
Il 17 aprile si vota per il referendum sulle trivellazioni nell’Adriatico e nel mar Ionio, riguarda nello specifico le piattaforme già esistenti. Si tratta del primo referendum ottenuto da 9 Regioni. I fronti del sì e del no all’abrogazione del testo sono ben schierati, i politici fanno il loro andirivieni nei programmi televisivi.
Bisogna fare un po’ di chiarezza. Innanzitutto, qual è la parte di testo da eliminare? Quella che permette alle società petrolifere (Eni in primis) di fare ricerche ed estrazioni di gas e petrolio nei 12 miglia dalla costa italiana, senza alcuna restrizione di tempo (se passa il Sì si cancellerà la frase: “per la durata di vita utile del giacimento”).
In un’inchiesta la giornalista Marina Forti (Internazionale) racconta di come vari paesi del centro e del sud Italia, come Bomba in abruzzo, siano riusciti a fermare l’azione trivellatrice in territori anche con una storia turistica, un bagaglio ed una cultura legate alla terra e ai prodotti tipici. Questo è uno dei tanti esempi di come i cittadini senza cariche governative, possono operare per un’inversione di rotta. Quella proposta dal referendum è la seguente: abbandonare le lo sfruttamento del fossile per passare al rinnovabile. Grazie alla competenza di cittadini stessi, stanchi di soprusi e bugie dei petrolieri, presentatisi come salvatori della patria e del territorio, induttori di nuovi posti di lavoro, il progetto di Bomba non è stato avallato e ciò non ha permesso la coltivazione del giacimento.
Le uniche a guadagnare su questa storia sono le grandi aziende petrolifere, mentre il paese rischia di perdere (se passa il NO) la sua tradizione turistica, una cultura legata alla tutela del mare e della pesca, ai prodotti tipici del made in Italy, una cultura fatta di coste, vigneti, terreni coltivabili e fauna protetta. Guardando la cartina (fonte: Internazionale) si può dimostrare che il fenomeno trivellazioni – che comprende non solo il singolo pozzo ma una serie di infrastrutture, centri di stoccaggio, gasdotti e metanodotti anche su terraferma – e a differenza di quello che ha pubblicamente detto uno pseudo-giornalista, riguarda tutte le regioni, da nord a sud.

Tutto ciò solo per favorire l’arricchimento cieco e fanatico delle compagnie petrolifere. Stop trivellazioni. Un altro esempio positivo è il blocco di Ombrina, ottenuto proprio grazie al coordinamento locale degli attivisti e alle virtuose, partecipate manifestazioni di Lanciano e Pescara dello scorso anno. Il territorio non è in vendita, non lo è perché ha la sua dignità, una tradizione turistica e un ambiente da salvaguardare. Il mare, come la terra, va protetto dalle trivellazioni. Sconquassare, alterare, defraudare e inquinare la costa, privandola della sua tipicità, dell’autenticità del pesce fresco, di un bagno in mare pulito, dei gabbiani, dell’attività dei pescatori è possibile? No, non può essere. Si vuole privare di un luogo della sua storia, togliendole il diritto di scelta. Astenendosi al voto il 17 aprile si darà il permesso a chi continua a fare scelte e affari per conto di chi vive su terre già attanagliate da mille problemi. Solo e soltanto votando sì si può tutelare il futuro dell’Italia e aprire la via ad una politica dell’ energia rinnovabile anche per le generazioni che verranno.
Quante sono le piattaforme toccate dal referendum? Sono ben 135 le piattaforme, minore quello delle concessioni – una quarantina – in quanto una concessione può comprendere più di una piattaforma. Il fabbisogno energetico italiano sarebbe ricoperto, secondo il ricavato delle piattaforme stesse, soltanto per 7 settimane per le risorse di petrolio, 6 mesi per il gas metano, più quelle della terraferma si arriva a 13 mesi di copertura nazionale.
Rischio di subsidenza. Il rischio provocato dalle operazioni trivellatrici è alto, quello di subsidenza. Cosa significa? “Per subsidenza si intende ogni movimento di abbassamento verticale della superficie terrestre, indipendentemente dalla causa che lo ha prodotto, dallo sviluppo areale e dall’evoluzione temporale del fenomeno, dalla velocità di spostamento del terreno e dalle alterazioni ambientali che ne conseguono”. (fonte: ISPRA,http://www.isprambiente.gov.it/it/temi/suolo-e-territorio/rischio-ad-evoluzione-lenta/subsidenza) .
Il petrolio presente in Abruzzo come in Basilicata (in Val d’Agri) è grezzo, “amaro”, pieno di zolfo, come viene definito proprio perché è di scarsissima qualità quindi va ripulito per bene e difficile e pericoloso da trasportare.
Inoltre in un sistema chiuso come il mar Mediterraneo un rischio di incidente potrebbe causare una vera e proprie catastrofe. Lo dimostra il caso nel 2010 del Golfo Persico. La piattaforma Deepwater Horizon provocò il più immane disastro ambientale delle acque negli Usa.
Cosa succede se non si raggiunge il Quorum (50% più uno degli aventi diritto) del Sì? Le piattaforme presenti continueranno ad essere operative fino al loro esaurimento. Se si vuole avere la certezza dello smantellamento delle piattaforme esistenti si deve votare #Sì. Enzo Di Salvatore, costituzionalista presso l’università di Teramo e autore del quesito referendario, nel suo blog su Huffpost va dritto alla questione. Al momento attuale una compagnia petrolifera non può chiedere nuove concessioni o permessi. L’iter amministrativo è bloccato dall’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016. Per cui, ogni attività di ricerca ed estrazione è procrastinata senza limiti di tempo, fino alla “durata di vita utile del giacimento”. Le attività cesserebbero perciò solo o nel momento in cui la società interessata decidesse di dire stop per ragioni economiche, o quando il giacimento di gas/petrolio risultasse ormai “vuoto”. Finito il giacimento, finita la vita della piattaforma. Sconosciuto è però il tempo di “vita utile” di ogni giacimento. Di Salvatore fa notare la contraddizione di fondo della procrastinazione senza alcun limite temporale delle estrazioni con la decisione di non effettuare altre ricerche per “gravi ragioni di carattere ambientale”. Questo secondo la relazione del decreto sviluppo del Governo Monti, quando veniva introdotto il limite dei 12 miglia dalla costa.
Ma per Renzi votare al referendum è inutile. Prima di tutto nessuno voto è inutile di per sé. Secondo il premier non sussiste alcuna contraddizione perché da una parte le aziende che hanno i permessi potranno continuare ad estrarre, mentre non saranno possibili altre, nuove trivellazioni (quindi istallazioni nuovi pozzi ed estrazioni). La realtà, sempre secondo la spiegazione del costituzionalista, non è proprio come quella raccontata da Renzi. Infatti la legge ad oggi è vero che non permette di ottenere nuove concessioni nei 12 miglia dalla costa, ma permette che a partire dalle concessioni “vecchie” si possano aprire nuovi pozzi per procedere con altre estrazioni di gas/petrolio, a patto che sia presente nel piano di sviluppo del giacimento.
Perché voto Sì per dire No. Il fronte del No insiste sul punto medesimo: le piattaforme esistenti che estraggono gas dai giacimenti potrebbero garantire all’Italia autonomia energetica dalle Altre nazioni. A conti fatti, sembra una favoletta per ignoranti. I numeri parlano invece, basta informarsi. Altro che autonomia energetica, l’unica certezza che i Pro NO accantonano è questa: la possibilità di disastri ambientali e lo spiaggiamento dei capodogli (per esempio in abruzzo, Vasto) e di altre specie marine. Uno studio di Greenpeace (http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2016/Trivelle_Fuorilegge.pdf) dimostra lo stato dell’adriatico.
Gli effetti dello scavo di “trivelle” sono duraturi e il risultato di una rete vera e propria. Perché nel progetto trivellazioni rientrano anche quegli impianti di estrazione su terra, metanodotti e gasdotti. E c’è chi dice: ma se l’estrazione di metano è sicura, non presenta rischi ambientali perché allarmarsi? Falso anche questo. Uno dei più alti è quello legato all’inquinamento delle falde acquifere, come dimostra un recente studio americano.
Purtroppo le trivelle uccidono ancora prima degli impianti di estrazione. Avete letto bene. La tecnica dell’air-gun, per l’accertamento della presenza di idrocarburi, in mare prevede un bombardamento messo in atto da un fucile di aria compressa che emette piccole esplosioni di bolle d’aria, generando così un drammatico scompenso ed alterazioni nella fauna acquifera: cetacei, tartarughe, pesci. Per non parlare dei danni che sono arrecati all’attività dei pescatori. Tutte le specie che vivono nei pressi della piattaforma subiscono l’azione inquinante degli idrocarburi, sono malate, per farla breve.
Bisogna far capire ai fautori del NO che il votare Sì per togliere le piattaforme, o meglio, per impedire che si possa estrarre il gas o il petrolio già presente all’interno non è buttare all’aria un lavoro di anni, ma frapporsi con lo strumento del voto volontà mercenaria e affaristica di petrolieri e ricchi imprenditori. Questo referendum ha un valore politico, ed è per questo che Renzi e compagnia bella hanno deciso di invitare i cittadini a non recarsi alle urne. Perché conoscono il peso – e temono – il riscontro di un eventuale Quorum.
Per tutte queste ragioni è fondamentale recarsi alle urne, votando sì per dire no alla mercificazione ambientale.
Investire nel rinnovabile può essere la risposta, che già vede impiegato per più del 40% nella produzione di energia elettrica con circa 80mila addetti, e quindi veri posti di lavoro a lungo termine con una ricaduta di 6 miliardi di euro.
Durante la conferenza ONU di Parigi dello scorso dicembre, all’indomani delle stragi, l’Italia prometteva un maggiore impegno con tanto di sottoscrizione firmata, a tenere sotto controllo la febbre della Terra entro i 1,5 gradi centigradi, ovvero si è impegnata a sostenere l’abbandono delle fonti fossili a favore delle rinnovabili. E’ giunto il momento di prendere atto di questo impegno.
#stoptrivelle
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