una brutta storia quella che racconterò oggi.
Una donna ha avvelenato il marito reo, secondo le motivazioni della sentenza, di averla costretta ad una vita senza emozioni e senza figli, insomma ad una vita piatta come una pizza.
Per questo motivo è stato assassinato un pizzaiolo (non è una battuta, ma il lavoro del malcapitato) di Termini Imerese nel 2019
La moglie inizialmente avrebbe cercato di eliminarlo somministrandogli per lungo tempo un anticoagulante, ma poi non vedendo risultati apprezzabili, passa alle maniere forti cianuro.
E oggi arriva la sentenza di primo grado: 30 anni di carcere alla donna, con il rito abbreviato e una provvisionale per complessivi 200 mila euro in favore della famiglia del marito costituitasi parte civile.
Se la donna avesse ritardato solo di qualche mese la sua intenzione omicida non sarebbe stata processata con il rito abbreviato in virtù delle norme introdotte nell’aprile 2019, ma poiché l’omicidio era avvenuto nel gennaio 2019 ha usufruito anche di questo beneficio.
La morte del pizzaiolo era stata inizialmente archiviata come morte naturale: infarto.
Successivamente un amante della moglie rivelò la vera condotta dell’assassina e le motivazioni che l’avevano spinta. La successiva autopsia confermò la presenza di tracce di cianuro e di Coumadin, un farmaco anticoagulante.
A quel punto la Procura indirizzò immediatamente le sue attenzioni verso la donna, perché il cianuro è un veleno che uccide immediatamente e quel 22 gennaio 2019 l’ultima a vedere il marito in vita era stata proprio la moglie.
La fretta di eliminare il consorte le è stata fatale. Forse con l’anticoagulante e un po’ di pazienza in più avrebbe potuto pure scappottarsela. Ed invece nell’aprile del 2021 la donna viene arrestata con l’accusa di omicidio e oggi condannata a 30 anni.
La parte civile aveva richiesto l’ergastolo evidenziando una serie di condotte poste in essere dalla moderna Messalina. Innanzitutto il tentato omicidio, visto le precedenti prove con il Coumadin . Poi la simulazione del reato di stalking, accusando l’ex amante prima di averla perseguitata e poi di essere l’autore del cibo “corretto” con l’anticoagulante. Infine ci sarebbe anche una presunta truffa aggravata, perché dopo l’omicidio del marito l’imputata avrebbe intascato il premio di una polizza assicurativa sulla vita stipulata dal marito. Infine per i legali di parte civile la donna “non avrebbe mai mai avuto una parola di compassione per la morte del marito e la sofferenza della sua famiglia”
Insomma una storia degna del meglio (o del peggio) di Hercules Poirot, un clichè già visto e rivisto.
Ma come ogni giallo c’è sempre la sorpresa.
Quando la Procura le contestò l’omicidio la donna era rimasta incinta di un altro uomo e poi era diventata madre ed è per questo che, tranne pochi giorni di carcere, è stata sempre ai domiciliari e lo è tutt’ora.
Una storia talmente ricca di sfaccettature che può essere vista da varie angolazioni, ma è istruttiva dovunque.
In omaggio al lavoro del povero marito si può definire una sorta di grande pizza quattro stagioni: ognuna prenda la fetta che più gli piace.