[dropcap]E[/dropcap]siste la cattiveria pura? Purtroppo si. La cattiveria, quella malata, quella autentica senza alcuna motivazione esiste. A testimonianza di questo orribile “sentimento” sono le storie e le tragiche vicissitudini di più di 50 cani ospitati presso un rifugio nei pressi di Napoli. Una struttura che vive nel paradosso, una struttura che opera per il bene degli animali ma che allo stesso tempo è costretta a restare nell’anonimato. I motivi? “Se non restiamo nell’anonimato non possiamo fare quello che facciamo”, queste le parole di Rossella, una volontaria del rifugio, ai microfoni de Linkazzato.it. Nonostante i cani siano ben curati ed in ottima salute grazie all’operato dei membri del ricovero, come anche constatato da noi de Linkazzato.it, il complesso non è a norma e per diventarlo ha bisogno di almeno 50mila euro. Impresa ardua, trovare il denaro necessario, dato che tutte le spese sono destinate per la cura degli amici a quattro zampe. Nello specifico, a proprie spese, gli operatori si occupano della sterilizzazione, dei farmaci, dei microchip, dei viveri ed addirittura dei ricoveri per alcuni cani trovati in pessime condizioni. Lo scopo è quello di curare e di rendere “adottabili” gli animali che il più delle volte vengono trovati in condizioni spaventose e frutto di torture impronunciabili.[divider] Con tutte queste incombenze, ovviamente, mettersi a norma risulta una spesa impossibile da sostenere perché i cani ci sono ed hanno bisogno di cure immediate e costanti. La delicata situazione è scaturita da una scelta che i volontari hanno dovuto affrontare: o versare il denaro per la messa a norma o per il salvataggio degli animali. Ovviamente la vita è un bene troppo prezioso rispetto a tutti gli iter burocratici esistenti, così il rifugio in questione si è trovato ad operare fin da subito salvando più di 130 cani. Gli operatori dunque si appellano ai cittadini per ricevere aiuto e sostegno, non solo in termini monetari, che permettano di portare avanti la loro“missione”che, sopratutto ora con l’avvicinarsi degli esodi estivi, sta diventando sempre più difficoltosa. Infatti il ricovero continua a riempirsi rasentando la saturazione, di pari passo lievitano anche le spese e quindi l’idea della messa a norma si allontana sempre più. D’altro canto le Istituzioni non possono essere rese partecipi delle difficoltà e delle problematiche quotidiane perché di fronte ad una struttura “fuori legge” si rischia il sequestro ed i cani verrebbero trasportati nei canili dove, come spiegato dagli intervistati, andrebbero incontro a morte certa.[divider] Ma non finisce qui: dall’incontro è emersa anche una nuova”moda” truffaldina che sta dilagando nel capoluogo campano: infatti per spillare soldi ai cittadini, alcuni criminali picchiano selvaggiamente il povero cane di turno. Così alle persone che, impietosite, cercano di fermare il selvaggio pestaggio viene richiesto il pagamento di una somma di denaro irrisoria, anche di 20 euro. Ma una volta liberato dai “boia”, nessuno adotta l’animale che sistematicamente viene destinato al canile o in una struttura come quella in questione. Nonostante i drammi vissuti da questi piccoli amici a quattro zampe, nonostante la sofferenza, nonostante il sangue, nonostante le mutilazioni che l’uomo ha inflitto loro per puro ozio, questi cani continuano ad amare. La loro allegria, le loro feste, i loro salti di gioia, la loro incapacità di odiare ed il bene indiscriminato ed incondizionato che dispensano a chiunque, fa di questi cani esseri superiori e modelli da seguire.
Intervista a Rossella, gestore del rifugio costretto all’anonimato
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Di seguito due storie vissute dai cani salvati dal rifugio. Come loro tanti altri animali sono stati vittime della “follia” umana….
” Quando mi hanno trovato, ero in una di quelle stradine che portano al rifugio, quasi sotterrato dentro ad un fosso, legato vicino ai rami di un cespuglio, la catena era così corta che non mi permetteva nemmeno di alzarmi, ero sdraiato lì da giorni, ormai non ce la facevo quasi più, ero disidratato, guaivo, e mi chiedevo perché? Come mai mi ero meritato questo! Ad un certo punto, sotto il sole battente di una mattina di Agosto, sento dei passi, fiuto odore di umani, li vedo a malapena, comincio a scodinzolare, e nonostante fosse stato un umano a ridurmi in quello stato, il mio fiuto mi diceva di fidarmi di loro e mi sono mostrato quel che sono, docile, pieno d’amore da dare, in quel momento ad uno in particolare, al mio “salvatore”, si chiama Giacomo, è stato colui che è sceso dentro al fosso a recuperarmi, il primo a cui ho dato la mia riconoscenza (l’ho slinguazzato a più non posso). Oggi e per sempre devo abbaiare grazie a loro che mi hanno salvato la vita. All’inizio ho patito le sofferenze della sindrome dell’abbandono, mi strappavo i peli e la pelle a morsi, perché non accettavo quello che mi era accaduto, mi sono dovuto ambientare, i primi giorni è stata davvero dura, poi con l’amore e le cure dei tanti volontari sono ritornato ad essere un cane allegro, socievole, intraprendente, generoso, protettivo nei confronti di tutti i miei compagni d’avventura (pelosi come me e non…), prendo le difese di chi è in difficoltà, sono quello che mette pace quando si litiga per una crocchetta o per un giochino..”
“Era un freddo sabato sera di Novembre, si sentono in lontananza colpi di arma da fuoco. Mi hanno sparato, mi accascio a terra stordito e dolorante! Un umile, ma crudele contadino di quelle zone non si sa perché ma d’improvviso, mentre camminavo insieme ad una mia compagna di avventure, ci ha sparato contro, forse la nostra innocua presenza gli dava così fastidio da pensare bene di toglierci di mezzo. La mia fedele amica riesce a scappare, la vedo a malapena perché i miei occhi diventavano sempre più pesanti, volevano chiudersi per forza, quando d’un tratto sento un vento caldo sul viso, era lei che era tornata indietro a rassicurarmi, con la sua lingua mi diede un dolce bacino che mi fece riaprire per pochi istanti gli occhi, il tempo necessario che servì per farmi capire che non mi avrebbe lasciato morire li per terra! Ed infatti mantenne la sua promessa, dopo pochi minuti accorsero delle persone, e mentre mi trasportavano si chiedevano che fine avesse fatto quella dolce e coraggiosa cagnolina che affannata si era avvicinata a loro facendogli capire che a pochi metri c’era il suo amico in pericolo di vita. Non l’hanno più trovata, credono ancora sia stato il mio angelo custode, dicono che come esistono angeli con le loro stesse sembianze, anche per i cani è così. Io invece so per certo che esiste davvero e ogni giorno nei miei momenti di “isolamento” prego per lei e mi auguro che come me stia bene e al sicuro dai pericoli della strada. Io come pochi sono stato fortunato, sono ancora zoppicante e rimarrò così a vita, ma almeno qui rifugio con le tante cure dei volontari, posso dire che non corro più alcun pericolo. Sono solo in attesa che qualcuno si accorga di me e mi permetta di condividere la gioia di un padrone che mi coccoli, girovagando insieme per le strade senza avere più paura che qualcuno mi possa di nuovo sparare contro“.
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Bruna Di Matteo