
Giornata disgraziata la venticinquesima di serie b, ovvero (ancora) la quarta di ritorno, per Avellino e Juve Stabia. Due sconfitte brutte, con cavilli diversi e di diversa capziosità a cui appigliarsi, ma comunque brutte. Un cavillo quasi inesistente per l’Avellino, uno un po’ più rilevante per la Juve Stabia. I verdi perdono di brutto in casa contro la “blasonata” Virtus Lanciano, fu mitica Frentana negli anni del dopoguerra. “Cari Rastelli e a lui sottoposti, non si perde in casa senza colpo ferire contro la Frentana, anche se oggi si chiama Virtus Lanciano ed è una squadra affatto male.” La Juve Stabia invece resiste fino ai minuti oltre Cesarini sul campo del Siena, per poi subire il colpo della sconfitta e della disperazione all’ultimo arrembaggio dei banchieri che trovano il modo di sfondare le barricate dei portuali. Banchieri contro portuali, una giusta (a nostro parere) immagine retorica per rendere il divario economico che separa Siena e Juve Stabia (leggi Castellammare di Stabia).[divider]Quindi proprio le vespe hanno il compito di giornata più difficile, impegnate come sono sul campo dell’Artemio Franchi di Siena contro la “Robur”. Robur recente (e probabilmente prossimo) membro del club della serie A. L’inizio del match è comunque confortante per gli stabiesi, che vogliono dare l’impressione di non soffrire di complessi di inferiorità al cospetto dei colleghi più quotati. E infatti, nella prima dozzina di minuti gli ospiti vanno molto vicini al vantaggio in due occasioni con Zampano e con l’attaccante Sowe, rimesso in campo da Pea dopo un buon periodo di riposo. In particolare su Sowe è bravo contorsionista il portiere senese Lamanna, abile a respingere di piede fluttuante il tiro deviato del ragazzino gambiano. Ma il gol garanzia dei gialloblù non arriva, e allora i bianconeri del Monte dei Paschi cominciano a ipotecare la partita. Già nel primo tempo in tre/quattro puntate verso l’estremo Benassi la Robur minaccia seriamente di rompere i piani del sergente Pea, ma imprecisione degli avanti di casa e bravura dello stesso Benassi mantengono la questione sullo zero a zero. A provarci da lontano è soprattutto il centrocampista di tiro Pulzetti, che vibra il destro verso la porta appena si apre uno spiraglio nel nido creato dalle vespe cartonaie davanti a Benassi. Nel secondo tempo i banchieri cominciano a giocare in maniera meno accademica e più serrata, forse meno armoniosi sul rettangolo ma più cinici nell’impedire ai portuali di uscire dalla propria crisi di metà campo. Oddio, fino a venti minuti dalla fine lo scudo postale stabiese sembra reggere l’urto senza eccessivi affanni, e solo dalla distanza il Monte Paschi (Siena) lancia qualche dardo finanziario avvelenato. Ma poi, col passare dei minuti e delle forze nervose, la truppa di Pea comincia a perdere compattezza e baldanza, offrendo alfine agli uomini del prof Beretta la possibilità di attaccare senza doversi preoccupare di null’altro. La partita diventa spesso un’ammucchiata di uomini in mutande nell’area di Benassi. Bel portiere “gli alatrese” Benassi, non c’è che dire, bravissimo a farsi maledire dagli strozzini senesi e benedire dagli incravattati stabiesi. Dove non arriva Benassi evidentemente non ce n’è bisogno, visto che gli altri tiri finiscono fuori, di poco ma fuori. L’impari contesa arriva così in parità fino al quarto minuto di recupero quando, su corner dalla destra del poco proclive Rosina, il difensore Dellafiore in bello stacco anticipa un paio di stabiesi e segna gol e vittoria. Per la cronaca, Benassi prende pure questa, solo mezzo metro dopo la linea di porta. La linea di salvezza dello Stabia invece si fa sempre più lontana.[divider]
Al Partenio-Lombardi di Avellino, affollato da un pubblico numeroso e fiducioso dopo la gagliarda prova dei verdi in quel di Terni, si affrontano Avellino e Lanciano. C’è un sole troppo caldo per la metà di febbraio sul campo di via Zoccolari, un sole buono per attrarre spettatori ma non per esaltare le virtù tecniche poco eleganti dei pedatori di Rastelli, meglio valorizzate sui campacci invernali e uliginosi. I lupi inoltre sono privi di Izzo, Arini e Zappacosta, rispettivamente terzino randellatore, centrocampista e cursore di fascia fra i migliori della banda. Anche la riserva naturale di Zappacosta, Bittante, non sta tanto bene e così Rastelli piazza a destra una Pizza. Pizza che di nome fa Samuele e di ruolo sarebbe un mezzo destro. Per dare un doppio senso al cambiamento, pure a sinistra mastro Rastelli presenta una novità, non un renziano adattato (a sinistra) ma tale Mathìas Nicolàs Abero, uruguagio nazionale juniores mancino naturale. A garantire una nuova maggioranza inedita nel centrocampo dei verdi si aggiunge il brasiliano moderato e languido Romulo Togni. I rossoneri di Lanciano, compagine di accurata combinazione tattica (e cromatica) di anarchia e ordine, vengono messi in campo da messer Baroni con la stessa proposta dei locali, cinque centrocampisti a trafficare contro i cinque di Rastelli; ormai sembra un’abitudine degli allenatori avversari non concedere ai verdi la maggioranza di mischia. L’inizio di partita è già favorevole agli ospiti, semplicemente più pronti e più sciolti nei compattamenti e negli scivolamenti offensivi e difensivi. Nei primi venti minuti veramente non succede niente di emozionante, giusto qualche cross in area degli ospiti ben controllato dai difensori in maglia a strisce. Al minuto 22, quello dei pazzi, lo scapigliato austriaco Marcel Buchel salta in dribbling impromptu un paio di avellinesi e tira dai venticinque metri un pallone filante ma neanche troppo. L’angolo di tiro però è il sinistro, quello debole del perplesso Terracciano, che si allunga con difficoltà e senza difficoltà si fa superare sulle braccia dal pallone. Frentani in vantaggio e terza rimonta di fila da provare per gli irpini.[divider] Rimonta resa ancora più complicata dalla scenetta che viene rappresentata cinque minuti più tardi dal biondo caratterista Decarli, che prima barcolla su una tipica camminata goffa di teatro di varietà e fa scappare via Buchel, e poi, sull’improvvisata da sinistra dell’austriaco scaltro, va a sbattere sul povero Terracciano in recupero di posizione impedendogli di tornare in tempo al centro della scena per opporsi alla battuta di Germano. Lazzi ciociari e zero a due. L’Avellino inebetito vorrebbe tentare qualcosa ma non sa proprio cosa: il centrocampo è lento e diafano, la difesa sbandante, l’attacco insignificante. Così Rastelli prova a cambiare qualche strumento, fuori Pizza per Ciano e cambio di modulo. Tre punte in campo, oltre a tre centrocampisti e quattro difensori sulla linea di centrocampo a cercare di arrangiare il fuorigioco sistematico. Peggio che andar di notte! I virtusini cominciano a giocare la palla senza ostacoli, e senza ostacoli cominciano a presentarsi nello spazio di riflessione dell’amletico Terracciano. Il tre a zero arriva, ampiamente annunciato, al primo di recupero, sempre su iniziativa del tormento mancino Buchel, canzonatore di Decarli e acconciatore per il suo capitano Amenta del terzo colpo. Un colpo definitivamente apoplettico per i lupi istupiditi. Gli ottomila del Partenio-Lombardi sfogano la mortificazione con fischi roboanti, mentre i duecento frentani al seguito non credono ai loro occhi e assecondano l’ubriacatura cantando sogni proibiti. Il secondo tempo presenterebbe tre possibilità per gli studiosi della materia: rendere questa partita un’epica rimonta del calcio avellinese, renderla una disfatta altrettanto epica, mettere da parte l’epica e limitarsi alla cronaca spicciola. Vince l’opzione meno allettante, l’ultima, e infatti nella seconda parte non succede niente o quasi. Una sostituzione ridondante di vecchie conoscenze dei seguaci dei verdi nelle file del Lanciano, con l’applaudito trascorso capitano Di Cecco al posto del meno reputato Vastola; un golletto casuale di Gigino Castaldo su possibilità offerta dal generoso Biancolino; un’espulsione di tale Paghera troppo tardiva per stimolare soprassalti agonistici dei locali in campo e sugli spalti. Finisce quindi uno a tre. Negli spogliatoi Rastelli il pretattico svela l’arcano delle sue scelte (pre)tecniche mettendo in mezzo una dissenteria diffusa fra i suoi nelle ore prima della partita. Insomma, si sarebbe trattato di formazione fatta sulla scorta degli effetti della spremuta di limone. Vabbè, lasciamo perdere…
A ulteriore conferma della improponibilità di una sconfitta così tranchant contro avversari di estrazione (pallonara) così plebea, arrivano addirittura dall’Argentina le rimembranze italiane di Diego Maradona, memore televisivo di derby d’altro calcio e d’altri calci proprio con(tro) i cugini irpini. Grazie per il pensiero Diego, speriamo che Rastelli e i suoi ragazzi abbiano capito dove si trovano…[divider]Se vuoi ascoltare l’articolo letto dai nostri redattori clicca qui