[dropcap]D[/dropcap]opo il crollo della palazzina alla Riviera di Chiaia a Napoli, avvenuto lunedì 4 marzo 2013, ritorna sulla cresta dell’onda il dibattito sulla sicurezza statica degli edifici. Allucinanti, a tal proposito, sono i dati emersi da una denuncia del Sindacato medici italiani (Smi) che riprende l’ultima indagine della Commissione Parlamentare sull’efficienza del Servizio Sanitario. Da una ricerca a campione su 200 ospedali, risulta che, nel caso di un sisma di 6,2 o 6,3 gradi Richter, il 75% dei sanatori italiani addirittura si sgretolerebbe mentre il 60% sono a rischio nell’ipotesi di un terremoto di lieve entità. Eppure la normativa c’è: infatti dopo il terremoto del 2002 del Molise e della Puglia, l’Italia intera è stata riconosciuta a rischio sismico e così suddivisa in quattro zone di diversa pericolosità. La legge del 14 gennaio 2008 sulle costruzioni, tecniche e materiali antisismici, è tutt’oggi obbligatoria. Questo significa che le strutture pubbliche necessitano di severi controlli e di relativi provvedimenti laddove necessario. Studi su studi, perizie su perizie, denunce su denunce ma per quanto riguarda gli ospedali, ancora non è stato preso alcun provvedimento. Così some rivelano i dati riportati, prima dalla Protezione Civile e confermati poi da un’inchiesta parlamentare,che evidenziano come le strutture sanitarie italiane siano davvero troppo vecchie, addirittura “museali”: Il 9% di esse sono state costruite nell’Ottocento in età napoleonica; il 15% risalgono alla prima guerra mondiale ed il 35% è stato costruito durante la seconda guerra mondiale. Il vero problema è che nessuna di queste costruzioni è sottoposta ad una giusta manutenzione preventiva. Il presidente nazionale e il segretario organizzativo regionale dello Smi, Giuseppe Del Barone e Mario Iovane hanno dichiarato in merito:
E’ un fatto gravissimo. L’ospedale dovrebbe essere il luogo più sicuro, dovrebbe garantire il massimo della tranquillità ai pazienti e ai professionisti che vi operano. E invece ci troviamo ancora di fronte a situazioni di profondo degrado che addirittura mettono a rischio la vita delle persone. Non si possono non avere negli occhi le immagini strazianti di quanto successo a L’Aquila, la storia dovrebbe insegnare
Alla “lista nera” degli ospedali a rischio crollo, appartengono strutture distribuite lungo tutto l’arco appenninico, nella zona dell’Italia centrale e soprattutto nel Meridione, in particolare Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.[divider] Partendo dal Nord, un caso eclatante è rappresentato dall’Ospedale Maggiore di Parma con la sua clinica pediatrica inaugurata nel 1920. Nel febbraio 2013 sono piovuti calcinacci dall’intonaco per fortuna senza procurare danni a persone. Dopo l’incidente anziché provvedere alla manutenzione, sono state semplicemente chiuse 4 stanze per motivi di sicurezza. Segue poi il Molise, già straziato gravemente dal crollo della scuola di S.Giuliano di Puglia del 31 ottobre 2002 e nel quale persero la vita 27 bambini. Tuttavia chi amministra la regione non sembra aver imparato la lezione: il rischio crollo per l’ospedale Cardarelli di Campobasso è altissimo. “L’edificio non starebbe in piedi nemmeno con una scossa di medio-lieve entità”, ha detto e scritto il professor Michele Mele, ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso La Sapienza di Roma. Infine la Campania con la maggior parte delle strutture irregolari.[divider] In primis l’ospedale Ss. Annunziata di Napoli, dove due ale del complesso risalgono al 1889, ovviamente non a norma, senza manutenzione e investimenti, è stato definito il nosocomio più pericoloso di tutta la regione. Segue a ruota la singolare irregolarità di una nuova costruzione: l’Ospedale del Mare, evidente frutto della malamministrazione. Il progetto è stato ideato per abolire i costi di spesa sanitaria che altri ospedali non riescono a sostenere e così dovrebbe inglobare l’ Ascalesi, il Loreto Mare, il San Gennaro e gli Incurabili. Il proposito del ‘mega ospedale’ è stato proposto ai tempi di Antonio Bassolino ed è proceduto, nella sua realizzazione, con estrema lentezza a causa di vari stop ambientali. Il vero problema è che sorge a soli 7,7 chilometri di distanza dal Vesuvio, nella cosiddetta “zona rossa” ovvero quella di massimo rischio per la possibile eruzione del vulcano. “La cosa più grave – hanno detto Del Barone e Iovane – è che non è mai stata fatta una ricognizione organica sulla sicurezza statica di tutte le strutture ospedaliere d’Italia e della Campania. Conosciamo l’attenzione del presidente Caldoro per queste tematiche e a lui facciamo appello affinché si prepari un rapporto preciso e dettagliato sulle negatività degli ospedali campani e si proceda con un piano di interventi per metterli in sicurezza”.
La situazione è a dir poco disperata, i luoghi di cura rappresentano trappole mortali e, come se ciò non bastasse, in queste settimane si stanno registrando numerose scosse sismiche in numerose regioni italiane….le tragedie continueranno ad essere annunciate?
Bruna Di Matteo