
Nuovo appuntamento del giovedì con la rubrica delle “Interviste di Nick“. La scorsa settimana abbiamo approfondito la conoscenza della band Rapcore dei d Drop. Anche quest’oggi proponiamo una nuova formazione: il gruppo alternativo rock degli Zagreb.
Si tratta a dire il vero di un’energica band le cui origini risalgono al 2014 e che non ama sentirsi vincolata da etichette di genere. La formazione vede come membri Ermanno De Luchi (basso/cori), Alessandro Meneghello (chitarra/synth), Stefano Bonaldo (batteria) e Alessandro Novello (voce/chitarra). Nel 2015 iniziano la loro produzione discografica con l’album “Fantasmi Ubriachi” e dopo anni di concerti, contest e tour di successo, hanno pubblicato il loro secondo disco, “Palude“, proprio nel 2018.
Una bella storia da raccontare e tanta voglia di mettersi alla prova e farsi conoscere. Diamo quindi il via all’intervista con le nostre classiche 10 domande:
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1) Come prima domanda, vorrei chiedervi qualcosa sul vostro background artistico: Come avete iniziato a suonare e siete diventati la formazione che siete oggi?
Zagreb: La band è discretamente giovane anche se i componenti lo sono un po’ meno, soprattutto in quanto ad esperienze pregresse che ci vedono calcare palchi più o meno importanti da almeno 20 anni. L’idea venne, nel 2014, ad Alessandro, il cantante, che aveva alle spalle un esperienza di cantautorato e voleva tornare a sentire il brivido della composizione in band spingendo su suoni ruvidi. Ha subito trovato in Ermanno (basso) il primo componente e poi progressivamente siamo arrivati io e Stefano (batteria). Trovare il batterista è stata l’impresa più dura ma siamo veramente convinti di aver scelto la persona giusta anche se è un po “zuccone”….. I generi da cui proveniamo non sono uniformi ma tutti si rifanno all’alveo del rock di matrice moderna. Si va dal punk al garage, dall’ indie all’ alternative finanche al rock blues più roots. Gli ascolti sono ancora più eterogenei perché oltre a quanto già citato aggiungiamo le nuove derive contemporanee dense di suoni elettronici e tutto quello che di nuovo viene proposto nel panorama mondiale. Se dobbiamo comunque fare dei nomi che mettano noi quattro d’accordo abbiamo Foo Fighters, Placebo, Biffy Clyro, Afterhours, Editors, etc…
2) Da dove viene il nome Zagreb?
Zagreb: Viene da un viaggio fatto dal nostro cantante proprio a Zagabria. Ne fu colpito e in particolare fu colpito da alcune immagini della periferia in cui scorrazzavano dei cani. Rientrato a casa ci propose un nome “I cani di Zagreb”. Decidemmo di mantenere solo “Zagreb” (il nome di Zagabria in Croato). Ha un bel suono e mantiene l’idea originaria di Alessandro.
3) Come descrivereste voi e la vostra musica?
Zagreb: Zagreb e la sua musica sono un personaggio di fantasia, uno zingaro sfatto, un fantasma ubriaco, il cane bastardo affamato, un grido al centro dell’inferno, un insetto infetto, la città che muore. Zagreb è un proiettile in testa, una fantasia, un dissidio ermetico, un vestito di pelle aderente, il tempo rubato, una mina nascosta da tempo, carne bianca consumata al sole…
4) Quanto pensate che sia importante avere una forte identità musicale e come commentereste la vostra?
Zagreb: Non amiamo essere incasellati in un genere e non ci piace molto che questo venga fatto da altri per due motivi principali. Il primo è che questo limita la potenziale deriva creativa (“ma gli Zagreb non facevano quel genere la…. Perché adesso fanno quell’altro genere li?”), il secondo perché oramai i generi hanno allentato i confini, la sperimentazione e la contaminazione ha disgregato le definizioni e comunque sono troppo spesso opinabili. Per qualcuno siamo alternative, per altri siamo rock-pop mainstream, per altri addirittura siamo heavy per i suoni che usiamo. Veniamo dalla profonda nebbiosa provincia del Nord-Est che spesso ci può dare ispirazioni che ci permettono di stare alla larga da quello che va di moda.
5) Parliamo di “Palude”, il vostro ultimo album. Cosa potete dirci su questo disco?
Zagreb: La scelta del titolo del disco viene da un grido di denuncia. Non è stata una scelta condivisa da subito all’interno della band ma è stata frutto di una meditata mediazione. Nata come idea un po’ provocatoria, soprattutto per il significato del termine e per la stranezza di utilizzarlo come titolo di un disco, è stata poi fatta nostra attraverso la condivisione del significato. Con Palude vogliamo denunciare lo stato stagnante della musica italiana, soprattutto dell’underground e di buona parte di piccole persone che si fanno forti di una piccola posizione di finto potere solo perché gestiscono un festival come tanti, un locale trascurabile o hanno una annaspante agenzia di booking. Per noi Palude ha un significato in più. Ci ha permesso di avvicinarci all’idea di suono che avevamo coltivato già con il primo disco, ci ha fatto arrivare in territori per noi nuovi e ci ha fatto crescere molto. Senza contare che ci piace molto come disco ?
6) Credete che la vostra musica sia cambiata o si sia evoluta nel passaggio tra il vostro primo album “Fantasmi Ubriachi” e il secondo “Palude”?
Zagreb:“Fantasmi Ubriachi” ci ha permesso di fissare un percorso importante su cui dirigere i nostri passi. La scelta della produzione di Manuele Fusaroli ci ha fatto molto bene perché ci ha aiutato a raggiungere quello che ricercavamo in quel momento. Ci siamo tolti di dosso dei panni per indossarne di altri, sia nella composizione melodica che lirica. Da quella prima traccia è nato poi anche “Palude” in cui siamo andati ancora più a fondo alla ricerca di quell’obbiettivo creativo che avevamo dentro.
7) Qual è il brano che pensate vi rappresenti di più?
Zagreb: Quello che dobbiamo ancora scrivere. E’ una citazione ma rispecchia veramente quello che pensiamo. Di certo ognuno di noi ha un brano preferito, chi per la melodia, chi per il giro di batteria, altri ancora per le emozioni che sono associate ma tutti abbiamo voglia di farne ancora e farne meglio quindi è naturale pensare che sarà sempre il brano che dobbiamo ancora scrivere quello che ci rappresenterà di più. Anche perché siamo una band in continua crescita e mutamento.
8) Cosa provate quando fate musica?
Zagreb: Noi viviamo per la dimensione live. Amiamo scrivere i nostri brani, lavorare sulle nostre idee e confrontarci con chi ci può dare preziosi consigli su come rendere al meglio i nostri pezzi ma bramiamo ardentemente il palco, il viso delle persone che a volte guardano svogliate, il sudore e a volte anche la fatica che spendiamo. Il live è il modo migliore per entrare nei nostri brani perché siamo attori di noi stessi e li recitiamo ogni volta, esprimendo le nostre emozioni e anche prendendoci un po’ in giro. Per noi un disco senza live è un mero esercizio di stile. Tanto per dare un’idea di questo, all’inizio della vita della band abbiamo inanellato più di 30 live senza aver neanche registrato un disco….
9) C’è qualche artista con cui vi piacerebbe o vorreste avere l’onore di collaborare?
Zagreb: Beh… Ovviamente le band che ascoltiamo. La lista potrebbe essere lunga variegata e anche molto fantasiosa…
10) Cosa potete dirmi sui vostri progetti futuri? E che vette vorreste raggiungere?
Zagreb: Il futuro ci vedrà, innanzi tutto, suonare. “L’inverno addosso tour” è appena cominciato e ci sta portando a spasso per l’Italia. Dopo una bellissima estate, l’inverno sta maturando qualche spazio per noi, in particolare stiamo puntando molto su locali al di fuori dai nostri soliti “giri”. I live impegneranno comunque la maggior parte del nostro tempo ma stiamo già ragionando sul prossimo disco, sulle sonorità da affrontare e sul mood complessivo. Ci piacerebbe riscoprire suoni distorti e potenti senza dimenticare le esperienze di “Fantasmi Ubriachi” e di “Palude”. Le aspettative? Non ne abbiamo, speriamo di suonare ancora e per molto tempo. La band sta maturando sempre di più e con sempre più voglia di fare.
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Per concludere, il video del loro ultimo singolo, estratto dall’album Palude: “Berlino”.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=gutJP4Htxm0&w=560&h=315]