[dropcap]I[/dropcap]n Italia nasce la prima retina artificiale realizzata con materiali organici e biocompatibili. La nuova tecnologia è frutto della ricerca e degli studi del team di ingegneri e ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova guidati da dott. Fabio Benfenati ed in collaborazione con il gruppo del Centro per le nanoscienze e tecnologie di Milano coordinato dallo scienziato Guglielmo Lanzani. L’innovativa protesi, come illustrato dalla rivista scientifica Nature Photonics, ha avuto origine da un’intuizione dei ricercatori basata sull’analogia tra la struttura di una proteina che provoca la sensibilità della retina alla luce , con quella del P3HT (Poly 3-Hexylthiophene), un polimero semiconduttore composto da carbonio, di comune impiego nelle celle solari organiche. Dal punto di vista scientifico lo strato di polimero, colpito dalla luce, funziona come un fotorecettore artificiale, stimolando i neuroni della retina, anche se non è ancora in grado di “percepire” tutte le frequenze luminose.[divider] Per ora, i risultati ottenuti provengono da studi condotti su retina prelevata da ratto, i cui coni e bastoncelli, gli organelli sensibili alla luce, erano danneggiati. La retina è stata applicata su un substrato di vetro rivestito con un metallo conduttore trasparente, l’ossido di indio-stagno, e con la molecola organica di P3HT. Anche se presenti ancora delle limitazioni, gli scienziati sono ottimisti sicuri che questo tipo di “invenzione” sia una valida e vantaggiosa alternativa ai prototipi di retina in materiale artificiale a base di silicio, come spiega Benfenati riguardo ai vecchi impianti sintetici:
Necessitano di microtelecamere che acquisiscono le immagini e le cui informazioni devono essere elaborate da un computer ed inviate alla retina artificiale. Inoltre queste protesi devono essere alimentate da batterie, mentre la versione italiana ha il vantaggio di essere autonoma quindi non necessita di batterie o altri sistemi che la alimentino, ha la capacità di stimolare i neuroni e non produce calore, a differenza delle altre protesi retiniche
L’apparecchio è pronto per la sperimentazione animale e fra 3-5 anni si potrebbero avviare i primi esperimenti sull’uomo. Evento eccezionale che conferisce un ennesimo merito alla ricerca italiana e che soprattutto regala una speranza in più a tutti coloro che soffrono di malattie della retina, come la retinite pigmentosa o la degenerazione maculare, cause di gravi danni alla vista e cecità
Bruna Di Matteo