
E adesso chiamatela ancora “Coppa Rica” se avete il coraggio!… Al Mondiale del Brasile l’Italia di Prandelli Cesare l’etico utilitarista scade di forma e di pensiero e fa una figuraccia contro la Costa Rica, sfottuta Coppa Rica, novella variabile impazzita del girone D e versione moderna del fantasma coreano dei Mondiali del ’66, quando la regina d’Inghilterra era Pelé… Si gioca a Recife, la città di Paulo Freire (La pedagogia degli oppressi) e di tanti pedatori famosi: Vavà del famoso trio (Didì Vavà Pelè, “siti ‘a uallera ‘e Canè!” dissacravano al San Paolo napoletano) Rivaldo (vicecampione del mondo 1998 e campione 2002), Juninho Pernambucano (quello delle punizioni a effetto discendente da cui Pirlo dice di aver copiato), Hernanes (“il profeta” accolto dalla Lazio e ora dall’Inter). Nordest del Brasile, Stato di Pernambuco, venerdì 20 giugno, stadio Arena Pernambuco, spettatori molti non moltissimi, ore 13.00 locali, caldo umido sui 30 gradi. Noi veniamo dalla bella (e fortunata) vittoria contro gli inglesi, i costaricani dalla vittoria ancora più bella e sorprendente contro gli uruguaiani. Chi vince quasi sicuramente vince il girone, dovremmo vincere noi ma non andrà così. Il nostro ct conferma il modulo amazzonico con quattro difensori, tre registi (un regista e due aiuto-registi), due mezzeali e una punta, ma cambia qualche parte mettendo Abate a destra, Darmian a sinistra, Chiellini in mezzo alla difesa, Thiago Motta in mezzo al campo; rispetto ai titolari di Manaus escono Paletta e Verratti, due ultimi arrivati (difficile toccare i senatori, soprattutto se juventini), ed entrano Abate e Motta. Il ct dei ticos Jorge Luis Pinto, tarchiato e sudante nel suo completo blu debordato da maniconi rococò di camicia bianca, conferma uomini e schema del partidazo contro l’Uruguay. I nostri entrano in campo con la prosopopea di quelli che tutto gli è dovuto: vittoria, primo posto e tabellone agevole degli scontri diretti. I costaricani invece entrano in campo con la convinzione di quelli che sanno di dovere ancora conquistarsi tutto: punti, desideri e gloria. La partita è inevitabile conseguenza di questa differenza d’animo e di spirito agonistico, e se i nostri un po’ sono pungolati dal gol di Ruiz alla fine del primo tempo, i loro sono molto sobillati dallo stesso gol fino ad aumentarsi ancora la differenza di grinta e di baldanza fra i due gruppi in campo. Il resto lo fa il caldo tropicale, a cui noi non siamo abituati e, casine o non casine ipertecnologiche, se non ci nasci o (non) ci vivi non ti abitui.
Loro invece, centroamericani e coll’estate tutto l’anno, sono abituati e si vede, corrono più di noi ma sbuffano di meno, giammai si piegano colle mani sulle ginocchia a riposarsi i polmoni. Per quanto siano poco meno di cinquecentomila i cristiani residenti in Costa Rica, la loro squadra nondimeno ha una crescente tradizione futbolìstica continentale e mondiale, segno che ci gioca ha sempre voglia di farlo. E poi l’Italia deve portargli bene visto che ai Mondiali nostrani del ’90 la squadra dei mitici Medford e Juan Cayasso, e dell’allenatore mattatore Bora Milutinovic, arrivò fino agli ottavi di finale dove cedette con onore alla Cecoslovacchia unita nell’ultimo suo canto socialista. Altri tempi e altro calcio, già moderno ma non ancora fuori tema. Tornando al presente, secondo noi i calciatori delle nazionali e il loro “proletarissimo” sindacato internazionale avrebbero dovuto opporsi agli orari assurdi delle partite imposti dalla FIFA e dagli sponsor. Per (almeno) due motivi. Il primo riguarda il trattamento coloniale riservato ai brasiliani e più in generale ai latinoamericani costretti a guardare le partite agli orari comodi solo per i prepotenti europei. Il secondo riguarda la tutela delle condizioni ambientali migliori per giocare a pallone e per fare sport. Oibò, su entrambi le questioni i prestipedatori a sei zeri hanno abbozzato, sarà perché hanno capito che i loro redditi tipo prodotti interni lordi sono concepiti (e lordati) dal sistema esistente?…Allora Marchisio e tutti i protestatari a convenienza stiano zitti per favore, dovevano ricordarsi prima. Il nostro primo tempo contro la Costa Rica è apatico e vuoto, tanti passaggetti fra i nostri tre registi anchilosati che fanno tanto possesso palla ma nessun lancio buono o simile per Balotelli e gli altri che a fatica vengono da dietro.
Pirlo passeggia eppur predica qualcosa mentre De Rossi passeggia e ogni tanto intercetta per caso qualcosa. Il terzo regista, lumacone Motta, è sinceramente dannoso alla causa, a un certo punto si alza pure i bordi dei calzoncini dentro l’elastico delle mutande come a mostrare a tutti la sua smania da caldo insopportabile; gli anziani fanno così…Alle spalle dei registi, il bastione Buffon-Barzagli-Chiellini è traballante e non trasmette sicurezza alla nazione, Abate è falloso e Darmian limitato dal cambio di fascia. Ai lati dei registi, Candreva e Marchisio non trovano tempi e spazi di giocate e di inserimenti, quindi corrono pure ma a vuoto. In avanti Balotelli è solo contro tre che a volte diventano cinque. I ticos non snaturano la loro natura accorta e fanno mucchio a centrocampo riuscendo spesso a sporcare e a fermare i triangoli complicati azzardati dai nostri metodisti che, senza la mobilità di Verratti, si trovano a pasticciare geometrie troppo lunghe e irregolari. Nonostante l’afosa confusione subito dopo la mezz’ora abbiamo due ottime opportunità con Balotelli, che la prima la manda in vacca in maniera ignobile (anche in considerazione del lancio al volo di Pirlo che la provoca), la seconda la usa meglio tirando dal limite d’area forte però centrale così consentendo al portiere Navas di prenderla. Entrambe le situazioni nascono anche dalla difesa alta dei costaricani che fanno un fuorigioco non sistematico ma ricorrente.
Al minuto 37 l’attaccante Bolanos fa il primo tiro dei suoi bene indirizzato verso la porta di Buffon e che comunque non entra per il tuffo basso del nostro portiere in arancione. Nota a margine ma non troppo: perché non restaurare la storica maglia grigio argento del portiere della Nazionale? Quella di Zoff, Galli e Zenga? Era semplice ed elegante, oltre che storica… Dopo il tentativo di Bolanos gli uomini di Pinto prendono ulteriore coraggio e al 44’ un cross dalla sinistra del mancino Diaz spiazza Chiellini e Buffon, fra i due titubanti si insinua deciso il capitano dei ticos emigrato in Olanda Bryan Ruiz che di corna precisa segna con la sponda della traversa. Un minuto prima ci sarebbe pure un rigore per la Costa Rica causa fallo di anca e poi coscia di Chiellini, seguente a suo liscio clamoroso, ai danni del centravanti Campbell in procinto di stoccare; l’arbitro cileno Osses vede ma forse fa finta di non vedere. Dopo il gol non c’è il tempo per noi di abbozzare un’indignazione e i nostri filano dritti negli spogliatoi alla ricerca di ristoro fisico e di prevedibile cazziatone mentale. Gli azzurri si ripresentano sul terreno dell’Arena con Antonio Cassano al posto di Thiago Motta, ergo con una punta di pochissimo movimento in luogo di un centrocampista di lentissimo movimento. Vantaggi a noi apportati dalla mossa tattica di Cesare: nessuno. Cassano piazza la sua pancetta fra metà cerchio di centrocampo avversario e un po’ prima della mezzaluna dell’area di rigore avversaria, in quei venti metri vorrebbe tirar fuori il miracolo dal cilindro. Non cava fuori un bel nulla e temiamo che Cesare lo abbandonerà per sempre. Entrano pure Insigne per Candreva e Cerci per Marchisio ma lo spettacolo deprimente non muta, se possibile peggiora. Insigne sono più quelli (i palloni) che liscia di quelli che riesce a stoppare, corre sulla fascia sinistra ma, da solo, non combina niente di interessante se non qualche fuorigioco rivedibile.
Cerci come al solito in nazionale gioca nervoso e ansioso di dover dimostrare il suo talento, che non riesce a liberarsi dei lacci che sembrano castrarlo in maglia azzurra (e se il nostro provasse a giocare con la maglia del Toro di sotto?), e comunque anche lui è lasciato solo a vedersela contro il doppio e triplo avversario di fascia destra nostra. La nostra rappresentativa, alla moscezza ordinata del primo tempo aggiunge squilibrio e “lunghezza” nel secondo, lasciando molte disponibilità di spazi agli avversari che se avessero altra stoffa di centrocampisti e attaccanti ce ne farebbero altri. Noi in tutto il secondo tempo facciamo un tiro di Darmian da fuori e defilato che il lungo Navas mette in corner più per sicurezza che per necessità, e una punizione che non c’è (teatrale “cassanata”) di Pirlo che il portiere allontana con i pugni. Nel recupero è tale Brenes a sfiorare il raddoppio che ci avrebbe gettato nella disperazione più nera. Difatti, con la sconfitta di misura ci restano comunque due risultati su tre contro l’Uruguay per passare il turno almeno come seconda del girone. La partita è fissata per martedì 24 a Natal del Rio Grande do Norte. Ancora all’una del pomeriggio. Speriamo che piova…