[dropcap]U[/dropcap]na situazione che ha del paradosso e che avrà conseguenze assai pesanti e tragiche per oltre 65 società del comparto sanitario privato, per ben 2300 dipendenti e circa 3000 assistiti tra anziani, diversamente abili e malati psichici della Campania. Un vero e proprio caso di malaburocrazia che viene denunciato ai nostri microfoni da Pier Paolo Polizzi, Presidente Aspat Campania (Associazione Sanità Privata Accreditata Territoriale) e rappresentate del Coordinamento delle Associazione di Categoria del Comparto della Sanità Privata.
Il problema principale gira intorno al Comma 61 che è una norma varata dal Consiglio Regionale della Campania con la Legge n. 5 del 16 aprile 2013, norma sull’ istituto della compartecipazione alla spesa, da parte dei cittadini, per le prestazioni socio-sanitarie e che purtroppo, se pur in vigore, non viene attuata.[divider] “Dopo tante lotte, ad oggi questa norma, sebbene entrata in vigore, non viene applicata – denuncia Pier Paolo Polizzi -. Ci sentiamo fortemente scoraggiati per una situazione che credevamo finalmente di aver risolto e che ci avrebbe portato alla risoluzione dell’intera problematica ovvero il pagamento delle quote sociali da parte dei comuni campani agli enti erogatori delle prestazioni socio-sanitarie destinate ai cittadini non autosufficienti”.
Facendo un salto indietro nel tempo, in sostanza prima di maggio del 2012 una parte delle prestazioni veniva pagata dalle Asl (quota sanitaria), un’altra invece dai comuni (quota socio-assistenziale) , parte quest’ultima anticipata per anni dai Bilanci della Sanità Pubblica ai comuni stessi che, a loro volta, si sono dimostrati insolventi.
“Tale situazione – continua Polizzi – è cessata, ma si è aggravata, a maggio dell’anno scorso quando l’attuale Subcommissario alla Sanità Mario Morlacco ha introdotto una vera e propria rigida bipartizione delle tariffe, istituendo ovvero l’obbligo di fatturare elusivamente alle Aziende Sanitarie Locali la quota della componente sanitaria mentre l’altra parte, cioè la componente sociale, da fatturare ai comuni di residenza dei cittadini assistiti. Tutto ciò non tenendo conto che i comuni non pagano. Di conseguenza da maggio dell’anno scorso, per la parte della quota sociale e dunque comunale, non abbiamo ricevuto un euro per le prestazioni erogate. Senza questi soldi, noi centri socio-assistenziali stiamo morendo perché non possiamo più far fronte alle prestazioni, ai pagamenti dei fornitori, dei contributi, degli stipendi dei dipendenti delle società, tantomeno di tenere le nostre gestioni contabili e finanziarie in modo ordinato”.
“Così, dopo un anno di battaglie – prosegue Polizzi – siamo riusciti a far cambiare un vecchio sistema con uno nuovo ed abbiamo proseguito con mobilitazioni e con una grande manifestazione lo scorso 18 dicembre, ottenendo un impegno da parte dell’Amministrazione, impegno che ha prodotto il Comma 61 che sancisce che le prestazioni dei centri non vanno più affrontate in modo frastagliato, frammentato ma vanno raccolte all’interno dell’Asl perché sia la stessa Azienda Sanitaria Locale a pagarci come faceva un tempo, sia per la parte sanitaria che per quella socio-assistenziale, e non più il comune insolvente. Ad oggi però siamo a luglio e non abbiamo ancora ricevuto le spettanze delle prestazioni rese, nonostante ci sia adesso una legge regionale. Noi diciamo basta, non è più consentibile alcun altro scandaloso ritardo. Adesso vogliamo capire bene cosa il Governatore Caldoro vuole fare per garantire una grande fetta delle prestazioni socio-assistenziali ed occupazionali campane oramai a rischio fallimento”.
Intervista a Pier Paolo Polizzi, Presidente dell’Aspat (Associazione Sanità Privata Accreditata Territoriale) – Parte 1
Intervista a Pier Paolo Polizzi, Presidente dell’Aspat (Associazione Sanità Privata Accreditata Territoriale) – Parte 2
Paola Di Matteo