
Lo SPID è il “sistema pubblico dell’identità digitale“, in altre parole, uno strumento per semplificare i rapporti tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione e così avere accesso a molti servizi, con un solo profilo, come le prenotazioni di visite mediche, l’iscrizione dei figli a scuola, la verifica dei contributi e i pagamenti di multe e tasse. Insomma, meno code agli sportelli ma anche meno spreco di carta.
In più, i ragazzi che compiono 18 anni nel 2016 possono richiedere di usufruire del bonus cultura (Legge Stabilità 2016) di 500 euro da spendere per comprare beni e servizi legati alla cultura, come libri, o biglietti per musei, cinema, teatro e concerti. Hanno per questo a disposizione un’app (https://www.18app.italia.it/#/) dedicata a cui si accede solo con lo Spid.
Eppure il percorso di questa novità è segnato da alcuni ostacoli. A metà ottobre, il TAR Lazio ha bocciato il Regolamento SPID dell’AGID in quanto i requisiti di accreditamento dei Gestori di identità digitale, in particolare il capitale sociale minimo, fissato a 5 milioni di euro e il valore delle polizze assicurative fissato a 7,5 milioni di euro, sono ritenuti, evidentemente, troppo alti e dunque si opera una ingiustificata esclusione ai danni delle piccole e medie imprese che lascia in gioco unicamente grandi società come Poste Italiane e TIM, Infocert e pochissimi altri. Da ASSOPROVIDER (associazione che ha promosso il ricorso insieme ad AIIP ed ASSINTEL) hanno fatto notare che invece la norma, anche questa impugnata, che prevede che il costo dell’accreditamento sia interamente a carico degli accreditati è rimasta in vigore.
Adesso, chiaramente, è necessario garantire il rispetto delle sentenze e dunque attraverso una norma nuova permettere alle piccole e medie imprese di gestire i dati relativi allo spid, anche per una ragione di sicurezza informatica in quanto lasciare nelle mani di pochi gestori dati così delicati espone i detentori ad attacchi informatici che mettono a rischio la privacy di un numero cospicuo cittadini.