
…Il più famoso è, probabilmente, l’Urlo di Munch; soprattutto perché – al pari della Coppa Rimet di calcio o del diamante Hope – è stato rubato più volte, ritrovato, sottratto di nuovo. Adesso però, al pari di numerosi altri quadri trafugati, potrebbe divenire visibile anche nei momenti di “assenza”. E dove potreste mai pensare di vedere un quadro che non c’è, se non in un museo che non esiste?
L’idea è dell’israeliana Ziv Schneider, studentessa di telecomunicazioni interattive alla Tisch School of the Arts a New York. È a lei che si deve il museo “dell’arte rubata”, un percorso virtuale tra i più celebri capolavori (tra cui un Vermeer, un Rembrandt, un Manet, disegni di Degas, un vaso Ming, per circa mezzo miliardo di dollari) sottratti nella notte del 18 marzo 1990 al Gardner di Boston.
Il bello è che i ladri, due anni fa, sono stati identificati. Il crimine però è caduto in prescrizione, e non c’è modo di far loro confessare cosa abbiano fatto della refurtiva che – prima visibile solo sulle foto di FBI e Interpol – è stata adesso restituita a una parte del pubblico grazie alla tecnologia Oculus e un museo virtuale con immagini in alta risoluzione, e pareti, corridoi, cornici… forse persino un custode appisolato su una sedia!
E mentre si prepara lo sbarco del MoSA – Museum of Stolen Art su internet (non più in 3D, ma fruibile da un pubblico molto più ampio) la sua creatrice sta lavorando a due nuova mostre. Protagonista della prima sarà l’arte saccheggiata dai rispettivi paesi d’origine (e in Italia ne sappiamo qualcosa…) in particolare le oltre 14mila opere trafugate da Iraq e Afghanistan durante i conflitti con gli USA. Il secondo progetto dovrebbe mettere in galleria i quadri rubati più famosi al mondo, e speriamo che nel frattempo non lo ritrovino, l’Urlo: altrimenti, per vederlo, toccherà andare fino a Oslo.