
“Chi inquina di più paga di più” è questo il principio su cui si basa il tributo comunale per i rifiuti e i servizi (TARES), ed è Napoli la città in cui l’imposta è la più salata: il doppio della TARSU.
La TARES tassa sostitutiva del TARSU (tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) e della TIA (tassa sull’igiene ambientale), è divenuta legge il 22 dicembre 2011; legge numero 214. È in vigore dal 1 gennaio 2013. Rispetto all’anno precedente la tariffa da pagare è circa il +140% ed è questo uno dei motivi per i quali le categorie coinvolte, tra cui bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, pescherie e ortofrutta protestano. Si pensi che, le cifre passano da circa 3.000 a circa 8.000 euro per “Napoli Mia”, da circa 8.000 a circa 12.000 euro per “Brandi” o da meno di mille a circa 3.600 per “La Notizia”, di Via Caravaggio, arrivando ai 7666 euro da versare per “Da Carmine”, in Via dei Tribunali. Cifre blu, se si considera le spese aggiuntive, tra cui fitti, dipendenti e materie prime. L’aumento riguarda anche piccoli locali che dai circa 2.500 passano orientativamente ai 5.200, o i rivenditori di fiori che da una cifra vicina ai 1.300 ora devono versare all’incirca 3.400 euro.
La scadenza per i pagamenti era il 15 novembre 2013, ma visti i disagi e i malcontenti sono stati concessi 15 giorni di proroga: dunque la data entro cui versare i contributi risulta essere il 30 novembre. Non sono molti gli esercizi disposti a depositare questi fondi nelle casse dello Stato, non senza aver compreso il perché di questa ingiustificata ascesa economica. L’Assessore Comunale al Bilancio Salvatore Palma accetta proprio per tal ragione un incontro con i cittadini in protesta, aprendo le porte di Palazzo San Giacomo, a data da destinarsi.
Francesca Saveria Cimmino
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