Tra gli innumerevoli regali che il Signor Alfred Hitchcock volle farci c’è sicuramente questo: Vertigo-La donna che visse due volte. Film del 1958, interpretato da Kim Novak e James Stewart, attori dal fascino indescrivibile.
Saranno sicuramente i vecchi nostalgici, gli amanti del cinema di qualità ed i fans del Maestro che dal 21 al 23 ottobre torneranno a sedersi in poltrona di fronte al grande schermo, per omaggiare chi ci ha omaggiato. Alfred Hitchcock, il Maestro del brivido e della suspance, con questo film fece parlare molto di sé e del suo prodotto. Basti pensare che ancora oggi, dopo mezzo secolo, è argomento di conversazione. Eppure, appena uscì, Vertigo non convinse né i critici né il pubblico. La molteplicità di interpretazioni, probabilmente, resero i pareri contrastanti e mutevoli: un film sulla conoscenza, sulla malinconia, sull’attimo che fugge e sulla vita che non consente una seconda possibilità; un film sull’amore o sull’assenza, la paura. Probabilmente è tutto ciò e forse è nella sua sospensione che Hitch (diminutivo con cui il regista amava farsi chiamare), trova la chiave: una sospensione nello spazio e nel tempo.
Le riprese del film furono in California tra settembre e ottobre del 1957. La trama racconta la storia del detective Scottie, che soffre di acrofobia, e di Madelaine, che, a causa di un tragico incidente, decede. I casi della vita vogliono, un bel giorno, porre davanti gli occhi dell’uomo lacerato dal dolore e dalla nostalgia, una donna impressionantemente simile alla sua amata. Tanto simile da sembrare uguale.
Il rapporto tra Hitch e la Novak non fu mai chiarissimo; non si è mai capito quanta stima reciproca effettivamente ci fosse; eppure l’attrice ottantenne l’anno scorso a Cannes, in occasione della versione restaurata del film, ha dichiarato: <Con me si comportò da gentlman!>. Quindi un altro mistero è stato risolto: il Maestro non trattava male tutte le sue attrici, come Tippi Hedren fece intendere dopo aver collaborato con lui nel film Gli Uccelli, (1963).
La donna che visse due volte, dunque torna ancora e noi l’accogliamo nuovamente a braccia aperte; lanciandoci nel vuoto con lei e salendo quelle scale a chiocciola infinite che il regista amava molto. Tanta psicologia al suo interno: e non poteva essere diversamente, avendo egli stesso svolto trent’anni di sedute psicanalitiche con la sua fedele Dottoressa May. E. Romm. Eppure, probabilmente Hitch vorrebbe che il suo prodotto venisse visto e letto con più spontaneità e senza troppe supposizioni, del resto, come avrebbe detto egli stesso “è solo un film”.
Francesca Saveria Cimmino