
Anche in Italia dal primo gennaio 2016 sarà in vigore il bail in che letteralmente significa “salvataggio interno” per effetto del recepimento della direttiva 2014/59/UE (bank recovery and resolution directive).
E adesso che succederà? I nostri soldi non sono più al sicuro? Le banche in difficoltà potranno prosciugare i nostri conti e sarà tutto nel rispetto della legge?
Le cose non stanno proprio così.
La direttiva interviene in un ambito che negli ultimi anni ha causato principalmente grossi problemi finanziari ai danni degli Stati e quindi dei contribuenti, in quanto funzionava l’antitetico bail out ovvero il salvataggio dall’esterno. Da qui gli aiuti pubblici alle banche che tanto hanno fatto discutere in passato. E adesso? E’ tutto ribaltato perchè questa rivoluzione avrà come effetto che l’istituto bancario in rosso condividerà le perdite con azionisti e obbligazionisti prima e se fosse necessario potrebbe condividere le perdite anche i conti correnti, i libretti, i conti deposito, ma solo in seconda battuta, ed eccezion fatta per le cifre al di sotto dei 100 mila euro, per i quali interviene un fondo di garanzia.
Il testo del decreto è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 settembre e ora è tornato alle Camere, in quanto deve essere sottoposto al parere. In Senato sono già iniziate le audizioni. E’ intervenuto il Presidente della Consob, Giuseppe Vegas alla Commissione Finanze, per far rilevare la necessità di modificare il testo del disegno di legge. Allo stato attuale si pone in contrasto con le direttive europee in temi di abusi di mercato e tutela della concorrenza.
Inoltre, viene introdotta una disposizione in sintonia con l’articolo 17, comma 5, del regolamento (UE) n. 596/2014 relativo agli abusi di mercato, applicabile a partire da luglio 2016: si prevede la possibilità, nel caso l’emittente sia un ente creditizio o finanziario, di ritardare la comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate al fine di salvaguardare la stabilità del sistema finanziario.
Le problematiche in gioco sono diverse, come la tutela del diritto ad essere a conoscenza e tempestivamente di informazioni price sensitive, il rischio di un aumento delle richieste di risarcimento da parte di investitori che non hanno accesso a un quadro informativo non esaustivo.