
Il fatto incontestabile: in Italia c’è un’emergenza in atto che riguarda le donne e gli uomini africani e orientali in disperato approdo (quando gli va bene) sulle nostre coste. L’emergenza riguarda non solo le modalità e le norme di accoglienza dei migranti in cerca di lavoro, dei poco di buono e degli esuli stranieri, riguarda anche le opinioni e le soluzioni prospettate dagli italiani. Oddio, le soluzioni in tasca non le ha nessuno, a meno di voler considerare soluzioni quelle a colpi di cannone che tanti italiani propugnano, almeno a leggere i commenti in rete ma anche a sentire le discussioni da bar davanti ai bar. Un’altra cosa però la dobbiamo evidenziare ad onore del nostro Paese, e cioè che nessun “nostro” partito o movimento politico di decenti dimensioni, neanche la lega lombarda non più nelle mani e nelle dichiarazioni di Bossi e Borghezio, sta troppo ciurlando nel manico dell’emergenza immigrazione (a differenza di quanto sta avvenendo in altri Paesi europei) e cercando di guadagnare qualche voto in più alle imminenti elezioni europee con urla e canee vigliaccamente guerrafondaie. Anche i famosi respingimenti in mare, comunque dichiarati illegittimi dalla Corte Europea dei diritti umani nel febbraio 2012, per fortuna del buon senso e della buona reputazione del Paese nessun rappresentante politico sembra invocarli più. E senza dubbio è un passo avanti. Anche il reato di immigrazione clandestina, altro capolavoro della Bossi-Fini, è stato opportunamente cancellato (almeno nella sua parte già abbondantemente disapplicata che prevedeva il carcere per il “colpevole”) e quindi siamo tornati a una situazione di civiltà giuridica e civile. Insomma, le soluzioni (all’emergenza) spicce e miserabili non possono essere più applicate, e quindi proprio adesso viene il bello. Il bello di trovare nuove modalità di aiuto e di accoglienza dei nuovi aspiranti cittadini europei.[divider]
L’operazione “Mare Nostrum” è obiettivamente missione generosa e autenticamente umanitaria, altrettanto obiettivi sono i suoi costi enormi e la sua incapacità di pattugliare sufficientemente tutto il canale di Sicilia. Dalla militaresca Frontex fanno sapere che i finanziamenti europei per la agenzia tanto invocata dai conservatori europei continuano a ridursi e dal governo nazionale fanno sapere che le finanze delle casse italiane sono costantemente deficitarie. Come fare allora a trovare le risorse per accogliere tutti?…Curioso che i leghisti di Salvini, quelli fisicamente più distanti dalle spiagge degli sbarchi, sostengano la fine dell’operazione “Mare Nostrum” e quindi la fine dell’accoglienza dei disperati, e che invece il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, la figura istituzionale più sola e vicina agli uomini che vengono dal mare, si dica favorevole alla prosecuzione dell’operazione. Quelli che i profughi li vedono solo in tv non sopportano la loro presenza, quelli che i profughi li accolgono a casa loro non possono non sopportarne la presenza. Una proposta interessante sarebbe quella di far parlare della vicenda e dei suoi risvolti solo quelli che hanno titolo e merito per farlo.[divider]
Sul versante dell’accoglienza in senso giuridico, a complicare le cose per l’Italia interviene anche il Regolamento di Dublino III del 2013 in base al quale il Paese a cui il migrante è tenuto a presentare domanda di asilo è sempre quello (dell’Unione Europea) in cui il soggetto ha messo piede per la prima volta. Questa norma è anche all’origine della fuga di molti migranti che non vogliono essere identificati in Italia per poi raggiungere in qualche modo altri suoli europei. Modificare questa norma un po’ infantile potrebbe consentire di distribuire in maniera più equa le richieste di asilo sebbene, occorre precisarlo, l’Italia non è il Paese con il maggior numero di richieste in tal senso ma “solo” il quinto (piuttosto staccato dai primi) dopo Germania, Francia, Svezia e Turchia. Il ministro Alfano dopo l’ultima strage ha fatto la sparata minacciando le istituzioni europee e la sua recita rientra nel latente ciurlamento di manico in vista delle elezioni. Dopo le elezioni però ci aspetteremmo dal ministro qualche iniziativa più seria, coerente e studiata per cominciare ad affrontare la vicenda in termini non propagandistici. E aggiungeremmo pure in termini non “emergenziali” (pur riconoscendo l’emergenza), visto la scialo di soldi pubblici dell’emergenza nord-Africa (giugno 2011 – febbraio 2013) , venti mesi di quattrini ministeriali buoni per non risolvere un bel nulla se non per rimpinguare le tasche dei peggiori affaristi delle onlus e di qualche albergatore senza più clienti. Quella volta il governo, anziché rafforzare il sistema di accoglienza esistente (in fin dei conti si trattava di diciottomila persone, nessun esodo biblico), decise di creare un sistema parallelo gestito con mezzi e procedure straordinarie, coinvolgendo negli interventi di accoglienza soggetti del tutto privi delle competenze necessarie (ma interessati a mettere le manacce nelle risorse messe in campo) e determinando costi grotteschi per il finanziamento di servizi che non sono andati molto oltre il vitto e l’alloggio, in molti casi pure di qualità scadente. Quell’emergenza fu creata dalla “primavera araba”, l’ondata di proteste nei Paesi nordafricani e non solo per la democrazia, che però in molti casi è stata ancora più affossata di quello che era.[divider]
I numeri di oggi sono molto superiori a quelli dell’emergenza nord-Africa, analogamente le difficoltà di identificazione e di determinazione della provenienza dei profughi in arrivo, eppure fare un’altra emergenza significherebbe soltanto sperperare altri soldi senza programmare una reale politica di integrazione; meglio spendere qualche soldo in più per l’integrazione (che costa molto) e non per il tamponamento materiale dell’emergenza (che può essere garantita con i soldi giusti, se costantemente monitorati e obbligatoriamente rendicontati). E’ anche vero che integrare, in una situazione di crisi economica come quella che viviamo, è una bella parola da radical chic col culo all’asciutto (così anticipo le inevitabili critiche di qualche lettore) particolarmente difficile nella sua traduzione volgare; a calarsi sul pianoro delle buone politiche tangibili infatti, integrazione non è solo il nome di un ministero bistrattato ma un’attività sociale ed economica complessa che richiede alfabetizzazione, istruzione, formazione, garanzia di casa e servizi, e che richiede anche e soprattutto, alla fine della giostra, opportunità lavorative. Adesso da noi il lavoro non c’è, neanche nelle regioni del nord, nessuno sa spiegarcene i motivi (tranne Carlo Marx) ma nondimeno non c’è, e tutto il percorso integrativo diventa astruso mancandone l’elemento finale e decisivo. Per questo diventa indifferibile l’intervento concreto e rapido dell’Europa delle banche e dell’inclusione, che non può abbandonarci ad un’altra crisi sociale di merito altro da noi. L’Unione Europea, autoproclamatasi avamposto di civiltà e nutrice dei diritti umani, potrebbe e dovrebbe cominciare ad accordarsi con i Paesi del terzo mondo da cui più frequentemente (e collettivamente) si parte, con l’esclusione ovvia dei Paesi in guerra o in rivolgimenti vari, per regolarizzare i flussi senza usare le maniere forti (che a poco servirebbero, i disperati non hanno paura) ma cercando di stabilire fin dalla partenza la destinazione dei migranti e supportarli nel viaggio, contrastando (qui sì con le maniere forti) contestualmente i trafficanti di carne umana. Un’intrusione concordata negli affari interni di altri Paesi, l’unica intrusione che potrebbe esportare qualcosa di buono a parer nostro. L’insopportabile mantra che la destra estrema europea ripete, fino a portarsi dietro l’opinione pubblica “moderata”, sulle possibilità di aiutare i popoli morti di fame nei loro Paesi, è idiozia, stronzata bella e buona, più vuota delle vuote parole della sinistra “trallallero”. Per aiutare molti popoli africani ad esempio, dovremmo prima liberarli dalle multinazionali e da tutti quelli, governi europei (pienamente) compresi, che ne rubano risorse naturali e sovranità politiche. L’aiutino (di che tipo poi?) dato magari in cambio di golose concessioni, senza scendere nei meandri dello sfruttamento e delle ragioni del mancato sviluppo, non servirebbe a liberare quei popoli dalla miseria e assumerebbe tutte le sembianze di politica coloniale, di cui sinceramente non vorremmo riverberare i fasti e le pratiche di cartapesta…[divider]
Probabilmente la verità è un’altra, che l’Africa Africa deve restare per tutelare gli interessi occidentali. Beccarsi allora l’invasione pacifica degli africani, dei vicini e dei medi orientali non dovrebbe scandalizzarci, ce la dovremmo aspettare e approntarci seriamente all’integrazione. Noi unitieuropei, non semplicemente noi italiani o tedeschi o spagnoli o francesi. Sennò la sensazione ricorrente di essere soffocati dall’Unione Europea in questioni di scemenza e di essere abbandonati nelle cose serie non può che aumentare. Tuttavia, in attesa degli sviluppi e dei progressi comunitari, dovremo ancora arrangiarci con i famigerati Cie (Centri di identificazione e di espulsione) e le strutture di accoglienza temporanea già al collasso. Ci aspetta un’estate non facile ma rimandare indietro i migranti non si può, e chissenefrega se la Spagna ha trasformato lo stretto di Gibilterra nel suo fronte meridionale o se gli Stati Uniti sparano a vista sui messicani o se i poliziotti greci picchiano a sangue i clandestini ragazzini già picchiati in Turchia. Noi siamo italiani e abbiamo una reputazione storica di civiltà e di diritto da difendere, forse l’unica che ci è rimasta. Con l’aiuto (e il controllo) della consorteria europea ce la possiamo fare benissimo.[divider]
Altro bel problema: la maggior parte dei novelli barconi di Caronte salpano dalla Libia del post-Gheddafi, un Paese senza governo e senza esercito, in cui continuano a coagularsi uomini e donne provenienti da altri Stati africani ma anche dalla Siria e dintorni. Nelle principali città libiche, quelle da cui si sciolgono gli ormeggi per il mondo ricco, la sicurezza è ostaggio delle milizie di ogni sorta che si disputano l’egemonia criminale e la piena eredità del raìs e dei suoi figli. Il Paese è in pieno caos politico e sociale, le cronache riportano che i livelli di povertà sono aumentati rispetto al regime di Gheddafi e che l’attività più redditizia di quelli che fino a ieri trafficavano solo benzina si è specializzata nel traffico di esseri umani. Il Dipartimento di Contrasto alla Migrazione Illegale presso il ministero degli Interni libico (quello che autorizzava a sparare sui fuggiaschi al tempo di Gheddafi baciate li mani da Berlusconi e insieme firmatari dell’accordo di cooperazione per contrastare l’immigrazione illegale) è isolato insieme con la Missione dell’Unione Europea per l’assistenza alle frontiere (Eubam), una delle tante sigle comunitarie di cui non si capisce bene la funzione pratica. L’Italia di Berlusconi e di Frattini ha inoltre finanziato la costruzione di centri di detenzione per immigrati irregolari in Libia, lager dove gli abusi (deprivazione del cibo, torture, violenze) sono stati documentati da diversi organismi per i diritti umani. Frattini e Berlusconi, interpellati all’epoca dei fatti sull’argomento, hanno pure mentito al Parlamento (vabbe’, dov’è la novità?). Nonostante la esosità e la spietatezza dei traghettatori del mediterraneo, dall’inizio del 2014 sono già arrivate in Italia grosso modo venticinquemila persone fra “migranti economici” (i morti di fame) e “richiedenti asilo” (i morti di fame e di guerra), circa il 93% di questo esercito ha fatto l’ultima tappa extraeuropea in Libia. Ma la Libia è tuttora insondabile e inaffidabile. Una decina di giorni fa il ministero degli Interni italiano ha lanciato l’allarme di circa ottocentomila persone pronte ad imbarcarsi dalla Libia verso l’Europa, cioè verso l’Italia. Forse Angelino ha voluto fare un po’ di terrorismo psicosociale, ma fino a che punto ha potuto esagerare?…[divider][review]