
Grande successo quello di “Troilo e Cressida: stora tragicomica di eroi e buffoni”, in scena il 15 e il 16 settembre alla Galleria Toledo, nido del teatro contemporaneo, per la rassegna “Stazioni di emergenza”.
L’opera è presentata dal collettivo LunAzione, nato con finalità di studio, promozione e pratica del teatro, inteso come forma di espressione ad alta funzione sociale, ed è tratta dalla famosa tragedia in cinque atti di Shakespeare, riscritta da Alessandro Paschitto e diretta da Eduardo Di Pietro e Mario Autore, che ne è anche attore protagonista e curatore delle elaborazioni musicali. La scena è a Troia: la guerra imperversa da sette anni e le speranze di vittoria per i Greci sembrano allontanarsi sempre di più da quando Achille non scende in battaglia. Per proporre un’azione risolutiva, Ettore, il più forte guerriero troiano, sfida i campioni avversari a uno scontro diretto. L’astuto Ulisse coglie l’occasione per ordire un piano che porti Patroclo, l’amato di Achille, a combattere e a perire, così da suscitare l’ira del Pelide. Intanto in città il principe Troilo, fratello minore di Ettore, corona il suo sogno d’amore con Cressida, ma per breve tempo: uno scambio di prigionieri coinvolge la ragazza, che passa al campo greco e diviene oggetto delle attenzioni del generale Agamennone, da lei ricambiate. La sfida di Ettore offre a Troilo la possibilità di raggiungere l’amata e scoprire il suo tradimento. Subito dopo il giovane sarà testimone dell’assassinio del fratello, vedendo a un tempo crollare le proprie aspettative rispetto all’amore e alle sorti della guerra.
La straordinaria maestria degli attori nell’interpretare ruoli diversi che si alternano sulla scena – ognuno di loro, escluso Tersite, interpreta due personaggi, uno troiano e l’altro greco – permette al pubblico di non perdere mai il filo del discorso.
L’azione, d’altronde, è quasi inesistente: la maggior parte dell’opera teatrale si concentra in discussioni, sia tra i greci che tra i troiani, sul da farsi. Il dubbio si insinua già dal principio (“dubbio” è uno dei primi termini pronunciati dagli attori) e accompagna i personaggi nelle loro scelte – per lo più si tratta di “scelte obbligate”. In realtà, qualunque decisione essi prendano, si rivela sempre quella sbagliata; l’unico a salvarsi è Tersite, che ha scelto il male minore: rinuncia all’azione per raccontarla, in perfetto stile buffonesco. Quando Troilo, pervaso dai dubbi, chiede “E ora cosa devo fare?”, la risposta che gli viene data è “Nulla”.
Come per l’opera originale, anche nella rivisitazione di Paschitto è stato utilizzato il termine “tragicommedia”, per designare un’opera che dipana una trama continuamente oscillante tra il carattere drammatico e quello sarcastico più o meno raffinato, finanche sguaiato e urticante. Già l’opera di Shakespeare è stata definita in passato“moderna” o addirittura “postmoderna”, per le sue caratteristiche, tra cui la più evidente è il continuo interrogarsi su valori fondamentali come il rispetto della gerarchia, l’onore, l’amore. Nello spettacolo del Collettivo LunAzione linguaggio e atmosfera restano immutati, ma Paschitto rielabora la vicenda mettendo l’accento sull’impossibilità di scelta dei personaggi, che si tramuta in impossibilità di azione: la guerra in effetti non si vede, ma viene indirettamente evocata da riunioni, schiere di soldati osservati in lontananza, messaggi di sfida e proclami. Più che una presenza reale, è insomma un’ombra che aleggia sulla scena.
Di eroico i personaggi conservano solo la reputazione o un obsoleto senso dell’onore, l’azione si è infiacchita sia tra i Greci, con l’assenza di Achille e l’inettitudine del re, sia tra i Troiani, dove i governanti confrontano le rispettive opinioni, senza essere in grado di prospettare una soluzione che non sia combattere a oltranza. Troilo sarà il primo a vedere i suoi sogni infrangersi contro il muro del cinismo e della materialità, ma non l’unico: ogni azione genera degli errori, degli imprevisti – degenera – e gli eventi travolgono tutti indistintamente, chi aveva provato a mutare la realtà e chi si era lasciato portare dalla corrente. Ne deriva un senso di disagio, di inadeguatezza alla vita, che si palesa attraverso la guerra, emblema della stupidità.
La “catarsi” aristotelica della tragedia classica viene a mancare: Troilo soffre ma non muore e Cressida tradisce ma non paga: la tragedia “non si risolve”, se non nell’unico finale possibile, e cioè ridere, la risata è l’unico strumento di accettazione e comprensione della disperata realtà. Viene impersonato ovviamente dal buffone Tersite, che dall’inizio alla fine dello spettacolo si “tira fuori”dall’“azione” principale – lo sottolinea ripetutamente – osservandola dall’esterno, commentandone lo svolgimento, e soprattutto sbeffeggiando i protagonisti. Una figura “geniale”, il jolly della scena, che con il suo carattere e la sua interpretazione riesce ad andare oltre, oltre la crisi dell’esistenza (ridere come fonte di sopravvivenza e di protesta contro l’impossibilità di agire) e oltre la crisi del teatro (la risata sopperisce alla mancanza, o quantomeno sostituisce in parte, la catarsi aristotelica del teatro classico). È cinismo, Tersite ne è consapevole, ma è l’unica soluzione.
“Troilo e Cressida” di William Shakespeare riscrittura: Alessandro Paschitto regia: Mario Autore, Eduardo Di Pietro con: Mario Autore, Annalisa Direttore, Martina Di Leva, Michele Iazzetta, Cecilia Lupoli, Alessandro Paschitto elaborazioni musicali: Mario Autore