| Siamo subissati di siti che fanno da tramite fra compratore e venditore per la vendita di beni di seconda mano e sempre più spesso leggiamo la clausola “visto e piaciuto”. Ma che vuol dire? Giuridicamente con l’apposizione della clausola “visto e piaciuto” l’acquirente, dopo avere esaminato il bene (“visto”), lo accetta così com’è (“piaciuto”): sostanzialmente questa clausola è una previsione contrattuale a tutela della posizione del venditore, che con tale disposizione intende evitare successive contestazioni da parte dell’acquirente e sottrarsi alla garanzia di cui al primo comma dell’art. 1490 c.c. Ma veramente alla fine funziona davvero così? Può l’inserimento della formula vista e piaciuto privare l’acquirente del diritto di lamentarsi per vizi e/o difetti dell’oggetto, successivi all’acquisto? La questione, come sempre succede in Italia, è arrivata fino in Cassazione, con l’ ordinanza n. 7968 del 21 ottobre 2025. Ripercorriamo il caso: Tizio aveva comprato dalla società Delta un camion usato, accettando la clausola “visto e piaciuto”. Tuttavia, durante il tragitto verso casa, riscontrò problemi di funzionamento e lo segnalò subito alla venditrice. Successivi controlli evidenziarono danni strutturali al veicolo, nascosti da una nuova verniciatura. Tizio citò in giudizio la società Delta, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento. Sebbene la richiesta fosse respinta in primo grado, la Corte d’Appello accolse il ricorso, annullando il contratto e ordinando alla venditrice di restituire il prezzo pagato, oltre alle spese per il passaggio di proprietà e l’assicurazione, per un totale di € 12.882,76 più interessi legali. La società Delta si rivolse alla Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente ignorato la clausola “visto e piaciuto”, che solitamente esonera il venditore dalla responsabilità per difetti, salvo che vi sia stato dolo nell’occultamento. Secondo la società, i difetti erano visibili e non vi era prova di malafede. La Cassazione ha respinto il ricorso, ribadendo che: a) La clausola “visto e piaciuto” non libera il venditore dalla responsabilità se i difetti sono stati nascosti intenzionalmente e scoperti solo dopo l’uso; b) Nel caso specifico, la Corte d’Appello ha valutato correttamente la verniciatura come mezzo per celare i danni, e tale giudizio non può essere contestato in sede di legittimità, essendo coerente con il criterio del “più probabile che non”. Quindi il principio nomofilattico espresso dalla Cassazione è il seguente: la clausola ‘visto e piaciuto’ non esonera dalla garanzia per i vizi, ove questi siano stati taciuti in mala fede dal venditore e scoperti dopo l’uso della cosa. A questo punto la mia solidarietà va al povero Giuvà citato da Carosone nella canzone “T’è piaciuta”: chissà se il povero marito alla scoperta del mellone bianco, poteva ricorrere in Cassazione quando si è accorto che “dopo i confetti só’ asciute ‘e difetti” . Di certo la moglie l’aveva vista e gli era pure piaciuta, ma il colore bianco del melone, scoperto successivamente all’ “acquisto” configura palesemente un vizio occulto, di cui potersi lamentare in Tribunale e invece – per ignoranza – Giovanni ha dovuto tenersela e pure “cara cara”. Ecco perché chi trova un avvocato, trova un tesoro. |