[dropcap]A[/dropcap]ncora una volta in piazza. Ancora una volta con cori e striscioni per dire no all’attuale ztl. Indignazione e rabbia hanno accompagnato, ieri sera in piazza Vanvitelli, il corteo funebre inscenato per celebrare la morte del commercio partenopeo. Alle 21 decine di fiaccole si sono accese, gli striscioni si sono aperti, la casse hanno iniziato a rimbombare una marcia funebre. E, anche se erano previste molte più presenze, c’erano commercianti, gli sfollati di Chiaia, studenti, insieme nel “fortino” del sindaco, – così come è stato definito il quartiere – insieme nel ribadire i propri diritti contro un piano mobilità che “ha danneggiato la parte sana ed operosa della città” – come ci ha raccontato una manifestante. [divider]Il corteo è sfilato lungo l’isola pedonale di via Scarlatti, in testa una bara con tanto di corona di fiori con su uno striscione “Al nostro amato sindaco” e croce di legno. L’ingegno e la creatività dei napoletani sono senza ombra di dubbio unici nel rappresentare un disagio profondo e rimasto ancora irrisolto. Chi c’era nella cassa da morto? Tutti, chi con tono arrabbiato, chi indignato, chi rattristato, c’hanno risposto all’unisono: “Tutta Napoli e tutti i napoletani, grazie a De Magistris”.[divider]
“Hai ucciso Napoli”,”Ztl Vergogna”, “Anche chi ti ha votato, ti ha odiato”, i cartelli, gli stiscioni la dicevano lunga sulla rabbia ed il dramma che vivono centinaia di cittadini e negozianti. –
Edwige Nastri, leader di Cittadinanza attiva, ha spiegato le motivazioni della protesta: “Il piano di viabilità va assolutamente cambiato. Le persone non possono restare sequestrate nelle proprie abitazioni. Non esiste nemmeno un piano di trasporto per disincentivare l’utilizzo del mezzo privato”. I protestanti hanno chiesto la modifica del piano traffico, “Che venga fatto con criterio, senza distruggere le attività, le vite di chi per anni si è sacrificato” – ci ha detto un commerciante di Chiaia. Ed al funerale partenopeo si sono fatti sentire anche gli sfollati della Riviera, attendono ancora risposte da quell’ormai lontano 4 marzo.
Paola Di Matteo