
Salvatore Savalli e la sua famiglia. Foto: corriere.it
Tra quelle mura la mia vita e quella dei miei fratelli era un vero inferno. Eravamo sequestrati in casa. Una mattina andai con il mio ragazzo e sua madre dai carabinieri che però mi dissero che non potevo fare la denuncia perché ero minorenne. Andammo in un’altra stazione e lì mi ripeterono la stessa cosa. Quel giorno andammo nell’abitazione del mio fidanzato, mio padre venne per riportarmi a casa e intervenne la polizia. Andammo in questura. Ai poliziotti ho detto tutto quello che mi faceva. La polizia ha poi sentito i miei genitori. Mia madre ha smentito tutto perché forse lui l’aveva minacciata e i poliziotti hanno creduto a lui. L’indomani, il signor Savalli venne verso di me col dito puntato e mi disse ‘quello che ti faccio è per la tua educazione’. Poi mi picchiò
Le ultime parole conferite dalla teste sono state ancora più cruente, riguardo ai diversi episodi in cui la madre è stata mandata in ospedale in seguito alle percosse subite: “il signor Savalli le ha dato un calcio in faccia rompendole il setto nasale. Mia madre raccontò in ospedale di essere caduta dalle scale perché lui la minacciava di non parlare. Lui la picchiava anche quando era incinta”.
Una vicenda orribile che mette, per l’ennesima volta, sotto i riflettori il tema della violenza domestica. Dalla testimonianza emergono tutte le sensazioni che accomunano la maggior parte di queste storie: la violenza, l’omertà, la paura e l’indifferenza. L’indifferenza da parte delle forze dell’ordine che se ne sono “lavati le mani” perché la ragazza è minorenne. Ed intanto una donna incinta è morta e dei ragazzi, poco più che bambini, sono rimasti orfani di madre. Perché un minorenne che subisce sistematiche violenze domestiche non ha il diritto di denunciare? Dove sono i diritti? Chi ha l’obbligo di difendere i ragazzi da tutto questo? Un caso, questo, che è lo specchio di tantissimi altri ma nulla è mai cambiato. Che vergogna.
Bruna Di Matteo