

[dropcap]C[/dropcap]ucinare in una sezione carceraria di massima sicurezza non è proprio come farlo a casa. Manca tutto, dalla macchina del gas al frigorifero, agli utensili di prima necessità. Ma non scarseggia l’ingegno e la pazienza, quella ”obbligata e necessaria per sopravvivere per sempre in cella”. La pizza, ad esempio, viene fatta lievitare per due tre ore sul televisore acceso che emana calore. La si stende con il manico di una scopa lavato in acqua bollente e usato come mattarello. La si cuoce poi in una padella sul fornellino da campeggio. Ma per ottenere un fuoco più vivo si possono usare anche due fornellini accoppiati. Il libro “Cucinare in massima sicurezza”, che esce per le edizioni Stampa Alternativa a cura di Matteo Guidi che ha raccolto le ricette dai detenuti condannati all’ergastolo, non è solo un volume di ricette ma anche una guida alla sopravvivenza. Il testo riporta i metodi utilizzati all’interno delle celle per cucinare con le poche risorse alle quali si ha accesso. Dunque ogni ricetta, prima degli ingredienti, fornisce istruzioni per realizzarla. [divider]Utensili da cucina che nei ricettari restano solitamente omessi, poiché è scontato esserne in possesso, diventano qui il filo rosso del libro nel quale si descrive e si illustra sia la costruzione che l’utilizzo. Dunque i lacci delle scarpe legano la pancetta arrotolata per la stagionatura mentre uno sgabello con sopra il fornellino e adeguata copertura può diventare un valido forno. Certo, per svuotare le melanzane con il coltello di plastica, l’unico a disposizione in cella, è necessaria molta pazienza, ma tra una chiacchiera e l’altra il tempo passa e stare insieme è anche il bello della cucina. Ovvio che le ricette non sono da Manuale dell’Artusi ma in questi tempi di crisi riscoprire cibi semplici, casalinghi può far bene a tutti. Ma è giusto che gli ergastolani possano godere di alcuni piaceri della vita? E’ giusto alleviare le pene di questi criminali? L’opinione pubblica potrebbe a questo punto dividersi: c’è chi potrebbe pensare che i carcerati non meritino alcun tipo di appagamento e c’è chi invece potrebbe credere l’esatto contrario in nome del recupero e del cambiamento delle persone e della dignità umana. E voi da che parte state?
Bruna Di Matteo