
Terza di ritorno nel campionato italiano di serie B e solita indecifrabilità apparente di risultati.
Avellino e
Juve Stabia nostre sole rappresentanti fanno il secondo 1-1 consecutivo e, ciascuna a modo suo, devono leccarsi le ferite. Ferite diverse s’intende, e di diversa gravità. Il lupo, pur conquistando un buon punto fuori casa, riporta una ferita emotiva ispirata dal rammarico di una prestazione che avrebbe meritato di più in soldoni di classifica. Le vespe invece avranno da curare una ferita più grave e sanguinolenta, aperta dal pareggio a domicilio contro una diretta concorrente per la salvezza, pareggio che francamente nulla aggiunge (ma qualcosa toglie) alle speranze di terza cadetteria consecutiva.[divider] Nell’ovale Libero Liberati di Terni, le fere autoctone si trovano di fronte i lupi irpini. Dovrebbe essere proprio un azzuffamento fra bestie feroci, senza troppi riguardi alle tattiche ragionate, e infatti i due branchi in campo non tradiscono le attese. Le fere nel suggestivo rossoverde a strisce e i lupi nel trasfertista biancoverde spezzato. I lupi soprattutto cercano il morso cattivo, e nel primo tempo le fere salvano la pellaccia in almeno cinque cariche. Gli ospiti al contempo tengono sotto controllo i tentativi dei locali che, pur dimenandosi parecchio, non riescono mai a far davvero paura a
Terracciano, portiere flemmatico e lasciato in pace nella sua flemma. Soprattutto l’esuberante
Castaldo cerca di sfregiare la porta avversaria, e sfida a duello il portiere ternano
Brignoli, che comincia a opporsi ai primi tentativi di capoccia e di collo(piede) del Gigino in grande forma. Il bulgaro
Galabinov non vuole essere da meno del compagno di reparto e crea anche lui due spaventi ai tifosi locali, sul secondo tranquillizzati da Brignoli versione Garellik.[divider] Al riposo zero gol a zero e cinque quasi gol a uno per l’Avellino. Ma il pallone tante volte è crudele, beffardo e felino (altro che lupi e fere) nei suoi improvvisi sbalzi di umore. E l’umore della partita, pur non subendo particolari avvisi di destabilizzazione, sembra cambiare davvero all’undecimo della seconda parte, quando il virgulto
Pisacane (proprio lui, accusato di tradimento da una fazione degli ultrà ternani) in area da rigore adagia a terra da tergo il “culopesante”
Antenucci. Rigore (mah). Lo stesso attaccante offeso nelle chiappe si incarica del tiro franco e supera l’incolpevole Terracciano. Adesso i seimila presenti nel pomeriggio a tinte d’acciaio (embè, siamo a Terni…) si attenderebbero un cambio di rotta deciso del match, o almeno una Ternana incoraggiata dal vantaggio estemporaneo. E invece tutto ritorna come un minuto prima, Avellino in costruzione e Ternana in demolizione. Mastro
Rastelli, seguendo il più semplice degli istinti pallonari, cambia immediatamente un centrocampista per una punta, così dichiarandosi apertamente innervosito per l’accaduto. E cinque minuti dopo il gol rossoverde, sulla continuazione di un calcio di punizione dalla trequarti apparentemente sprecato, la sfera gialla (orrore del calcio contemporaneo) capita fra i piedoni istruiti di
Galabinov che, con un destro a metà fra un pallonetto e un delpierismo, uccella il Brignoli (finalmente) interdetto. I sette/ottocento tifosi dei verdi al seguito riprendono calore umano e fiducia in una giustizia qualsiasi. Da qui alla fine l’andamento delle ostilità non cambia granché, con i terzi in classifica a cercare il colpo risolutore in maniera più costante. A dire il vero, anche i guastatori (è il caso di dire) del venetissimo Tesser arrivano a sfiorare il nuovo vantaggio con un tiraccio mancino da fuori area del mezzo Zito. Scampato il bidone, tuttavia i verdi non recedono dalla loro idea di vincere la partita, e gli ultimi quindici minuti comprensivi del recupero danno proprio l’impressione dell’assedio, un assedio straniero al fortino indigeno. In due avanzate gli assediati sembrano proprio sul punto di alzare bandiera bianca, e così sarebbe se non ci fosse l’estremo Brignoli a salvare patria e pareggio. A Gigino Castaldo e a trattore Zappacosta le braccia smaniose di librarsi in aria per l’esultanza si bloccano sulla testa, a inscenare disperazione e a lisciarsi i pensieri biliosi. Finisce in pareggio, ma i lupi sono ancora lì a fare i terzi della classe. [divider]

Al quartiere San Marco di Castellammare va in scena
Juve Stabia-Reggina, due squadre che stanno affannosamente cercando una continuità di risultati utili, e che non a caso sono ultima e terz’ultima in graduatoria. Invero la Reggina viene da due vittorie consecutive dopo l’insediamento del nuovo (doppio) allenatore Gagliardi-Zanin. Nel partito stabiese, i militanti gialloblu dimostrano di credere nelle parole di salvezza del sergente Pea e affollano in buon numero le gradinate del Menti. La partita all’inizio è bloccata e poco vivace, anche se le vespe (in divisa troppo scura, più simili a calabroni) si fanno preferire per trame di gioco e (accenni di) pericolosità offensiva. Gli uomini di Pea tengono di più il pallone rispetto ai calabresi e, soprattutto con i corridori di fascia Zampano e Liviero, mettono pressione alla retroguardia ospite. Nell’ultimo quarto d’ora del tempo i calabroni, pardòn, le vespe, si fanno più moleste, ronzano assiduamente nell’area reggina e con Di Carmine e Falco (traversa col solito mancino) preannunciano agli amaranto (ma di bianco vestiti) una ripresa tutta da lottare. [divider]E infatti la squadra di
Gagliardi-Zanin, evidentemente cicchettata negli spogliatoi, sbuca sul subbuteo del Menti per prendere di petto il secondo tempo, che comincia effettivamente con una Reggina più presente in fase offensiva e col talentuoso
Di Michele meno apatico e più partecipe all’evento. Quindici minuti di tira e molla fino a quando entra in campo
Di Nardo, ultimissimo rinforzo della Juve Stabia, preso dall’Ischia in C2 (“seconda divisione” per i minorenni) dove era finito per motivi a noi ignoti. E infatti Totò il breve, navigato attaccante della provincia campana e veneta con qualche puntata in Puglia e Lazio, impiega tredici secondi per farsi riconoscere dal pubblico, e soprattutto per nascondersi ai difensori reggini. Punizione battuta dal sempre buono Caserta e il più piccolo di tutti a prenderla di testa e portare in vantaggio i suoi. Esultanza quasi stupita del trentacinquenne di Marano e dei suoi compagni. Per non parlare dello stupore (eufemismo) dei marcantoni difensori della Reggina…Reggina che sembra accusare il colpo, anzi, lo accusa decisamente. Gagliardi-Zanin tolgono di mezzo il sierraleonese Strasser e buttano nella pugna il “nove”
Gerardi, nel tentativo di aumentare il peso dell’attacco; la scelta dell’allenatore bifronte si rivela azzeccata, il centravanti pennellone subito comincia a prenderle di testa e a infastidire i difensori di casa, che peraltro non hanno fama di grandi annientatori di centravanti. Comunque è ancora la Juve Stabia a giocare meglio e a minacciare il portiere ospite
Pigliacelli in almeno due sortite, nella seconda delle quali il “nove” stabiese
Di Carmine fa tutto quello che deve fare un buon centravanti, tranne colpire la traversa. Secondo legno orizzontale per i locali, seguito da uno molto casuale colpito dagli emissari di Scilla su una mezza papera del superficiale (nella circostanza)
Benassi.[divider]

E insomma, la partita si avvierebbe alla conclusione con la Reggina in avanti senza tanta convinzione, e con i tifosi delle vespe (brune) che già cominciano a sommare i tre punti al misero bottino di quest’anno. A sei minuti dalla fine però, su un “ballonzolante” dal fianco sinistro stabiese di tale (neo-entrato)
Sbaffo, i difensori centrali si sbaffano la prestazione e la coscienza lasciando Gerardi solo soletto ad appoggiare in rete di piattone destro. Il piccolo Di Nardo di testa prepotente e il lungo Gerardi di piede misurato, anomalie di questo gioco…Gli ultimi minuti diventano bellissimi in quanto gran casino, con la Juve Stabia che vorrebbe reagire alla botta improvvisa e la Reggina che vorrebbe dare seguito alla botta di buona stella. Lo stopper reggino
Lucioni si fa espellere per un fallo di stanchezza a centrocampo, eppure la Reggina va vicina alla vittoria, prima con il giovevole (alla causa reggina) Sbaffo dalla distanza e poi con un’imbucata di contropiede in cui Benassi è bravissimo a catapultarsi sui piedi dell’uomo in bianco che gli si para davanti. Anche lo Stabia va a cercare la gloria della vittoria, ma la nuova coppia d’attacco Di (Carmine e Nardo), di segnare non ne ha più la forza e la lucidità. Parità. I reggini si abbracciano, gli stabiesi si isolano.