
Gianluigi Donnarumma è l’emblema della mediocrità in cui è sprofondato il sistema calcistico, schiavo dei diritti televisivi, del merchandising, del business e dei procuratori. Il mito del successo facile, della popolarità da social network e dell’arrivismo ad ogni costo, stanno lacerando sempre più una società dilaniata dalla perdita dei valori e caratterizzata sempre meno da umiltà, amore, romanticismo. Il calcio, seppur etichettato come un banale sport, finisce per costituire la massima esaltazione dei turbamenti sociali. A tal proposito, stiamo vivendo un’era sportiva diametralmente opposta rispetto al passato: in un batter d’occhio, senza neanche accorgercene, siamo passati da una generazione romantica, onorata dai vari Del Piero, Zanetti, Maldini, Totti ad una nuova epopea che antepone il portafoglio ai sentimenti sportivi. Così, anche un semplice 18enne, si permette di rifiutare un contratto di 5 milioni a stagione, per 5 anni, dal Milan.
La mente corre al passato, ai vari Seedorf, Pirlo, Shevchenko, Kaka, Nesta, Gattuso, solo per citarne alcuni. Questi calciatori, prima di diventare dei fenomeni, hanno fatto una gavetta non di poco conto: Gattuso emigrò in Scozia; Shevchenko si mise in evidenza alla Dinamo Kiev, in Ucraina, mentre Pirlo conquistò tutti con le sontuose giocate a Reggio Calabria e Brescia. Il minimo comune multiplo che accompagnava le carriere di questi fuoriclasse era la voglia di emergere, l’ambizione a costruire un futuro più roseo, l’orgoglio di incantare la platea televisiva. Pur avendo riscosso ingaggi milionari, non hanno mai anteposto i soldi alla passione per il calcio.
Nel 2017, assistiamo ad un calcio che assomiglia sempre più ad un’industria e sempre meno ad un gioco. Inconsciamente siamo tutti spettatori di uno show pilotato, deciso a priori, dai milioni e dagli interessi e con la partecipazione di attori(calciatori) finti, quasi come se si trattasse di Wrestling. Donnarumma è la conferma che il calcio sia cambiato, in peggio. Le dichiarazioni d’amore di un calciatore nei confronti dei tifosi e della società hanno un termine di prescrizione decisamente breve: tutto viene consumato nel giro di poche ore con l’implementazione dei sistemi informativi.
Non esiste più niente: Passione, Voglia, Riconoscenza. Ed è per tale motivo che, fino quando, il calcio sarà subissato nel confine dei diritti televisivi, del merchandising, del marketing, dei media e dei procuratori sportivi, assisteremo ad uno spettacolo finto, spietatamente finto.