
Premessa necessaria: a causa (o a merito, dipende dai punti di vista) di impegni personali del redattore di questa rubrica pallonara, la puntata presente verterà soprattutto sul pallone napoletano. L’Avellino infatti, quando i nostri pazienti amici leggeranno questo articolo, avrà giocato la sua partita sul campo della Ternana in giorno e orario in cui il redattore avrà avuto pochissimo tempo per seguirne gli sviluppi e scriverne qualcosa. Partite al lunedì sera, ovvero come allungare il brodo a tutti i costi. Fatto sta che i biancoverdi fanno buone cose notturne a Terni e migliori speranze danno ai loro tanti fedeli che, guardando la domenica mattina la classifica prodotta dai risultati del sabato pomeriggio, si son tutti accorti della possibilità di andare primi di lunedì sera con un’altra vittoria corsara…La vittoria non è arrivata, ma il pareggio per due a due, rimontando due volte, è ottimo risultato e ulteriore energia positiva per continuare l’avventura senza cedimenti alle tristezze. I gol dei lupi li segna entrambi Gigione Castaldo, e la circostanza non è una novità. Uno bellissimo, e neanche questa è novità, sforbiciando in rete un passaggio aereo di Bittante. Il secondo su rigore. Mastro Rastelli usa il modulo tattico solito che stavolta dà buoni frutti anche in svantaggio esterno di risultato. La squadra, tattica a parte, è giovane e gagliarda, per questo piace sempre di più ai tifosi.
Sul versante napoletano, finalmente la squadra azzurra espugna il campo amico del San Paolo e vince la prima in casa di questo particolare campionato di A in cui il terzo arrivato alla fine, salvo accadimenti poco probabili, potrà ben dire di aver vinto il campionato delle altre diciotto. Nella domenica dello scontro fra le due a se stanti, dei veleni e delle (solite) isterie da “Juve-Roma”, manifesto della malacreanza dei più ricconi del nostro circo pedatorio, delle solite fraudolente furberie tecniche e pure dei soliti abboccamenti arbitrali, nella domenica del meglio e del peggio insieme del nostro primo torneo calcistico nazionale, il Napoli di Rafelone Benitèz batte il Toro in ottima forma e fa la terza vittoria consecutiva fra campionato e coppa. Certo, la vittoria in coppa europea sullo Slovan di Bratislava non può annoverarsi fra le imprese internazionali della compagine partenopea, ma comunque è stata una vittoria, ottenuta fuori casa e con certa dimostrazione di superiorità. Per questo la conferma contro il Torino assumeva un’importanza forse fondamentale per coltivare le ambizioni, per acquisire nuova fiducia in sé e per infonderla nei tifosi. Il Napoli ci è riuscito, seppur con difficoltà, ma fare una vittoria facile contro il Torino attuale poteva essere solo un pensiero ingenuo di chi pensa al Napoli con troppo amore o con scarsa competenza. E poi dalle crisi di risultati si esce per gradi, così come da quelle di gioco, così come da quelle di gioco e di risultati. Il Napoli era in crisi, a parer nostro più di risultati che di gioco, e adesso non lo è più. Certo, il modulo tattico imposto dallo “spagnolo di Liverpool” può essere discusso sotto molti punti di vista, a cominciare dalla scarsa presenza di centrocampisti e di mediani; però a Napoli, e diffusamente, si diceva che per diventare davvero grandi bisognava aprirsi al gioco d’attacco spregiudicato e abbandonare il contropiede pure ben fatto dall’amministrazione Mazzarri e prima ancora di Reja. Ebbene, tutto si potrà dire ma il gioco di Rafelone sicuramente porta ad avere tante occasioni in ogni partita, pure in quelle non giocate bene, se poi gli attaccanti ne sbagliano un po’ troppe non si può imputare la mancanza all’allenatore. La difesa spesso balla, come giustamente fanno notare i critici più equilibrati, anche perché il centrocampo si trova in inferiorità numerica dentro alle “densità” tipiche di quelle squadre (in continuo aumento) che seguono la regola di sopravvivenza dei tre terzini d’area, dei due terzini di fascia e dei tre centrocampisti (ma terzini pure loro) di rottura. Ma il Napoli non ha bisogno di sopravvivere, vuol giocare e divertirsi, e se (ri)troverà giusta baldanza di spirito e giuste distanze fra i reparti riuscirà a divertirsi e a divertire ancora. Già la vittoria di domenica sera, fosse solo perché in rimonta, è un ottimo fatto per riprendere anima e coraggio.
La partita è stata di buon livello tecnico ed emozionale, col Toro in vantaggio al quarto d’ora su grande giocata dell’ex Fabio Quagliarella, uno stop di petto con mezza girata al volo e in torsione, abilità che rientra nel bagaglio culturale del centravanti di Castellammare. Quello che invece non deve rientrare nel citato bagaglio è l’educazione al rispetto sportivo di Quagliarella, altro praticante l’ipocrita e ridicola consuetudine della non esultanza al gol dell’ex, epperò non disdegnante di crollare a terra come colto da malore al contatto leggero con difensore avversario pur di sgraffignare un rigore. Caro Fabio, attaccante dai sorprendenti colpi balistici e unico eroe della disfatta sudafricana del secondo Lippi ct, ti chiediamo: è più “rispetto degli ex tifosi” far finta di aver passato un guaio dopo avergli sfilato la pappina o non far finta di svenire dal dolore per una mano sulla spalla del collega marcatore?…Qualsivoglia si consideri la rettitudine dell’uomo di sport (ma noi in materia non siamo relativisti), il Napoli punto nell’orgoglio reagisce di veemenza e comincia a chiudere i granata (solo di pantaloncino) nella propria area di rigore davanti al tappetto con le molle Jean Francois Gillet, bravo guardiaporta dal passato chiacchierato. Che poi il pareggio arrivi al minuto 65 è solo attesa di evento che prima o poi deve succedere. Segna Lorenzino Insigne, di testa in mezzo ai giganti, dopo averne sbagliato uno nel primo tempo e per questo doversi prendere i fischi frettolosi dello stadio. Lo stadio nota il gol mangiato ma non è attento alla prestazione dell’ala indigena e alla sua evidente smania di far cose buone. Al punto che Lorenzino negli spogliatoi deve pensare di giocare il secondo tempo memore degli insegnamenti zemaniani, senza freni e correndo a mansalva, almeno se fischi devono essere che siano costretti a fischiare sempre. E così fischiando Lorenzino, dopo aver fatto il pareggio, consente a Callejon di fare il sorpasso. Non prima che Miguel Pérez Cuesta, chissa perché detto Michu, prenda la traversa con capocciata potente e che altri azzurri facciano imprecare il pubblico presente in buon numero per la sciatteria di alcune favorevolissime conclusioni. Proprio Michu è la novità di giornata presentata da Rafelone, che lo sostituisce con Mertens nel momento topico della serata mostrando che la prova del connazionale non sta poi andandogli tanto a genio. Su Mertens anche noi come tanti abbiamo un’ottima opinione e vorremmo vederlo in campo di più, così come non ci dispiacerebbe vedere scavallare sulla destra il brasiliano Henrique. Nel finale di tenzone il generale torinista Ventura, che dopo l’esperienza nel primissimo Napoli di De Laurentiis ha dovuto combattere tanto e bene per togliersi la s piazzatagli davanti al cognome dal fervido popolo del San Paolo, mette dentro la terza punta e ordina la gran confusione nella retroguardia napoletana; prima della resa ospite probabilmente ci starebbe un rigore per un braccio troppo sciolto di Zuniga a protezione di Rafael, ma l’arbitro non se la sente di far ripiombare il Napoli nelle paure. Il Napoli ringrazia, ma gli altri si incazzano di brutto. Il marocchino per scelta e musulmano El Kaddouri, in prestito al Toro proprio dal Napoli, invoca molto napoletan/cattolicamente l’anima dei migliori dell’arbitro e viene espulso a fine già sentenziata. Non contento continua e non sappiamo chi dio l’abbia fermato…