

Napoli è una città complicata, fatta di mille contraddizioni che fondono insieme bellezze e dannazioni: Maradona a Napoli è stata una di queste. Capitale del meridione, la città di Napoli è, negli anni 80 vittima della questione meridionale: la progressiva polarizzazione delle industrie in un’area geograficamente più vicina all’Europa con la conseguente creazione di una periferia italiana.
Il calcio, d’altra parte, è fatto di passione.
Uno sport fatto di ammirazione di tecnica, di strategia, ma soprattutto di fede. Quando subentra la fede, per certi tifosi, si abbandona la razionalità ed è così che nascono miti e confronti, a volte intrisi di odio non giustificabile, se non per una rivalità tra i club di appartenenza. Questa situazione si applica bene alla rivalità tra i tifosi napoletani e i tifosi juventini, che, se nel 2020 non sentono ragioni di compromessi, negli anni 80 la situazione era ancora più estrema.
Come possono passare indifferenti cori come “napoletani colerosi” o “Vesuvio, lavali col fuoco”? Cosa c’è di sportivo in frasi come queste?
L’inizio della rivalsa. L’arrivo di Maradona a Napoli
È proprio questo il contesto in cui il talentuoso calciatore argentino, ignaro della situazione della città, arriva, accolto dal caloroso popolo napoletano con una festa spropositata che coinvolge tutta la città.
Napoli è una città da sempre al limite, sospesa tra spontaneità e furbizia, tra l’essere geniali e l’arrangiarsi. Probabilmente il popolo napoletano ha visto in Maradona una certa somiglianza con sé stesso: scugnizzo cresciuto per strada a pane e pallone, a Villa Fiorito, che potrebbe ricordare a molti alcuni dei quartieri più difficoltosi della città. Maradona ce l’ha fatta: è uscito, trascinandosi la sua famiglia, da quella condizione di povertà, grazie alla passione per il calcio. Due valori fondamentali per i napoletani: il calcio e la famiglia.
A fare il resto ci ha pensato il carattere di Diego: allegro, spensierato e cumpagno, che, arrivato in città, non ha perso tempo a farsi delle amicizie, buone o cattive che il senno di poi gli ha mostrato essere.
Ma se il popolo napoletano aveva grandi aspirazioni su Maradona, queste si sono trasformate in tutti i sentimenti positivi a cui si possa pensare quando l’argentino ha cominciato a giocare le sue prime partite: come quella contro la Juventus, lasciando i cori di prima muti, con la punizione contro Tacconi che è passata alla storia e che ha segnato la vittoria inaspettata della povera squadra bistrattata del sud. E con quelle molte altre partite, portando il Napoli a vincere il suo primo scudetto e a partecipare alla massima competizione europea.
Il mito di Maradona nel 2020
Come si è evoluta la storia del calciatore argentino, sospesa tra un nome e un cognome che sembrano inconciliabili sotto la stessa persona, è noto e ciò che è già stato dimostrato nella sua carriera e che continua ad essere vero ancora oggi è che la gratitudine e l’affetto dei napoletani nei suoi confronti sono inesauribili.
È così che Turtle Studio, associazione cinematografica campana, specializzata nella stop-motion, ma composta da uno staff di professionisti appartenenti a settori diversi, celebra oggi, nel suo sessantesimo compleanno, el pibe de oro, con un’animazione a lui dedicata.
