
Dodicesima puntata della nostra rubrica sui fatti di campionato del Napoli e dell’Avellino. La giornata era attesa in entrambe le parrocchie, per motivi diversi ma comunque validi. A Napoli i motivi erano quelli della continuità da dare agli ultimi buoni risultati per appropriarsi decisamente del terzo posto in classifica in attesa di qualche passaggio a vuoto di Roma e Juventus. Ad Avellino si aspettava il riscatto del lupo dopo l’inaspettata sconfitta casalinga contro il modesto Vicenza. E cominciamo il nostro resoconto proprio dai verdi d’Irpinia, verdi di rabbia per com’è andata la partita di sabato pomeriggio contro il Varese. Zero a zero finisce la contesa, ma i troppi quasi-gol della truppa di mastro Massimo Rastelli non possono far prendere il pareggio con serenità dal popolo del lupo. È il 22 novembre, vigilia dell’ennesima ricorrenza del terremoto del 1980, e la curva sud ricorda la sciagura con uno striscione semplice e giusto. Anche quel 23 novembre del 1980 c’era una partita al Partenio a scaldare i cuori degli irpini della città e delle montagne, unitissimi nel sostegno alla squadra al suo terzo campionato di serie A. Quel pomeriggio Avellino-Ascoli finì quattro a due per i lupi e, come allora accadeva quando la squadra di pallone vinceva, la domenica sera la gioia della vittoria si tagliava nell’aria…
Il mastro tattico Massimo, che nell’occasione conta già la sua duecentesima partita da allenatore pro, questa volta schiera gli undici secondo lo schema più utilizzato e conosciuto, fatto di tre stopper, due terzini di fascia con licenza di fluidificare, tre mediani e due punteri. Eppure nel primo tempo la squadra non riesce a trovare spazi e tempi di gioco, anche perché il Varese semigiovanile del varesino mister Bettinelli, raro esempio di allenatore italiano autoctono cresciuto in tutti i gradi del vivaio, si mette in campo solo per difendere e per distruggere la manovra di per sé già difficoltosa dell’Avellino. Tutto il primo tempo è un inutile dominio territoriale dei padroni di casa, che sbattono contro la doppia linea difensiva dei lombardi dei sette colli impostata però intorno al pomiglianese Rea; lombardi bravi a non farsi mai infilare in mezzo dai centrocampisti avversari, pure poco lucidi e precisi negli appoggi, e solo qualche volta in affanno sulla loro fascia sinistra dove il laterale di casa Bittante spinge bene, insomma meglio del solito, sebbene il cross tagliato e ben fatto rappresenti per lui un’abilità ancora da apprendere. I lupi quindi, spesso irretiti e braccati già nella loro metà campo, nel primo tempo riescono a creare tre/quattro occorrenze minacciose per il giovane guardiaporta Bastianoni Elia, che tuttavia non deve veramente respingere tiri diretti in porta. Sul lato opposto del rettangolo d’erba, il collega Gomis risulta quasi superfluo nello svolgimento della vicenda, toccando solo qualche pallone per rimetterlo in gioco. Zero a zero tassativo alla fine del tempo e giù qualche fischio dal pubblico biancoverde, abbondante e in maggioranza ben disposto verso i propri rappresentanti. Nella ripresa i lupi, come (troppo) spesso accade nella partite in casa, tornano in campo con più voglia di fare, magari disordinandosi tatticamente ma non per questo perdendosi gli avversari, anzi, nel caso dei varesotti asfissiandone il centrocampo e costringendoli a difendersi solo a oltranza. Con l’ingresso dell’attaccante di agilità Arrighini in luogo del lungagnone Gianmario Comi, nonché della mezz’ala offensiva Soumarè in luogo del corridore Arini, i mediani cominciano a sbrecciare ripetutamente la casamatta rossovistata soprattutto al centro, Gigione comincia a prenderle spesso di capoccia nei corpo a corpo con i difensivi avversari, molti a turno cominciano a tirare verso i pali del Bastianoni Elia, che purtroppo per noi comincia ad esaltarsi e a prenderle tutte, pure una di Bittante a gol già urlato dai fedeli in ansia di liberazione. Quando invece proprio non ci può arrivare che nemmeno ci prova, il profeta guardiaporta Elia guarda il suo palo sinistro come a invocarne il soccorso e il pezzo di legno veramente interviene a respingere il colpo di riccioli di Arrighini. All’ultimo secondo di gara ancora l’indiavolato Arrighini si trova a tu per tu col profeta Elia, che ovviamente vince pure l’ultimo duello. Quando l’arbitro fischia la fine quelli del Varese, che neanche un corner han battuto e che sanno di averla scampata bella, vanno tutti a ringraziare il giovane Elia, ligure di levante di mestiere guardiaporta di pedata. Sul Partenio-Lombardi il sabato annotta con un misero punto in due partite casalinghe, ma i più fedeli della congrega cantano inni di ringraziamento ai loro paladini che ce l’hanno messa tutta. E pensare che il profeta Elia è molto venerato in Irpinia…
Dopo Napoli-Cagliari di domenica pomeriggio, non possiamo non rinnovare le nostre simpatie per Rafa Benitez e le forti simpatie per Zdenek Zeman, allenatori di pallone senza paura e senza freni, all’attacco sempre perché questa è l’idea di gioco e non si può piegarla alla bisogna, come non possono piegarsi tutte le grandi idee. Rafelone alla vigilia ha fatto il suo endorsement a Sdengo a sostegno delle sue battaglie di lealtà e legalità del pallone. Uniti nella lotta allora, oltre che nel coraggio degli schemi. Potremmo aggiungere che “l’avevamo detto”, che avevamo anticipato gol ed emozioni nella partita del San Paolo, ma non vogliamo diventare autocelebrativi (anche perché per una che ne imbrocchiamo tante le sbagliamo) e per di più non ci piacciono i tromboni, di cui già sono dotate tante orchestrine pallonare partenopee. Dunque, Napoli e Cagliari fanno tre a tre nella partita più goduriosa del campionato in corso, meglio giocata nelle fasi di offesa e più bizzarramente (non)curata nelle fasi difensive, considerando la regolare scopertura dei rispettivi reparti di difesa. Il Napoli, privo di Lorenzino e del suo sostituto Mertens, schiera nel ruolo di ala sinistra l’olandese De Guzman. Altra novità è il brasiliano Henrique al centro della difesa in luogo del critico e criticato Albiol così come è novità, accanto a Inler, Gargano, invece degli altri centrocampisti normalmente più considerati di lui. Se Rafelone non ha abbondanza di uomini, il boemo non sta meglio stante le assenze di tre buoni quali Conti, Avelar e Sau. I moduli di gioco delle squadre in campo sono quello che sono, altro che adeguarsi alle caratteristiche dell’avversario e cambiare modulo in corsa a seconda del risultato…Ma quando mai! Rafelone e Sdengo sono diventati grandi personaggi della pedata tattica senza mai fare gli ipertattici, e radicalizzandosi facendo buone quando non ottime cose quando qualche disastro (nel caso di Sdengo). Oddio, spesso Sdengo i disastri se li è andati a cercare, perché sostanzialmente folle come tutti i praghesi della Primavera del ‘68. Come quella volta nel Napoli del doppio padrone Ferlaino e Corbelli e con Luciano Moggi gran manovratore: era il principio del nuovo millennio e quando la squadra cominciava a recepire il “quattrotretre” di dottrina del boemo la dirigenza lo esonerò…
Fuori dalle divagazioni, il Napoli, davanti a un ottimo pubblico per le abitudini di questa stagione (perché quando le squadre in cimento portano sicura vivacità di gioco il pubblico paga il biglietto anche se l’avversario non è di grido), comincia la gara con volontà e buonissime trame, studiate per infilare la difesa alta del Cagliari, e alla mezzora è già avanti di due, marcatori Higuain e Inler con gol tipici dei loro repertori. I sardi, pur affrontando i napoletani con ritmi alti e stazionamento dei mediani a teorica copertura dei difensori, sembrano teneri nei singoli e bloccati dalla paura di scoprirsi per poter mettere pressione e spavento al Napoli. Tuttavia il secondo gol del Napoli non trasforma la contesa in maramaldeggio del ciuccio come molti devono pensare, viceversa ha l’effetto di rilassare l’attenzione dei rappresentanti azzurri (ormai senza mai azzurro indosso) e di invogliare gli shardana pedatori venuti dall’isola a mollare gli ormeggi, sulla considerazione del pomeriggio già quasi compromesso e del più nulla da mal difendere. E gli shardana, a ormeggi sciolti, cominciano a correre e giocare che è un piacere, facendo il gol con il moro Ibarbo a risoluzione di triangolo in babordo spesso applicato nelle manovre di abbordaggio zemaniano. L’equipaggio agli ordini di Sdengo, convinto dagli eventi a fare quello in cui è meglio addestrato, comincia a togliersi dall’incaglio della prima mezzora, a costringere l’avversario a indietreggiare prendendo pure possesso del suo cassero. Il tempo finisce due a uno per il Napoli ma ogni presente che un po’ conosce le cose di pallone (non di marina) è sicuro che non finirà così.
E infatti non finisce così, finisce tre a tre e tutti saprete come, col Napoli prima raggiunto sul due a due su tiro franco mentre è in corso la puntuale dormitina del portiere Rafael e dei suoi più prossimi collaboratori, poi di nuovo in vantaggio per tre a due con gol di capoccia di De Guzman su lungo traversone a cambiar gioco di Maggio, e poi ancora e definitivamente raggiunto con gol del falso nuragico Farias dopo errore del falso gallico Koulibaly, confuso dal pressing degli shardana rossi che lo assaltano, gli rubano l’attrezzo e vanno in porta puliti puliti. In mezzo folate rabbiose del Napoli e folate più eleganti del Cagliari, quasi-gol ogni cinque minuti, pallone come dentro una risacca di onde che lo portano improvvisamente da una parte a quella contraria. In ultima mossa Rafelone mette il difensore Britos per lo spompato De Guzman e Ghoulam a fare la punta esterna, ma a parer nostro il pesante Zapata, nella cagnara di cross, poteva risultare più utile. Comunque è pareggio, buono per il Cagliari, molto meno per il Napoli, e i due allenatori non nascondono gli umori in sala stampa. Il boemo conclude la sua satira dicendo più o meno testualmente: “Mi sto divertendo con i giovani perché non tutti possono vincere, e io fra questi…”. Mitico boemo, tu per me vinci sempre.