
Perché Pier Paolo Pasolini è stato ucciso?
Il Nuovo Teatro Sanità mette in scena “Idroscalo 93. La morte di Pier Paolo Pasolini”, uno spettacolo in cui le circostanze ufficiali in cui l’omicidio si è consumato sembrano davvero una “messa in scena”.
Il luogo del delitto lasciato in balia dei passanti, le prove contaminate, la macchina di Pasolini – un’Alfa Romeo Giulia GT 2000 – sequestrata dagli inquirenti e lasciata in una rimessa all’aperto in balia delle intemperie e di chiunque volesse manomettere le prove.
E poi le incongruenze con la versione di Giuseppe Pelosi, autoaccusatosi dell’omicidio: il corpo di Pasolini presentava percosse gravissime non provocate da una sola persona, Pelosi aveva lo spazio necessario per darsi alla fuga con l’automobile del poeta senza investire l’uomo, il ragazzo presentava solo qualche piccola macchina di sangue e i vestiti di Pasolini erano inzuppati di sangue, nell’Alfa Romeo venne rinvenuto un maglione appartenente a ignoti.
E ancora, la riapertura del caso, le nuove versioni fornite dall’ex ragazzo di vita ormai adulto, nuove piste da seguire alla luce delle analisi del DNA.
Una narrazione complessa quella di Idroscalo 93 che si avvale della drammaturgia di Mario Gelardi e della consulenza di Carla Benedetti, critica e saggista autrice di “Frocio e basta. Pasolini, Cefis, Petrolio”, un testo sul depistaggio della morte di Pasolini.
Ivan Castiglione omaggia il film del regista friulano “Che cosa sono le nuvole?” curando uno spettacolo meta-teatrale in cui veste i panni del regista sia nella realtà che sulla scena. All’alzarsi del sipario, Castiglione canta l’omonima canzone di Domenico Modugno (presente nel citato film di Pasolini) trascinando al centro del palcoscenico un uomo-burattino. È Giuseppe Pelosi (interpretato da Riccardo Ciccarelli), detto Pino la Rana, a oggi l’unico colpevole dell’omicidio Pasolini e di cui il regista-burattinaio muove i fili della confessione trasformandolo da vittima in carnefice.
Intermezzi grotteschi e la lettura di alcune opere di Pasolini, si alternano a momenti di assoluta drammaticità in
cui a parlare sono gli atti del tribunale.
Castiglione come un ragno vorace di verità tesse i fili della narrazione che gradualmente si allarga fino ad arrivare a comprendere episodi di cronaca, delitti irrisolti e ipotesi sconcertanti della torbida Italia degli anni ʼ70: esponenti della democrazia cristiana in combutta con la mafia, servizi segreti deviati, la CIA infiltrata in Italia, gli attentati di Bologna e di Milano come terrorismo di Stato, l’assassinio del presidente dell’Eni Errico Mattei deciso a tavolino da alcuni politici italiani. E “Petrolio”, l’ultimo libro di Pasolini avrebbe dovuto raccontare tutto questo.
Non c’è scampo, non c’è risposta. L’unica consolazione permessa allo spettatore è sceglie di credere alla verità che ritiene più vera, abbandonandosi alla straziante e meravigliosa bellezza del palcoscenico.