
Una delle poche certezze che avevamo, il calcio, si sta dissolvendo in un cumulo di macerie, dalle quali si salvano poche cose. La corruzione dei dirigenti, dei giudici sportivi, degli arbitri che speculano su loschi interessi, è il vero “cancro” da sconfiggere, se si vuole bene a questo sport, che ha fatto sognare intere generazioni, dispensando emozioni e passione, allo stato puro.
Il sistema, nel suo complesso, è ormai allo sbaraglio: gli spettatori non hanno più fiducia nella “trasparenza” delle decisioni, gli stadi sono vuoti e a vincere sono sempre le stesse squadre. Del resto, stamane, anche il giudice sportivo Tosel, intercettato da Radio Crc, ha dichiarato che il problema esiste perché “il sistema ha perso la propria credibilità nel momento in cui è diventato uno spettacolo televisivo, vagamente agonistico”.
E’come se tutto d’un tratto, il calcio sia diventato succube dei media, dei format televisivi, degli sponsor, dei contratti da rispettare. E’ come se il calcio, in una certa fase storica, sia stato inquinato da fattori esterni, che lo rendono tutto fuorché un gioco. Ma così facendo non ci si rende conto che il calcio non è questo. Il calcio è divertimento, il calcio è amore perché l’amore, proprio come il calcio, ha un linguaggio universale che si rivolge, indistintamente, a tutte le fasce sociali. Il calcio è un passatempo perché costituisce un momento di evasione dalle ansie della vita quotidiana. Il calcio è meritocrazia perché non sempre premia i più forti ed è questa “aura” di incertezza a renderlo così amato. Ma è nel momento in cui il fascino viene meno e la meritocrazia scompare che questo calcio diviene sempre più “simile ad una vastissima industria e sempre meno ad un gioco”.