
“Cos’è la felicità?” è la domanda chiave da cui parte il regista giapponese in Neon Genesis Evangelion: The end of Evangelion, Anno Hideaki, premiato con un Awards of the Japanese Academy, e attorno cui si sviluppa tutto il film che in alcuni paesi è stato vietato ai minori di 14 anni, a causa di alcune scene sessualmente esplicite.
La pellicola del 1997, di carattere Scientifico-psicologico, è divisa in due parti: “Air/ Love is Destructive” e “One More Final: I Need You”. Nella prima vediamo che l’ultima roccaforte dell’umanità: l’organizzazione Nerv, viene attaccata da una società segreta chiamata Seele. Qui verrà chiamato in causa il protagonista Shinji Ikari, ragazzo di 14 anni spaventato dalle atrocità che ha commesso precedentemente, a protezione della base, ma è in uno stato catatonico.
La seconda parte si apre con lo stesso protagonista che vede la sua amica, Asuka Soryu Langley, perire a bordo del robot Eva02. Questo sconvolge il ragazzo a tal punto che rimarrà paralizzato ed entrerà in un mondo onirico.
L’opera, dalle forti connotazioni psicoanalitiche, va a scavare nel profondo l’animo dello spettatore. Il caleidoscopico gioco di sovrapposizione delle immagini, unito al miscuglio di voci, rende ben chiara l’idea di confusione mentale del protagonista, che ad un certo punto entra in uno stato catatonico. La dissonanza poi, generata tra lo scontro di immagini violente condite con musiche dolci e soavi, meglio rende la tragicità di alcuni momenti. Ed infine, alla domanda: “Cosa sono i sogni?” l’atmosfera cambia ed il cartone esce dallo schermo per entrare nella realtà. Si alternano scene di vita quotidiana, persone che passeggiano indifferenti, poi un treno che sta arrivando ed infine un pubblico in un cinema, quasi come se la domanda fosse rivolta anche a noi aldilà dallo schermo.
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E’ in questo momento che il dramma del regista e del personaggio si fondono quasi ad un livello inconscio. Entrambi segnati dalle esperienze negative con le altre persone e dalle delusioni continuano a chiedersi: “Cos’è la felicità?”. Il protagonista è indeciso, non sa se vivere oppure lasciarsi andare al marasma vorticoso della non-esistenza.
Vivere con gli altri vuol dire anche soffrire, questo è ovvio, perché non sempre si viene compresi, ma esistere senza di loro ci può rendere felici?