
Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa stava uscendo dalla prefettura a bordo di una A112 beige , guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, per andare a cenare in un ristorante di Mondello. La A112 era seguita da un’Alfetta guidata dall’agente di scorta Domenico Russo. Alle ore 21.15, mentre passavano da via Isidoro Carini, una motocicletta, guidata da un killer che aveva alle sue spalle il mafioso Pino Greco, affiancò l’Alfetta di Russo e Greco lo uccise con un fucileAK47. Contemporaneamente una BMW 518, guidata da Antonino Madonia e Calogero Ganci, raggiunse la A112 e i killer aprirono violentemente il fuoco contro il parabrezza con un AK-47.L’auto del prefetto sbandò, andando a sbattere contro il bagagliaio di una Fiat Ritmo ivi parcheggiata. Pino Greco scese dalla motocicletta e, girando attorno alla A112 crivellata dagli spari, verificò l’esito mortale dell’agguato. Subito dopo l’auto e la motocicletta utilizzate per il delitto vennero portate in un luogo isolato e lì date alle fiamme. I coniugi dalla Chiesa morirono sul colpo mentre l’agente Domenico Russo morì dodici giorni dopo, il 15 settembre. Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa aveva condotto come capo del nucleo speciale antiterrorismo dei Carabinieri, a partire dal settembre 1978, la controffensiva dello Stato sui gruppi eversivi di estrema sinistra, in particolare sulle Brigate Rosse, con notevoli risultati. Egli aveva avviato il processo di disgregazione del fenomeno terroristico in Italia che si sarebbe definitivamente concluso dopo la sua morte. In virtù dei risultati conseguiti, dell’alto prestigio guadagnato sul campo, fu inviato a Palermo come prefetto della città all’indomani dell’omicidio del sindacalista e uomo politico comunista Pio La Torre. Nei tre anni precedenti al suo insediamento, la mafia aveva assassinato, tra gli altri, valenti investigatori, magistrati e uomini politici come Boris Giuliano, Cesare Terranova, Piersanti Mattarella, Gaetano Costa e, appunto, Pio La Torre. Ma Dalla Chiesa, nei poco più di cento giorni da prefetto a Palermo, non ebbe i promessi e non meglio precisati “poteri speciali” dal Governo, lamentandosene nell’agosto del 1982 in una famosa e polemica intervista concessa al giornalista del quotidiano La Repubblica Giorgio Bocca. Nella provincia di Palermo era inoltre in corso la cosiddetta «seconda guerra di mafia», nella quale i Corleonesi massacrarono i loro nemici per prendere il controllo dell’organizzazione. In questo periodo che fu assassinato a Palermo, in via Isidoro Carini, insieme alla seconda moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. Dall’omicidio Dalla Chiesa ad oggi si è inoltre fatta strada l’ipotesi, in sede giornalistica, storica e giudiziaria (se ne è infatti dibattuto in udienza sia nel processo a Giulio Andreotti per concorso esterno in associazione mafiosa che nel processo per l’omicidio del giornalista Carmine Pecorelli), che la morte del generale e di sua moglie sia in qualche modo anche collegata al memoriale redatto da Aldo Moro durante il suo sequestro, che si ritiene il generale Dalla Chiesa abbia potuto visionare in versione integrale, più ampia di quella nota dopo i ritrovamenti del 1978 e 1990 nel covo delle Brigate Rosse di via Monte Nevoso a Milano.