
Gigi Riva è un nome che rimarrà, per sempre, inciso nella storia e nel cuore di tante generazioni di sportivi italiani. Volendo effettuare un paragone aulico, Riva è simile ad una divinità greca, proveniente dall’Olimpo, e che ha consacrato il Cagliari, annoverandolo tra la schiera degli dei del calcio. E’ proprio così. Questo ragazzetto, gracile e spavaldo, con un’infanzia difficile alle spalle, sbarcò in tenera età in Sardegna, senza sapere che avrebbe amato incondizionatamente, più di sé stesso, quel luogo. Tuttavia Riva, all’inizio, era convinto che non sarebbe rimasto a lungo sull’isola, si bella, ma così diametralmente opposta alla sua Leggiuno. Dai suoi racconti, si evince che non c’era “un filo d’erba al campo dove la squadra si allenava” e che “ le condizioni di far bene erano più adatte alla trama d’un film che alla realtà”. Nel 1963-1964 viene notato da alcuni osservatori del Cagliari che lo prelevano dal Legnano e lo consegnano al mister Silvestri. E’ subito Serie A: il Cagliari si piazza 2°, grazie a 9 reti di Riva.
Il debutto su grandi palcoscenici, mai assaggiati prima, conferiscono un’adrenalina pazzesca alla squadra ed al “mito”. Si alternano anni di buona caratura e ottime prestazioni, ma la svolta è la stagione 1969-1970. Il Cagliari, in cambio di Boninsegna, acquista Gori e Domenghini dall’Inter: viene allestita una macchina perfetta. Gli isolani partono alla grande, inanellando una serie di vittorie consecutive che contribuiscono al primato. Riva è il “diamante” del gioiello denominato Cagliari: segnava da qualsiasi posizione ed in qualsiasi modo. Ma ci fu una rete speciale, talmente bella che il suo contenuto si smaterializza, diviene vacuo, se la si racconta con degli aggettivi riduttivi. Stiamo parlando di un Lanerossi Vicenza-Cagliari del 18 gennaio 1970. Nell’area del Vicenza, spiove questa palla che Domenghini indirizza verso Riva. Un qualsiasi attaccante, la farebbe scendere tentando di stoppare e calciare: Riva si innalza in cielo e con un movimento acrobatico, batte il portiere, incredulo dell’accaduto. Questo campionato sembra davvero vicino e Riva inizia a sentire delle responsabilità enormi nei confronti della sua gente. Si arriva al big match, Juventus Cagliari. Ad una rete bianconera ,derivante da un autogol di Nicolai, pareggia Riva con un abile colpo di testa che spiazza il portiere. Nella ripresa è l’arbitro a diventare protagonista, concedendo un rigore inesistente alla Juventus. Albertosi para, ma l’arbitro fa ripetere e così, dopo la disperazione dell’estremo difensore, Anastasi realizza il 2-1. Al 37’ viene concesso un rigore anche per il Cagliari che Riva trasforma: è 2-2.
Così si arriva al 12 aprile 1970, Cagliari-Bari. Il Bari viene sconfitto 2-0 ed è apoteosi. Riva diviene idolo di una terra che è magicamente sua: il Cagliari è la prima squadra del centro-sud a vincere lo scudetto. Grazie a Riva, il calcio ha contribuito a riscattare il popolo sardo, denigrato ed insultato. A tal proposito Gianni Breva dice « Lo scudetto del Cagliari rappresentò il vero ingresso della Sardegna in Italia. Fu l’evento che sancì l’inserimento definitivo della Sardegna nella storia del costume italiano. La Sardegna aveva bisogno di una grande affermazione e l’ha avuta con il calcio, battendo gli squadroni di Milano e Torino, tradizionalmente le capitali del football italiano. Lo scudetto ha permesso alla Sardegna di liberarsi da antichi complessi di inferiorità ed è stata un’impresa positiva, un evento gioioso. Rombo di tuono, grazie di esistere e di aver giurato amore eterno alla tua donzella prediletta: la Sardegna!