
A distanza di un mese o quasi dal referendum costituzionale, trascorso il tempo necessario per elaborare lo “strazio” (come Michele serra ha definito la lunghissima campagna referendaria), tentiamo di fare un sunto della fine della vicenda.
Il 4 dicembre scorso ha vinto il “NO” e questo è un fatto, ormai, decisamente concluso. Ha vinto perché il suo schieramento, pur molto composito, è riuscito a incanalare nel “NO” alla legge di riforma costituzionale ogni possibile associazione e motivazione al voto contrario. Votare “NO” in pratica ha avuto almeno tre valenze diverse, contro le due del “SI’”. I voti al NO, al netto di poche eccezioni, sono stati in parte voti contro Renzi e il di lui governo, in parte voti contro l’Unione Europea e le di essa politiche, in parte voti solo contro la riforma costituzionale. I voti al SI’, invece, sono stati o voti a favore di Renzi o voti a favore della riforma (in qualche caso, voti a favore di entrambe le cose). Il NO, quindi, è riuscito ad essere trasversale molto più del SI’, che trasversale non è stato anche perché gran parte della destra italiana, con gran sorpresa di Renzi, per una volta ha voluto recitare la parte della destra repubblicana, sforzandosi non poco a non apparire la trivial destra presidenziale/autoritaria che solitamente è. Embè, “chi la fa l’aspetti”, disse virgolettato Berlusconi a Renzi dopo la conclamata truffa del patto del Nazareno…
Anche la semplice matematica elettorale può confermare la nostra osservazione. Se si divide il totale dei votanti, quindi il 100%, per cinque (quante sono le fondamentali motivazioni al voto), il risultato è 20. Questo venti per cento si è raddoppiato per il SI’, raggiungendo così il 40%, e si è triplicato per il NO, con il conseguente 60% sancito dalle urne. Approssimando quanto necessario le proporzioni delle motivazioni al SI’ e al NO, il calcolo è esatto nel procedimento e nel risultato. Francamente, studiandoci un po’ e soprattutto avendoci un po’ di dimestichezza con l’italian provincial way of thinking (abilità facilmente allenabile ascoltando le conversazioni nei bar di paese), non era una conclusione difficile da prevedere, ma i sondaggisti della rilevazione statistica hanno scelto altre strade, evidentemente lontane dai bar strapaese. Che poi devono essere le stesse strade, ben levigate e meglio tenute, battute dall’ineffabile Jim Messina, l’annunciato infallibile american spin doctor ingaggiato da Renzi con (si dice) quattrocentomila euro per essere sicuro di vincere, e che invece l’ha portato alla sconfitta più bruciante. Jim, che in patria già aveva contribuito alla sconfitta di Hilary Clinton contro Donald Trump, pur essendo italoamericano non doveva conoscere adeguatamente il Paese dei suoi nonni, non intuendo che in Italia il voto non è così lineare come negli Stati Uniti, e che il renziano referendum costituzionale, col passare dei mesi, si è trasformato in altro, anche a causa degli interventi “stranieri” e di altri interventi fatti da (ideal)tipi non propriamente amati dalle masse italiche. Interventi molto spesso antipatici e inopportuni ma, ne siamo certi, sperati e caldeggiati proprio da Jim. Interventi e sdottoreggi a favore del SI’ sono venuti da Obama, dalla Merkel, da Hollande, dall’internazionale OCSE…In Italia da Confindustria, dalla CISL, da Giorgio Napolitano presidente emerito e finanche da Sergio Mattarella, presidente in carica ma solitamente silente…Altri interventi filo-SI’ sono venuti da Mario Draghi e dai più burocrati degli eurocrati, da Sergio Marchionne e vari padroni delle ferriere, da nobili nostalgici e registi allucinati, così come da alcuni giornaloni stranieri, il Der Spiegel e il Financial Times su tutti; in Italia, rimanendo ai giornali, da la Repubblica e da l’Unità su tutti.
Risultato? Il popolo bue, stuzzicato proprio da quelli che ormai considerava i suoi peggiori nemici (novelli nemici del popolo?), risorgeva dalla dimensione bovina ritrovando quella molto più degna di popolo sovrano, non si faceva inebetire dai grandi nomi né intortare dai discorsi sui presunti “scenari di instabilità” e decideva di schierarsi dalla parte di un populismo sincero e forse un po’ caciarone, comunque contro il populismo cazzaro di Renzi e compagnia urticante. Nei tre mesi precedenti nulla avevano potuto le tante madonne pellegrine in giro per l’Italia a promuovere il SI’, i sincopati tele-ospiti dal presto dì a notte fonda, i 500 euro governativi regalati ai neo-diciottenni, gli ordini perentori ai sindaci silenti convocati in assemblea impartiti dal governatore di Regione che imita l’imitatore, i cambiamenti di idea del capo della minoranza del partito, la soppressione strombazzata di Equitalia una settimana prima del voto, i milioni di insopportabili sms inviati da quelli di “Basta un sì”, a cui non pochi avevano già tentato di rispondere che in certe occasioni basterebbe semplicemente non rompere troppo i coglioni…
Il lato positivo della vicenda, oltre alla vittoria del NO (ma questa è un’opinione personale), è stata proprio la partecipazione degli italiani al referendum, l’interesse comunque mostrato per la legge fondamentale della nostra Repubblica, per il “contratto sociale”. Erano anni che gli italiani non si appassionavano ad una questione politica seria, che non venivano chiamati a esercitare una funzione critica e dirimente dentro la loro vita di consorteria; ebbene, per il ritorno degli italiani alla lettura della Costituzione occorre ringraziare proprio Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, il presidente del Consiglio e la sua dedicata ministra alla Costituzione. Matteo e Mariaele, però, hanno giocato troppo a fare gli illusionisti, al dire senza fare e al fare senza dire nell’attività di governo, a impasticciare il Senato e troppi altri articoli nella riforma costituzionale, fino a beccarsi lanci di uova da buona parte del pubblico, prima blandito e incuriosito e poi deluso e incattivito.
Vogliamo chiudere tornando a bomba su quel bel tipo di Jim Messina, quarantasettenne americano di origine italiana, nato in Colorado e ornato di capelli gialli e labbra rosse e gonfie da sembrare il miglior Joker di Batman, vincitore nel 2003 del premio Machiavelli Award come democratico (nel senso di militante del partito democratico americano) dell’anno. Un americano cristiano-democratico che vince un premio politico intitolato all’italiano (e fiorentino) Machiavelli, e che in Italia si fa politicamente fregare come un pivellino mettendo nei guai il democratico-cristiano (e fiorentino) capo del governo, minimo dovrebbe restituire quel premio. E dignitosamente rifiutare i (si dice) quattrocentomila…Invece Jim ha intascato il bottino e se n’è tornato di corsa negli States, lasciando in beffardo ricordo al Matteo sconfitto soprattutto uno slogan fra tanti, quello immortale: “Se votate NO vi tenete quello che c’è”. “Quello che c’è” era proprio Renzi, e ora che ha vinto il NO Renzi non c’è più. Jim ha sbagliato pure questa.