


Se quanto di noi aleggia ancora in giro nei giorni successivi alla morte, quanto resta di Pino Daniele, il grande caposcuola che ha saputo fondere in un’armonia a volte solare, più spesso pensosa, dolente, amara i diversi generi musicali, dal blues al jazz alla melodia napoletana, risiede forse nelle note della sua ultima canzone. Quale ne sia il tema, possiamo tentare di intuirlo, con tutti i dubbi e l’umiltà che tali illazioni richiedono. Perché un sole amaro è spuntato per lui nella sua terra, nella sua terra piena di libertà che adesso anche lui avverte, una volta vinta la paura della morte che non ci vuole lasciare. Certo, Pino Daniele avrebbe preferito che tra i mille colori di Napoli non ci fosse stato posto per il giallo che ne sta invadendone la solare dolcezza mettendo in fuga ogni allegria. Avrebbe preferito, forse, venir serenamente accompagnato per l’ultima passeggiata lungo una strada dove l’odore di mare è ancora quello dei ricordi d’infanzia, perché, chi tiene il mare, certe memorie non le perderà mai.
Avrebbe preferito sentire le voci di tutti, di grandi e bambini, sollevarsi leggere nell’aria per infondere in tutti la struggente, ma dolce malinconia che sembra sottolineare le parole e i suoni delle sue canzoni, e forse, se il suo spirito aleggia ancora abbastanza vicino da sentire il rimpianto di tutti quanto ne hanno fatto una bandiera alla musica, potrebbe dirci che si sta godendo i mille colori della città senza più avvertirne le paure che la sua sensibilità d’uomo e d’artista ha sempre posto in primo piano. E allora, diamo la buona notte a un pazzo generoso di sé e della sua arte, a un nero a metà che nella sua città si immedesima fino a sentirsi, con essa, finalmente libero, e immaginiamolo mentre si sta bevendo, forse per l’ultima volta, ma non è poi così sicuro, la sua tazzulella ‘e cafè.