[dropcap]C[/dropcap]ontinuano a Napoli gli sperperi di denaro pubblico per opere innovative, la cui utilità è messa in forte discussione dalla maggioranza dei napoletani. Strutture, queste, che avrebbero messo la città partenopea in carreggiata con gli altri capoluogo italiani se non fosse per la mancata riqualificazione degli spazi che giacciono nel silenzio e nel buio istituzionale più totale. A Napoli si “mette sempre sopra” senza però liberare il fondo, è dell’ex Sferisterio del quartiere di Fuorigrotta. Lasciato nel dimenticatoio, probabilmente i teenager napoletani non sanno nemmeno di cosa si tratta ma sicuramente riconosceranno quell’enorme arena decadente a pochi passi dalla galleria “Laziale”. [divider]Ma che cosa’ è? A cosa serve?O meglio, è il caso di dire: A cosa serviva? Per chi non lo sapesse l’ex Sferisterio è nato intorno al 1940, dal progetto dell’ingegnere Franco Tortorelli, come impianto sportivo per competizioni di palla basca, ovvero di pelota, ma anche di ping pong e tamburello, attività molto in voga a Napoli in quegli anni. Poi nel tempo è stato adibito anche per il calcetto e per eventi mondani, quali concerti e spettacoli popolari. L’area ammonta a 2769 metri quadrati ed è di proprietà della Sacs, Società attività concessioni sportive. Poi il 31 gennaio del 1936, l’arena fu devastata da un tragico incendio durato ben cinque ore, nel quale perse indirettamente la vita anche Guglielmo Cammarota, un anziano pensionato che abitava nei pressi della struttura e che fu colto da un malore a causa dello spavento. Dietro tale scempio si celava l’ombra del racket, le cronache dell’epoca, infatti, riferirono che si era trattato di un “regolamento di conti” del clan camorristico locale che aveva chiesto un maxi pizzo di dieci milioni di lire sul concerto di Capodanno. Tale richiesta criminale non fu ovviamente accolta ed oggi ne vediamo ancora le conseguenze. Era il 1987, siamo al 2013 e lo Sferisterio è rimasto immutato, anzi sta decadendo. [divider]Nel corso di questi anni, in realtà, sono stati elaborati numerosi progetti per il recupero e la rivalutazione della struttura: il primo progetto risale al 2002 approvato anche dalla Sacs, e consisteva nella ristrutturazione e alla costruzione al suo interno di un cinema, una ludoteca e un centro commerciale. Ne nacque però una disputa con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che, non permise il mutamento di una destinazione d’uso diversa da quella per la quale era stato concepito, e cioè per competizioni sportive. Allora si vagliò un altro progetto conservando la destinazione d’uso: la pelota. Ma nel 2000 la palla basca risultava superata, senza suscitare alcun interesse da parte dei napoletani, quindi si decise di cambiare la disciplina e ulteriormente il progetto. L’ultima “trovata” risale al 2006 , con la delibera 1882/2006 l’amministrazione municipale presentò un nuovo piano di riqualificazione che prevedeva la suddivisione del fabbricato su tre livelli: al piano terra una palestra ed un centro benessere, al piano superiore delle sale espositive con ristorante ed, infine, al secondo piano una pista da pattinaggio sul ghiaccio, inclusi servizi di riabilitazione e foresteria per gli atleti. Insomma una vera e proprio cittadella della dello sport e nel 2007 la Giunta Comunale diede il via libera alla fattibilità del progetto. I tempi per la consegna ai cittadini della nuova struttura furono previsti entro e non oltre i 18-24 mesi in teoria, mai nella concretezza dei fatti. A distanza di anni nulla è stato fatto di quanto proposto, per intoppi burocratici o mancanza di fondi?[divider]
Durante l’attesa, nel corso di questi anni, l’ex arena è stata oggetto di segnalazioni da parte dei cittadini secondo i quali, di notte, si assisteva ad un andirivieni di persone probabilmente barboni o rom, che quasi certamente sfruttavano questa “terra di nessuno” per edificare delle case di fortuna con tanto di cani a guardia. Alcuni hanno ipotizzato addirittura che si fosse insediata una famiglia di napoletani, ed i segni erano evidenti: all’interno letti, panni stesi, materassi, coperte ed anche un barbecue. Le notifiche più preoccupanti però riguardavano anche la presenza di materiali pericolosi per l’ambiente e per la salute rappresentati da un’enorme catasta di rifiuti di ogni genere e addirittura dalla presenza di lastroni di eternit contenenti amianto. Nel corso del tempo, come se ciò non bastasse, la struttura ha iniziato a perdere pezzi, segno di un degrado ai limiti della sicurezza e di un assente sistema di controllo.
Ma paradossale è la situazione oggi: il “monumento al degrado” rappresentato dall’ex Sferisterio si trova a pochi metri dalla rivalutata e ristrutturata piazza Italia con la nuova linea 6 della metropolitana e la super-nuovissima pista ciclabile. La stessa che è costata al Comune circa 800mila euro. Viene, quindi, spontaneo domandarsi perché il Comune abbia speso tale cifra per delle “strisce di strada” color arancio distribuite in varie zone della città che, tra l’altro non ripercuotono un pieno utilizzo da parte dei partenopei e che principalmente hanno “ristretto” le carreggiate delle strade, soprattutto in viale Augusto, generando traffico e difficoltà di percorrimento anche per i pedoni. Il denaro pubblico poteva quanto meno essere speso per altri progetti utili ai napoletani, come ad esempio trasformare l’ex sferisterio in un bel megaparcheggio, visto che a Napoli la ricerca di un posto auto è un’impresa quasi impossibile, altra nota dolente della città.
La solita storia, insomma, si spendono soldi, milioni in eventi e in dubbie opere urbane, ma è questo quello che vogliono i napoletani? Di questo hanno bisogno? Sono stati realmente ascoltati? O si continuano a fare “orecchie da mercante” con i loro soldi….a voi l’ardua sentenza.
Bruna Di Matteo