[dropcap]N[/dropcap]onostante la crisi ed i cattivi stili di vita adottati nel nostro Paese, paradossalmente la salute degli italiani sembra migliorare per molti aspetti. Comportamenti dannosi come sedentarietà e consumo smodato di alcolici, dunque, non sembrano incidere sulla speranza di vita che in Italia continua a lievitare costantemente. Infatti, dal 2007 al 2011 gli uomini hanno guadagnato 0,7 anni e le donne 0,5 anni. Ed è solo uno dei dati che affiorano dal “Rapporto Osservasalute 2012. Stato di salute e qualità dell’assistenza nelle Regioni italiane”, presentato al Policlinico Gemelli di Roma. Italiani più longevi, dunque, ma sempre più vecchi, appesantiti dalla crisi e dai chili di troppo. Dalla relazione si evince un paradosso tutto italiano: “In Italia continua la diminuzione del rischio di morte per malattie circolatorie, tumori, apparato digerente e respiratorio. Riguardo agli stili di vita, però, emerge un quadro in chiaroscuro. Da un lato aumentano coloro che non consumano alcolici e diminuiscono i fumatori, passati dal 22,8% del 2010 al 22,3% dell’anno successivo. Ma dall’altro aumentano le persone in sovrappeso e obese, e lo stesso vale per i giovani che adottano comportamenti a rischio. Un fenomeno emergente negli ultimi anni nel nostro Paese, ad esempio, è rappresentato dall’avvio precoce al consumo di alcol, dal “binge drinking” e dal consumo di alcol fuori pasto. Il dato che desta maggiore preoccupazione, però, è quello relativo al progressivo e costante abbassamento dell’età media di avvio all’uso dell’alcol e il riscontro di oltre 300 mila minori di 11-15 anni di età che usano l’alcol secondo modalità rischiose e fonte di danni per la salute. Aumentano anche le fasce di popolazione a rischio, a causa del noto processo d’invecchiamento che dal 2002 al 2011 ha fatto registrare un aumento del 4,7% degli anziani tra 65-74 anni e del 28,7% per gli over 75”. [divider]Con la connivenza dell’attuale fase di complessità sociale ed economica, aumenta poi la sofferenza mentale di quegli italiani che ricorrono sempre più di frequente ai farmaci per placare angosce e disagi, sempre più spesso confusi con un “disturbo depressivo”. Anche quest’anno, infatti, continua l’incremento del consumo di farmaci antidepressivi. Il volume prescrittivo di tali medicine, mostra un continuo aumento negli ultimi 10 anni e difficilmente vedrà un’ inversione di tendenza. Secondo Walter Ricciardi, docente di igiene all’Università Cattolica e direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane che ha sede nell’ateneo romano, il pericolo riguarderebbe non solo la popolazione ma anche la tenuta dello stesso Servizio sanitario nazionale. [divider]Infatti, nonostante il miglioramento dell’efficienza economica del Ssn, il rischio è “che all’aumento dell’efficienza non corrisponda un aumento di efficacia delle cure e quindi un miglioramento degli esiti delle stesse. La ricerca di efficienza attuata con tagli all’offerta in prospettiva potrebbe comportare dei rischi per quanto riguarda l’accessibilità alle cure e di conseguenza l’efficacia del sistema nel produrre salute”. Nulla di più paradossale. Insomma, una relazione ricca di controsensi, ma cosa aspettarsi da un Paese che del paradosso ne ha fatto uno “status symbol”?
Bruna Di Matteo