[dropcap]E[/dropcap]co-sotenibilità, energie rinnovabili, raccolta differenziata, non sono più parole dal significato aleatorio, ma obiettivi da raggiungere nel minor tempo possibile per migliorare la qualità della vita e risolvere le catastrofi ambientali generate dall’inquinamento. Per conseguire questi obiettivi, molti sono gli istituti di ricerca, pubblici e privati, che sono nati per creare soluzioni. L’IPLA (Istituto per le piante da legno e l’ambiente) è uno di questi, una società per ambiente a totale capitale pubblico appartenente alla regione Piemonte. Dopo trent’anni di strenuo lavoro nel campo della green economy l’istituto rischia di chiudere a causa della mancanza di fondi. Due anni di tentennamenti, continui tagli che, lo Stato prima e le regioni poi, hanno apportato alla ricerca, tanto che il presidente della regione Piemonte Roberto Cota ha deciso di chiudere il fiore all’occhiello dell’eco-sostenibilità piemontese.[divider]Da gennaio infatti, i 54 dipendenti dell’IPLA, di cui 29 tecnici laureati più collaboratori ed esperti del settore, sono soggetti a cassa integrazione in deroga, inermi spettatori di questo sfacelo. Tutt’oggi la situazione è ad un punto morto, i sindacati danno battaglia alla Regione per bloccare questa chiusura, sostenendo che le motivazioni alla base della decisione sono infondate.
Ma i lavoratori non se ne stanno certo con le mani in mano. Hanno protestato davanti alla sede del consiglio regionale, creato una pagina su Facebook per spargere a macchia d’olio le informazioni e destare interesse nell’opinione pubblica, inoltre il sito change.org ospita una petizione on-line lanciata da Vanda Bonardo, responsabile regionale ambiente e territorio, per raccogliere firme contro la chiusura.
Gilda La Ragione