
La
trentasettesima della Serie B riserva poco di bello alle due campane
Avellino e
Juve Stabia. La prima perde “inglesemente” a
Cesena e deve ancora vedersi fuori dalla batteria delle “altre sei”, cioè quelle dalla terza all’ottava della compagnia che in pieno clima brasileiro si giocheranno il terzo posto per la serie A dentro un cervellotico mini torneo estivo. La seconda, ovvero l’ultima in classifica, pareggia in casa contro il forte
Latina terzo in classifica e fa passare un pomeriggio non pessimo ai suoi seguaci più fedeli sugli spalti quasi nudi. Nel resto della compagnia il
Palermo vince a
Novara ed è già in serie A, l’
Empoli vince a
Brescia e ribadisce di voler seguire i palermitani appena possibile, il
Modena vince a
Siena sui banchieri in quasi rovina e dimostra di voler essere la sorpresona del finale, il
Bari vince a
Terni la quarta partita esterna consecutiva e ormai è lì a tentare l’impresa dei senza padrone. Anche in coda la trama è manifesta ma in pieno inviluppo, e allora gli ultimi cinque atti ordinari della lunga commedia si promettono quanto mai elettrizzanti e mozzafiato.[divider] Al Menti di Castellammare i gialloblè di capitan
Braglia incrociano i polpacci contro i neroazzurri del Latina. Il risultato sembrerebbe già scritto a favore degli ospiti e invece i ragazzi del capitano affondato tirano fuori una prestazione gagliarda e giudiziosa facendo un gran bel danno alle ambizioni più immediate dei pontini e un gran bel favore a quelle degli empolesi, adesso più seriamente secondi. La partita è bruttina e arruffona fin dall’inizio, con un primo tempo in cui le vespe sono comunque più a loro agio nell’aria umida di giornata rispetto ai pesanti avversari. Il gol dei locali arriva al quarto d’ora con il centravanti tuttofare
Doukara, bravo a scivolare su un cross dalla destra di
Zampano. Il Latina di mister
Breda non riesce a rispondere alla vitalità imprevista dei locali e per tutto il primo tempo arranca l’assenza dei suoi centrocampisti più dotati
Viviani e
Crimi; a tal punto che le vespe controllano la situazione e non disdegnano di allertare l’estremo ospite
Iacobucci con alcuni contropiede puntualmente bistrattati sul più bello. Il già assessore comunale
Breda capisce la pericolosità della piega e già prima della mezz’ora emette la prima ordinanza, fuori il 10 Gerbo e dentro il 9 Jefferson per dare più peso politico all’attacco. Tuttavia solo dal quarto d’ora della ripresa, dopo un paio di ottime opportunità capitate sulla testa e sull’alluce destro del vecchio
Di Nardo subentrato al giovane
D’Ancora, i ragazzi del Latina scorazzati al centro dal bravo Bruno prendono possesso della dinamica di conflitto cominciando a mettere dentro la propria area e a farcela restare la ciurma stabiese ormeggiante in barricata. Il pareggio più volte titillato (anche in armoniosa rovesciata) si concede a dodici minuti dalla fine, grazie a (Jesus)
Jonathas che con la crapa ovoidale butta dentro la porta via traversa un lento cross di Bruno dalla destra che i difensori dello Stabia però guardano senza far altro. Il finale di gara è molto vivace, sostanzialmente sconclusionato, e quindi entrambe le compagini vanno vicine al raddoppio, soprattutto il Latina che su un colpo a esito quasi sicuro di Jonathas deve forse porconare un tacchetto traditore dello scarpino di Laribi lì per caso ad alzarne al cielo la completa rimonta. Finisce uno a uno, l’ortodossa curva san Marco sospira in coro “meno un’altra” mentre i notoriamente liberali ultras pontini al seguito comunque applaudono. [divider]
Da qualche parte sulla via Emilia, si narra dentro un’arena chiamata “Dino Manuzzi” di probabile ubicazione in cittade de’ tre papi, i santi bevitori verdi di Irpinia risorti una settimana dopo pasqua vanno ad affrontare un drappello malmesso di Romagna in camicia bianca e brache nere. Vanno per
glorificarsi e per vincere una delle tante resistenze avverse allo sconfinamento dei verdi nella loro terra promessa, terra una volta già abitata per dieci anni ma che il volubile dio Eupalla, alfine corrotto dal “vescovo mancato” e di pedatori mercanteggiante in Pisa, volle togliere per un periodo mai precisamente stabilito. Bene, non è andata proprio come il nostro ironico (ma non troppo) preambolo mitologico vorrebbe far supporre. O meglio, è andata che il drappello di presunti ammutinati di stanza nella città dei tre papi ha dato una buona bastonata ai burbanzosi in casacca smeraldo ricacciandoli in patria pieni di lividi e della inclite meraviglia…Mastro Rastelli conferma la nuova impostazione tattica di calibro e cipiglio virtuoso, e mette di nuovo dentro dall’inizio i migliori della ditta a lavorare il calcestruzzo di centrocampo. Il buon Arini prende il posto di D’Angelo e fa da impastatore ai più fini gettatori Schiavon, Togni e Ladriere. La difesa si forma in linea di quattro tasselli compatti ma con i lati pronti all’avventura, l’attacco ancora disegnato sulle spalle larghe di Gigione Castaldo e Andreone il bulgaro. Il Cesena del pericolante Bisoli non azzarda geometrie proiettive e si presenta con un esagono piano e sempre regolare: tre difensori, cinque centrocampisti e due attaccanti in rigorosa fissità negli spazi. I cesenati in crisi ma pur sempre di ottimo nome cercano di far viaggiare il pallone più che muoversi loro, gli avellinesi meno rinomati si muovono di più allungando, accorciando e mescolando le distanze e i ruoli fra i reparti in apprezzabile sincronia. Non a caso nel primo tempo i rastelliani giocano meglio, sono più dentro la faccenda con i piedi buoni dei centrocampisti che spesso cercano e trovano punteri centrali e fluidificanti di fascia. Anche nel portamento difensivo i verdi non sfigurano e non soffrono granché le iniziative di D’Alessandro e Defrel, unici attivisti offensivi dei bianconeri di Romagna. Nonostante ciò una grande occasione i locali la creano e la sprecano con Defrel, sul cui tiro ravvicinato Seculin si oppone e Garritano regala poi il pallone alla sua bella curva. L’Avellino è più assiduo nella zona di porta del Cesena e, fra molti tiri un po’ così, due comunque passano vicinissimi al palo destro del portiere Coser, di Arini di classe e di Zappacosta di potenza le gittate. La prima parte si chiude zero a zero e le speranze ospiti per la seconda non sono malvagie.[divider]Nel secondo tempo invece l’Avellino inizia a rimpicciolirsi e il Cesena a crescere; e per mettere un po’ di polemica nella cronaca diciamo pure che la crescita dei locali è aiutata molto da una difficile sbracciata del portiere Coser su tiraccio della mezzala Schiavon, nonché da un gancio a tradimento del Coppola “piccolo e malecavato” sul naso del terzino Pisacane, prodezza che l’arbitro non vede e non punisce. La crescita così incoraggiata si fa sorpasso al 65’, quando lo spilungone Camporese si catapulta su un traversone dalla destra di Gagliardini, risvolto di un corner corto macchinato da D’Alessandro, per colpire di capo frontale il pallone di gioco e di capo laterale la capo di Izzo. Il pallone finisce in rete e la capoccia di Izzo alle cure dei sanitari. Passano nove minuti, i verdi sono in destabilizzazione e Garritano, che brasiliano non è semmai cosentino, si atteggia a dribblomane e induce Peccarisi al fallo: rigore per lui e secondo giallo per l’altro. Il rigore ci starebbe pure, ma l’ammonizione no. Lo stesso Garritano calcia la massima punizione e supera a fatica Seculin. Due a zero, Avellino con un uomo in meno e Cesena in carrozza fino alla fine. I prossimi due turni prevedono che i verdi d’Irpinia giocheranno in casa contro Spezia e Trapani. Se son rose fioriranno fra sabato pomeriggio e martedì notte…