
Si fanno chiamare no-triv, e non sono solo la versione metallica e sudista dei no-tav. Ovviamente con i valligiani della Susa condividono visioni di fondo(valle) della terra madre e dei suoi derivati, forse anche la volontà di difenderla a costo di azioni dimostrative e probabili manganellate seguenti, ma non possono ancora dirsi movimento di popolo e di opinione come numericamente è quello dei monti piemontesi. Loro antipassaggio ferroviario, qui antitrivelle petrolifere; il mito della ferrovia che si costruisce e quello del petrolio che si cerca spogliati del mito del progresso in movimento in nome e in cerca di un altro progresso, post-industriale, non necessariamente post-ideologico, ad andatura lenta e rispettoso dell’ambiente. I no-tav hanno già ottenuto diversi successi, ormai hanno martiri, storia e vessilli riconoscibili. I no-triv stanno ancora studiando il modo di resistere. La storia (per ora) più piccola dei no-triv riguarda le trivellazioni acchiappa oro nero che alcune compagnie (Italmin Exploration e Cogeid) vorrebbero fare in alta Irpinia (“Irpinia d’Oriente” nello stile naif del “paesologo” Franco Arminio), nelle zone di Gesualdo, piccolo paese fra le valli del Fredane e dell’Ufita, omonimo e residenza scelta dal principe dei musici Carlo Gesualdo, offeso e riparato nell’onore blasonato ma in fuga molto plebea da Napoli e dalla sete di vendetta dei d’Avalos e dei Carafa. “Nusco” è la denominazione del progetto che autorizza la ricerca di idrocarburi nel terreno a pochi metri dal grande castello di Gesualdo, in principio longobardo e in perenne ristrutturazione, proprio quella Nusco nutrice dell’eterno Ciriaco De Mita novello sindaco del paese, forse mai così suo come adesso neanche nel passato glorioso. Per ora il presidente, come molti nuscani lo chiamano anche ora che è sindaco, ha fatto sapere la sua opposizione alla ricerca del petrolio a mezzo stampa, polemizzando con la Regione per il mancato invito al tavolo tecnico del 21 luglio. La disputa quindi è fra le più classiche degli ultimi anni, difensori della verginità territoriale a fini rurali e vagamente bacchettoni contro suoi aspiranti sodomizzanti a fini energetici e chiaramente speculativi. In realtà i trivellatori (o sodomizzanti, fate voi) già hanno il governo dalla loro parte, forti dell’attuazione del decreto Passera (il ministro dello sviluppo economico, infrastrutture e trasporti del governo Monti) decisa dal decisionista Renzi, ufficialmente motivata da ragioni di autosufficienza energetica nazionale e risparmio di bolletta per i consorziati, giustificativi che invero lasciano molte perplessità anche (e soprattutto) fra gli studiosi della materia. Ciononostante la ministressa Guidi (di Guidalberto Guidi, confindustriale soprattutto dell’energetico) sembra non volere sentire ragioni e volere assecondare le aspirazioni del suo papà, quelle del suo capo di gabinetto che a loro volta vogliono assecondare le aspirazioni di qualche capo industria molto influente nelle fortune politiche di Matteo, che a loro volta vorranno assecondare la aspirazioni di altri padroni dei vapori molto attenti al business proprio e molto poco attenti al rispetto dei luoghi e dei cristiani che li abitano. Matteo “la svolta buona” che a suon di annunci e loro smentite sta nei fatti diventando un Silvio senza processi, qualche tempo fa, appreso dell’opposizione al “progetto Nusco” da parte dei primi comitati locali (irpini e lucani) di autodifesa, liquidò il fatto con le solite parole forti (con i deboli), “decisioniste”, nette e offensive verso gli attivisti dei comitati, trattati alla stregua di ingenui indiani da ignorare. In aggiunta, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera il 13 luglio scorso, Matteo ne ha svirgolata un’altra parlando di “tre o quattro comitatini” contrari alle estrazioni e stupidi sequestratori dello sviluppo, loro ostaggio insieme a quarantamila persone a cui si potrebbe dar lavoro. A parte che al sud Italia lo sviluppo più che ostaggio è latitante, e lo è per scelta politica da centocinquanta anni, noi non crediamo che gli abitanti delle terre di Irpinia (e di Lucania) che stanno tentando un progresso economico basato sulle risorse agricole della terraccia possano essere definiti oppositori dello sviluppo solo perché non accettano di trasformarsi in raccoglitori di alcani e (pro)cacciatori di clienti. Fatto sta che ai trivellatori della natura per professione si è unita anche la Regione Campania, pur’essa trivellatrice di altre naturalezze umane e segnatamente mascoline, i cui tecnici della commissione VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) nell’ultimo incontro con i portatori di interesse locali avrebbero snobbato le richieste dei comitati e i dossier a supporto preparati dagli esperti in materia Sabino Aquino e Alessio Valente, geologi e professori universitari. Insomma, la Regione Campania sembra essersi uniformata alla linea governativa, aumentando ancora la storica distanza fra palazzo Santa Lucia e i possedimenti interni da esso (mal)governati e (mal)trattati a prescindere dal colore del principe/governatore di turno. I professori hanno evidenziato alcuni punti deboli (o debolissimi) del progetto Nusco: pericolo di inquinamento delle falde acquifere che servono anche Napoli e la Puglia, pericolo dei rifiuti speciali senza adeguate e complicate modalità di trattamento, pericolo sismico in zona sismica di suo, estraneità del progetto alle previsioni del Piano Territoriale Regionale. Anche le ricadute sul piano occupazionale, come si può facilmente evincere dai dati della Basilicata dove diversi crateri sputano greggio già da anni, sarebbero molto più basse rispetto ai numeri cianciati da Renzi al Corriere della Sera. ENI e SHELL hanno colonizzato la val d’Agri e non l’hanno certo fatta ricca, anzi, alcuni studi parlano addirittura di un aumento della disoccupazione causato proprio dall’attività estrattiva. L’ENI, quella di Enrico Mattei e del suo sogno…Pur di fronte a tutto questo mal di dio, i tecnici della Regione hanno fatto spallucce, ripetendo la direttiva istituzionale e ritirandosi in buon ordine. “L’oro vero” è così diventato il mantra dei comitati antipetrolio irpini e lucani, un video/documento sul nettare rosso cremisi delle comunità (alticce) in lotta, motivo di costi sociali ma anche potenziale ricchezza (collettiva?) se ben impupazzato e venduto ai turisti insieme al pane e companatico, a patto che prima o poi i turisti arrivino davvero… Oro nero vs Oro vero, la partita è incerta. Cercheremo di stare sul pezzo.