
Riparte Sala Ichòs con una nuova stagione teatrale, composta da spettacoli di compagnie provenienti da tutta Italia, una residenza teatrale e due incursioni musicali. Dopo il successo di pubblico dell’anteprima campana del “Cantico dei cantici” di Fortebraccio Teatro, diretto e interpretato da Roberto Latini, lo spazio di San Giovanni a Teduccio inaugura il suo nuovo anno di programmazione sabato 28 ottobre con una festa ed il concerto “Solo Project” di Sally Cangiano. Un momento di condivisione e di conoscenza aperto alla stampa e al pubblico che rappresenta appieno lo spirito della compagnia Ichòs Teatro.
Oltre agli spettacoli in calendario da novembre ad aprile, la rassegna MusIchòs ritorna a maggio per il secondo anno consecutivo.
Per i dettagli e le scelte della stagione 2017/2018 di Sala Ichòs, lasciamo la parola a Salvatore Mattiello, che cura la direzione artistica:
«Eccoci di nuovo e ancora qui.
Come ogni anno in piedi in equilibrio sulla linea del precipizio.
Fermarsi? Continuare? Andare giù?
Ogni volta, ogni anno tutte e tre le eventualità sono all’ordine del giorno.
Tutti e tre i possibili esiti non ci dispiacciono e non ci angosciano.
La tristezza vera sarebbe continuare essendo fermi dentro e nella testa.
La tristezza vera sarebbe sentirsi la morte dentro e continuare a ignorarla.
La tristezza vera sarebbe che i resti di noi continuassero a dire cose.
Morire è un dovere! Direbbe la nostra Antigone semmai dovessimo riuscire a rappresentarla.
Non tutto il Teatro che si pensa vede la scena e tuttavia non si può smettere di pensarlo.
Così un uomo non può smettere di pensare se gli si rinfacci che nella realtà di tutti i giorni dimostra di non essere all’altezza dei suoi pensieri.
Pena: lui smette di pensare e l’umanità di crescere.
Inoltre il dato di realtà che di per sé potrebbe scoraggiare deve soccombere di fronte alla capacità di immaginazione!
Bisogna immaginarsi forti consapevoli determinati per compiere nella realtà il gesto di esserlo.
In questo senso l’immaginazione è il massimo della realtà possibile.
Per questo il realismo esasperato il sangue le pistole i bambini i figli e i cani veri in carne e ossa messi sulla scena non giovano al Teatro e nemmeno alla Realtà che tenta di raccontare.
Perché la fa sembrare l’unica possibile.
Così forte da occupare persino la scena del Teatro.
Così estrema da affascinarci con il carico di Tragico che si trascina dietro.
Il Programma:
Sabato 4 e domenica 5 novembre 2017
Ichos Zoe Teatro
“La sposa sola”
testo e regia di Salvatore Mattiello
con Teresa Addeo, Giorgia Dell’Aversano, Giuseppe Giannelli, Pietro Juliano, Rossella Sabatini
musiche dal vivo Gino Protano
scene Peppe Zinno e Ciro Di Matteo
luci Ciro Di Matteo e Salvatore Mattiello
costumi Patrizia Lombardi
Tra i Tanti a cui ci si riferisce nel sottotitolo va rimarcato Corrado Alvaro della cui Medea ho adattato veri e propri segmenti di scrittura.
Dalla scrittura alla messa in scena la preoccupazione più grande e stata quella di salvaguardare al contempo la forza la potenza la dignità di Filomena e quella di Medea, legittimandole reciprocamente una di fronte all’altra e legittimandole entrambe di fronte a quelli che sarebbero stati poi i nostri interlocutori, avendo cura di non trascurare mai di rimarcare che la Rinuncia la natura le azioni e le lacrime che finalmente sgorgano dagli occhi di Filomena sono profondamente umane e che la sua vicenda e i Conflitti che in essa si determinano sono tutti inscritti dentro una dimensione privata domestica familiare. Mentre in Medea tutte queste cose sono di una natura diversa e guardano un po’ oltre e oltre e fuori portano le ragioni del Conflitto che si fa storico politico sociale. L’unità di tempo della Filumena di Eduardo è quella di una vita umana e qui sta tutta la sua forza! Quella di Medea è una unità senza tempo! (Salvatore Mattiello)
venerdì 10, sabato 11 e domenica 12 novembre 2017
Magnifico Visbaal
“Fuje Filumena”
testo e regia Peppe Fonzo
con Luigi Credendino
Un lavoro ispirato a un personaggio immenso dell’opera Eduardiana: Filumena Maturano.
Uno spettacolo che dissacra quest’icona, toglie, nega, sottrae, mettendo in scena una vita parallela, altra e (im)possibile di una Filumena declassata di grado e di spessore, trasformata in un alter ego nero senza scrupoli, senza obiettivi, senza meta. Una riscrittura al “maschile” che apre scenari inediti sul un mondo già ampiamente frequentato da grandi autori, ma in riferimento al genio di Eduardo ricontestualizza in maniera inevitabilmente tragica e comica allo stesso tempo – come sempre fa la napoletanità dei travestiti – una storia di dolore e di sberleffo, di amore e risentimento, di patimenti e vendette. Nasce “una” Medea senza coscienza, un’anima in pena, una persona umiliata che si è lasciata andare, seduta su una sedia guarda il pubblico come dal quadrato di un ring, è un combattimento, un interrogatorio, un circo, lei in mezzo è l’attrazione. Il testo gioca sul filo del rasoio spostando il baricentro e mettendo in evidenza la distanza tra due “signorine” di epoche diverse: quella di oggi che vive in un contemporaneo di “munnezza”, alienazione, rassegnazione, ignoranza, angoscia; e quella della favola borghese Eduardiana, un archetipo che pare ormai lontano.
venerdì 17, sabato 18 e domenica 19 novembre 2017
Meridiano Zero in
Trilogia shakespeariana
venerdì 17 novembre
“Adda passa’ a nuttata”
di e con Marco Sanna e Francesca Ventriglia
Luci e Suoni Massimo Casada
“Adda passa’ a nuttata” è il primo passo di una trilogia shakespeariana trash. Che ha portato la compagnia ad affrontare tre grandi tragedie: Macbeth, Amleto e Otello. Si tratta di un lavoro in bassa fedeltà, per fronteggiare la crisi. Alla base c’è una coppia, una particella familiare infeconda e infetta, un nucleo respingente che non contempla l’esistenza del mondo al di fuori delle proprie quattro mura di casa, che distrugge tutto ciò che osa interporsi fra loro e la ricerca della pace, della tranquillità. Due anziani coniugi chiusi in un luogo di detenzione, che non verrà mai svelato. Sappiamo che hanno commesso delle azioni atroci, delitti feroci, che hanno dimenticato e di cui ricordano solo brevi particolari nella loro memoria a sprazzi. Sono due tenere figure, nonostante i segni delle atrocità commesse, due amabili vecchietti che si tengono per mano dopo aver commesso una strage. Lo spettacolo gioca continuamente fra alto e basso, fra immaginario splatter e poesia. L’antidoto scenico utilizzato contro la falsa cultura è la stupidità, appropriarsi del sacro santo diritto di essere stupidi infinitamente stupidi, calpestare i pregiudizi, il cattolico decoro, il falso rispetto verso il dolore degli altri, liberarsi insomma lasciarsi andare allo sproloquio, al dileggio.
sabato 18 novembre
“Search and destroy”
di e con Marco Sanna
strano tipo e luciaio: Massimo Casada
Un altro Amleto, uno di meno direbbe Carmelo Bene, quasi esistesse un numero finito di possibilità d’interpretazione, ed ogni nuova messa in scena ne sottraesse per sempre una. Si arriverà dunque un giorno alla fine, al punto in cui il principe non rivivrà più, o meglio sarà stanco di essere incarnato, distorto, esaltato, smembrato. Amleto è l’attore, è il teatro. Immaginiamo che non abbia più voglia di recitarsi, immaginiamo che dimentichi il suo ruolo, tutto finirebbe.
“Search and destroy” inizia dalla fine, dando per scontati gli avvenimenti: che tanto sono sulla bocca di tutti; la storia: che di per sé è poco più che una chiacchiera; i personaggi: che verranno solo storpiati; Amleto è costretto ad andare avanti, a ricostruire la propria storia senza riuscirci. Altre sarebbero le attività a cui vorrebbe dedicarsi e non questa, il teatro, ormai divenuta inutile. Vorrebbe scappare o semplicemente starsene a casa, ma è costretto a ripetersi, è chiamato su palco ancora una volta, dal direttore di scena nei panni di uno spettro.
domenica 19 novembre
“This is not what it is”
di e con Marco Sanna e Francesca Ventriglia
Quello che vedrete è ciò che succede quando si tenta di fare reagire Shakespeare con i dialetti, con il karaoke, con la stampa scandalistica, con le barzellette sporche, con le parolacce, con le squallide battute, con la volgarità di ogni giorno, con i soldi, con il gratta e vinci, con la tivù, con le merendine e con i villaggi turistici, con Maria Nazionale e con i selfie, con gli strass e le paillettes, con i cocktail colorati, con i balli di gruppo, con la tristezza della volgarità, con la volgare tristezza. Questo è un omaggio alla spazzatura di ogni giorno, alla bassa fedeltà, alla confusione nella quale viviamo, al tradimento di ogni tradizione tradita e subita, al tradimento di ogni umana speranza, alla stupidità di ogni gesto ogni parola ogni movimento a cui non saremo mai abituati. Siamo quello che siamo. Se facciamo male le cose, le facciamo però a modo nostro. Quelli che le fanno bene le fanno tutti allo stesso modo.
venerdì 22 dicembre 2017
Ebbanesis in concerto
“SerenVivity”
con Serena Pisa (voce e chitarra) e Viviana Cangiano (voce)
Il duo Ebbanesis, composto da Serena Pisa (voce e chitarra) e Viviana Cangiano (voce), presenta il concerto “SerenVivity”. Verranno interpretati brani appartenenti a varie tradizioni musicali: villanelle, popolari, classiche del periodo d’oro, swing, macchiette e cafè chantant! Due voci che cantano fungendo l’una da strumento dell’altra, in totale armonia.
sabato 13 gennaio 2018
RodaViva in concerto
con Licia Lapenna (voce), Manuel Carotenuto (sax), Armando Colucci (piano e tastiere), Aldo Capasso (basso), Marco Gagliano (batteria)
RodaViva è un progetto musicale dedicato alla MPB (musica popular brasileira) che si sviluppò tra gli anni 60 e 70 grazie ad artisti che fondarono i ritmi e i colori tipici del folklore brasiliano con il jazz , il blues e il rock.
Un omaggio ad artisti come Milton Nascimiento, Flora Purim, Airto Moreira, Gilberto Gil, Chico Buarque, Elis Regina, João Bosco, Hermeto Pascoal, Djavan e altri.
venerdì 19, sabato 20 e domenica 21 gennaio 2018
La Confraternita del Chianti
“Esodo – pentateuco #2”
da “ESODO” di Diego Runko
testo di Diego Runko, Chiara Boscaro, Marco Di Stefano
drammaturgia di Chiara Boscaro
con Diego Runko
regia Marco Di Stefano
musiche Lorenzo Brufatto – eseguite e registrate da Ensemble da camera Il canto sospeso
assistente alla regia Cristina Campochiaro
“Pentateuco” è un progetto con 5 monologhi, 5 attori, 5 partner internazionali (più 1 italiano) e 5 storie di migrazione che prendono spunto dai primi 5 libri della Bibbia. “ESODO pentateuco #2” è il secondo capitolo, e il suo protagonista è Rudi. Rudi non è mai emigrato, ma tanti ne ha visti partire, sul Toscana, il piroscafo che portava gli esuli in Italia. Rudi è un istriano di Pola, come il bambino di dieci anni cui decide di raccontare la sua storia. Una storia rocambolesca fatta di bombe, di zanzare, di barche e di Alida Valli.
venerdì 3 e sabato 4 febbraio 2018
gruppo nomade Ortika
“STRATR★IA”
ideazione e regia Alice Conti
testo Chiara Zingariello
in scena Alice Conti
disegno luci, scena e video Alice Colla
costumi Eleonora Duse
La piccola comunità di Troiaio viene sconvolta dalla scomparsa della ragazza S. o almeno questo e ciò che insistono ad affermare i suoi stimati concittadini dal pulpito di un pubblico spettacolo o di un pubblico processo. Una serie di personaggi maschili sfila, testimonia e la ricorda, la racconta. Come un prisma l’immagine di S. e pero sempre diversa, sempre quella che chi parla vuole rimandare. E parla più di loro che di lei. La natura di S. appare ad ogni testimonianza più pericolosa e inafferrabile.
Indagine su corpo femminile e potere. O sul corpo femminile e il suo potere. Qui si racconta di un corpo femminile che e sempre stato definito dall’esterno. Modellato, vestito, svestito, penetrato e lacerato fino a non essere più corpo: un simbolo incarnato di un’identità. Si apre un processo per la scomparsa di questo Corpo e un circo di testimoni maschili – un generale, un macellaio, uno spettatore – prende la parola, rivelando uno scorcio sulla società stessa che si mette a nudo, e parla di violenza, di pornografia, di vergogna, di liberazione, di misoginia. Ma il corpo – cavallo di Troia – non si trova più.
venerdì 9, sabato 10, domenica 11 febbraio 2018
Garbuggino/Ventriglia
“Otello alzati e cammina”
di e con Gaetano Ventriglia
Quando un ideale vacilla è già crollato.
A me interessa la tragicomica di Otello. Iago non è interessante, lui fa il lavoro che fa il mondo. Iago, con Amleto, avrebbe fatto una brutta fine.
Il mio Iago dice: io sono l’azzeratore, io posso cambiare nome alle cose, ma allora tutto ricomincia da capo, tutto ricomincia da zero. Dimmi la tabellina dello zero. Zero per zero uguale zero. Bravo! Esatto. Hai visto? Inizio della storia, fine della storia.
E io penso, senza dirlo: grazie al cazzo.
Una tempesta, un’isola.
Una tempesta porta Otello a Cipro per combattere i turchi. Ma i turchi sono tutti affogati prima ancora di arrivare. A Otello, adesso, tocca vivere. Mannaggia. Come fare? Se c’è una possibilità, la buttiamo via. Peccato.
O forse…
venerdì 16, sabato 17 e domenica 18 febbraio 2018
Garbuggino/Ventriglia
“In terra in cielo”
di e con Silvia Garbuggino e Gaetano Ventriglia
musiche di Gabrio Baldacci
Guardiamo al don Chisciotte attraverso uno sguardo donchisciottesco, in un rapporto reciprocamente immaginifico con la chitarra baritono Danelectro di Gabrio Baldacci.
Portiamo in scena la relazione tra l’essere umano nell’estrema nudità esistenziale e l’archetipo del don Chisciotte. Un don Chisciotte che parla parole di Paul Eluard, che esiste idealmente nello stupore e che attraversa e ci chiede un attraversamento lucido della notte del mondo e dell’uomo. Fino all’alba: la resurrezione dello sguardo aperto su un mondo anch’esso risorto, che risorge ogni giorno, sulla bellezza del creato non più straziante ma colma di tenerezza.
E mentre Sancho Panza vede pecore e montoni laddove il suo signore vede cavalieri e principi, un cavallo viaggia nello spazio-tempo di un universo trasparente: un ronzino di nome Ronzinante.
sabato 24 e domenica 25 febbraio 2018
Teatro Akropolis
“Morte di Zarathustra”
drammaturgia e regia di Clemente Tafuri e David Beronio
con Luca Donatiello, Francesca Melis, Alessandro Romi, Felice Siciliano
Morte di Zarathustra è parte di un percorso di ricerca sulla nascita della tragedia, ispirato a Nietzsche e alle sue scoperte sul coro ditirambico, cioè quella straordinaria esperienza che è all’origine della tragedia classica e di cui si hanno pochissime tracce. Ma è proprio partendo da questa esperienza originaria, così remota e misteriosa, che è possibile immaginare un senso diverso per il corpo e la sua presenza. Il mito si presenta così nella sua natura più essenziale, sorge dall’azione stessa, balena come una piccola storia che subito svanisce, prima ancora di rendersi riconoscibile, prima ancora che chi assiste possa assimilarla a ciò che conosce. L’immagine che così si definisce è offerta al pubblico come qualcosa che esso avverte come intimamente propria, come una visione. Le figure che si avvicendano in Morte di Zarathustra sono familiari ed estranee al tempo stesso, dall’aspetto proteiforme. Non fanno appello alla memoria personale del pubblico ma alla sua memoria mitica, al fondo condiviso della coscienza di ognuno. E la sentenza di Nietzsche è ciò che rimane di questo oscuro sogno, non un pensiero ma, ancora una volta, un’immagine del mondo.
Marzo 2018 – residenza teatrale di Giulia Lombezzi
venerdì 2, sabato 3 e domenica 4 marzo 2018
Compagnia Asilo dei lunatici
“Un capitano. 200’000 chili sulle spalle”
autori Amr Abuorezk e Giulia Lombezzi
regia Eleonora Gusmano
con Ivano Russo
musiche Alessandro Romano
Nell’estate del 2006, durante i mondiali di calcio, Amr A., 21 anni, decide di tentare la traversata per mare dalla Libia all’Italia. Amr è un pescatore, conosce il mare fin da quando era bambino. In Egitto guadagna assai poco e potrebbe solo pescare per tutta la vita, ma il suo spirito curioso e brillante e la sua voglia di scoprire il mondo lo spingono inesorabilmente a cogliere ogni richiamo all’avventura, a cercare uno strappo nella rete della quotidianità, a tentare di andarsene come i suoi fratelli, per capire cos’altro può diventare fuori dal contesto abituale.
Il viaggio inizia. Immediatamente Amr si rende conto che gli scafisti non sono adeguati a guidare la barca. Gli incidenti si sommano, la tensione cresce e il tempo scorre via senza pietà.
Amr capisce che deve fare una scelta: non farsi avanti e lasciarsi andare come gli altri nelle mani di tre incapaci, o mettersi lui stesso alla guida della barca. Lui, che è sempre stato quello che gli ordini li prendeva. Lui, che è sempre stato molto portato per il mare. Lui, che è sempre stato secondo e mai capitano.
Così respira, e sceglie di prendersi la responsabilità di 144 uomini, che da massa di sconosciuti diventano la sua ciurma.
Ma non sa che questa scelta se la porterà addosso ben oltre il mare, fino all’arrivo sulla terraferma, dove un’improbabile coincidenza calcistica lo porterà a dover scegliere ancora una volta tra l’attesa e l’azione.
venerdì 9, sabato 10 e domenica 11 marzo 2018
Compagnia Focus 2
“La durata dell’inverno”
regia e drammaturgia Giulia Lombezzi
con Eleonora Gusmano e Ania Rizzi Bogdan
scene Francesco Prudente
Un inverno particolarmente freddo, di quelli che non finiscono mai. Una non precisata città del nord Italia. Un quartiere di periferia pieno di piccoli negozi con luci al neon, popolato di nebbia ed eccentrici vecchi signori.
Una stanza crivellata di spifferi, una stufa elettrica che non scalda abbastanza. Due donne, Tea e Anda, che si trovano a conviverci loro malgrado, lavorando al piano di sopra come prostitute. Il freddo sale dal pavimento, si mangia le ossa, rinchiude il cervello. La pelle è sempre più intrisa dei desideri e degli odori degli altri, di quei clienti il cui tragicomico universo si imprime suo malgrado sui corpi e sull’anima delle due donne.
La distanza fra Anda e Tea pare immensa, ma la camera è troppo piccola per tenere separati a lungo i loro mondi, fatti di fantasmi, speranze e superstizioni.
L’inverno si rivela troppo lungo per essere affrontato da sole. Ci siamo chieste, scrivendo questa storia, come si forma quell’istante tra gli esseri umani in cui l’indifferenza reciproca si tramuta in empatia.
Alcune prostitute descrivono il loro lavoro come una “camera di compensazione” dove chiudono la testa per il tempo della prestazione, per essere fuori da sé. NoI abbiamo cercato di raccontare cosa succede dentro e fuori da questa camera di compensazione.
venerdì 16, sabato 17 e domenica 18 marzo 2018
“L’uomo palloncino”
regia e drammaturgia Giulia Lombezzi
con Francesco Aricò
L’uomo palloncino nasce da un periodo di accurata osservazione sul campo dell’animazione turistica per bambini.
È un concentrato di tutti i geniali paradossi che popolano l’universo del Miniclub, un sorridente inferno alla Full Metal Jacket dove la voce del protagonista/narratore Emile è come una disperata, tragicomica lettera dal fronte.
Il Capoanimatore figura come un felpato sergente Hartman che non ha nemmeno bisogno di alzare la voce per mettere in atto la propria tirannia.
I bambini, suddivisi in livelli da videogame, sono il training spietato che ogni animatore deve saper sostenere, mantenendo l’ordine senza mai perdere la gentilezza, curando la disciplina senza mai perdere la gioia, rimproverando senza mai scordare la piaggeria, entusiasmando senza mai mostrare la stanchezza, dando il cinque, sempre.
Gli altri animatori sono i camerati che danno inizio a una serie di episodi di distaccato, quasi inconsapevole bullismo nei confronti di Emile, il quale fin dall’inizio della storia è preda di una serie di disagi psicosomatici e psicologici che culmineranno in un liberatorio e inatteso autogol.
L’uomo palloncino è un breve studio sulla crudeltà degli adulti, sul sadismo dei bambini e sugli effetti della babydance sulla psiche umana.
venerdì 23, sabato 24 e domenica 25 marzo 2018
“Ora di pranzo”
di Giulia Lombezzi
Una famiglia di quattro persone si riunisce come ogni giorno all’ora di pranzo.
Come ogni giorno la comunicazione fra di loro manca ed è rimpiazzata dal telefono, dal cellulare, dai social network che interrompono qualunque possibile sorgere di una conversazione. Come ogni giorno il pranzo si conclude, con nuovi dolori e nuove verità, in un circolo vizioso di esistenze cristallizzate nell’incapacità di capirsi, di ascoltarsi e di amarsi.
APRILE ICHÒS
Ichos Zoe Teatro
“Antigone”
Sala Ichòs
Via Principe di Sannicandro 32/A – San Giovanni a Teduccio (NA)
Fermata metro linea 2: San Giovanni a Teduccio – Barra
Lo spazio è dotato di ampio e gratuito parcheggio
Info e prenotazioni: 335 765 2524 – 335 7675 152 – 081275945 (dal lunedì al sabato dalle 16 alle 20 – domenica dalle 10 alle 17)
Giorni e orari spettacoli: venerdì e sabato ore 21 e domenica ore 19
Mediapartner della stagione 2017/2018 di Sala Ichòs: il giornale web dedicato al teatro “QuartaParete” e il sito d’informazione “Il Mezzogiorno.info”