il 29 novembre per il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli –

NAPOLI – “Per la forza con cui intreccia memoria personale e storia collettiva, restituendo allo spettatore uno sguardo vivo e necessario su ciò che la guerra lascia e ciò che la memoria può ancora salvare. Attraverso la ricerca di un fratello perduto, il film costruisce un linguaggio universale che parla di lutto, umanità e rinascita”. Con questa motivazione il docufilm ‘Sniper Alley – To My Brother’ si è aggiudicato il premio principale come miglior documentario al Glocal DOC 2025 di Varese. Un riconoscimento prestigioso per il lavoroincentrato sulla storia di Džemil Hodžić e sul suo progetto “Sniper Alley Photo” (che ha l’obiettivo di ricostruire la memoria dell’assedio di Sarajevo attraverso le immagini dei più grandi fotoreporter di guerra) nato dopo la tragica perdita del fratello Amel, ucciso da un cecchino a soli 16 anni. Il docufilm – realizzato dallo studio di produzione con sede a Pescara Creative Motion che da anni porta avanti progetti di impegno civile e culturale a livello internazionale – continua a essere proiettato in contesti autorevoli. Dopo la presentazione nell’aula magna dell’Università di Anversa seguirà la Prima Nazionale italiana, con la proiezione in occasione del XVII Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli alla presenza di numerosi ospiti.

Alla presentazione nella città partenopea, prevista per il 29 novembre(a partire dalle ore 18 nello “Spazio Comunale Piazza Forcella”di via Vicaria Vecchia, 23 a Napoli) interverranno i registi dell’opera Cristiana Lucia Grilli e Francesco Toscani. Saranno introdotti da Maurizio Del Bufalocoordinatore del Festival. Prima della proiezione è prevista una breve performance musicale dal vivo sulla colonna sonora del documentario, con Max Fuschetto (oboista e compositore) e Pasquale Capobianco (chitarrista, membro degli Osanna). Al termine della proiezione ci sarà un dibattito con gli interventi, tra gli altri, dei registi, di Džemil Hodžić (protagonista, sopravvissuto alla guerra di Sarajevo) con la traduzione curata da Fiorenza Grilli (mediatrice linguistica); Mario Boccia (fotoreporter, autore delle immagini originali) e Nicole Corritore (giornalista di Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa).

L’evento straordinario, fortemente voluto dal Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, arricchisce il palinsesto della manifestazione che quest’anno è stata dedicata ai popoli curdo, sahrawi e palestinese. Ricorre inoltre in occasione del XX anniversario dalla fondazione dell’associazione Cinema e Diritti, che da diciassette edizioni organizza il Festival.

Il tema trattato dal docufilm è più che mai attuale dopo le recenti notizie che avrebbero per protagonisti anche alcuni italiani. La Procura di Milano sta infatti indagando per omicidio volontario plurimo aggravato da motivi abietti e crudeltà sui “cecchini del weekend”. Si tratta di persone che negli anni Novanta avrebbero pagato per andare a uccidere uomini, donne e bambini a Sarajevo, partecipando all’assedio da parte dei serbo-bosniaci.  Durante l’assedio di Sarajevo tra il 1992 e il 1996 ci sono state oltre 11mila vittime.

Il docufilm attraverso tante autorevoli voci, tra cui quella del giornalista italiano Toni Capuozzo, e preziose immagini di repertorio racconta la vicenda di Džemil e di suo fratello Amel. Il 3 maggio 1995, giorno in cui era stata annunciata una tregua dall’esercito serbo che assediava Sarajevo, i due fratelli stavano giocando in strada quando un cecchino aprì il fuoco: Amel morì a soli 16 anni tra le braccia della madre.

Il titolo è innanzitutto la dedica ad Amel Hodžić, ma diventa anche un richiamo universale che ognuno di noi rivolge al proprio “fratello” in ogni parte del mondo, a chi lotta per dignità, libertà e giustizia. Il documentario si fa così inno alla pace e alla responsabilità collettiva: stimolare il dialogo, favorire la condivisione, educare i popoli alla bellezza della diversità. 

“Il richiamo esercitato dal massacro dei bambini di Gaza non può non richiamare alla mente la crudeltà di Sebrenica o il disumano impegno dei cecchini di Serajevo a cui, oggi lo sappiamo con certezza, si accompagnò la caccia all’uomo alimentata anche da gruppi di assassini italiani. Sono storie di crimini che dimostrano quanto i genocidi siano la strategia preferita di tutte le guerre moderne e che nasconderne l’esistenza o rifiutarne le definizioni serve solo ad alimentare orribili complicità”, commenta il coordinatore del Festival Maurizio Del Bufalo.

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