[dropcap]N[/dropcap]essuna attività di supporto e assistenza psicologica sarà più fornita dagli ospedali italiani e i circa mille psicologi ospedalieri di ruolo e gli altrettanti che li affiancano e che lavorano con contratti a termine spesso finanziati da associazioni di malati, abbandoneranno ogni attività. La denuncia arriva dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi, da nove società scientifiche del settore oltre che dalle stesse associazioni di malati, dato che il decreto sugli “standard ospedalieri” predisposto dal Ministero della Salute non prevede questa funzione cancellandola quindi, in concreto, senza giustificazioni economiche, dagli ospedali e senza alcun ripensamento. Da qui, oltre alla notifica delle istituzioni scientifiche e delle associazioni, anche il lancio di una petizione: “Non cancelliamo la psicologia negli ospedali” che ha già raccolto molte migliaia di firme in pochi giorni. Il timore degli psicologi:
E’ che il provvedimento passi alla chetichella in questo periodo di limbo della politica riportando l’Italia indietro di trent’anni. Lo psicologo ospedaliero è presente in misura largamente insufficiente per assicurare interventi adeguati ed omogenei sul territorio nazionale, concentrati nella maggioranza dei casi negli ospedali del centro-nord. E che l’aiuto psicologico sia considerato molto importante dai pazienti viene confermato dal fatto che esso sia la terza voce di spesa, dopo badanti e farmaci non erogati dal Ssn, che i cittadini affrontano pagando di tasca propria
Recenti ricerche, inoltre, confermano queste necessità: il vissuto e lo stress del paziente, ad esempio, ha importanti ricadute sui processi biologici: lo stress psicologico aumenta del 40% il tempo di guarigione delle ferite chirurgiche, mentre una breve tecnica antistress migliora i decorso postoperatorio con tre giorni di degenza in meno. Addirittura, come già noto da tempo, la componente psicologica è una delle prerogative essenziali per combattere patologie come le leucemie ed il cancro: un paziente “che pensa positivo” ha molte più chance di guarigione rispetto ad un malato depresso e che si lascia trasportare dall’orrore e dalla paura che questo tipo di patologie implicano. E non finisce qui, perché tutto questo si ribalta sui costi: un’ indagine su 9 milioni di cittadini USA ha mostrato come i fattori psicologici aumentino i costi sanitari dal 30 al 170%. Una decisione insensata e controproducente che non fa altro che “rigirare il dito nella piaga” del Ministero della Salute già segnato ormai da tanti, troppi episodi scandalosi. Perché non chiamarla direttamente Malasanità italiana? In Italia la parola Sanità ormai è un “titolo” che si è consumato e di cui il Paese non è degno.
Bruna Di Matteo