
È un sogno di tutti i governi di buona volontà, organizzare le olimpiadi e farne la migliore propaganda del Paese. Stiamo parlando delle olimpiadi “classiche”, quelle estive, e della propaganda moderna, quella chiamata marketing. In Italia molti sognatori del genere olimpico, che però la parte di sogno puramente decoubertiana e patriottica la rimuovono tranquillamente, stanno trovando nel governo Renzi un valido sostegno psicologico ed economico al loro subconscio. Già nel 2012 alcuni sognatori particolarmente idealisti di nome Gianni, ovvero Gianni Alemanno, Gianni Petrucci e Gianni Letta, sono stati mortificati nel loro inconscio dall’allora capo del governo Mario Monti. I tre Gianni, al secolo capo di Roma (Alemanno), capo del CONI (Petrucci) e capo oscuro di tutto (Letta zio), insieme a un Mario (Pescante, vicecapo del Comitato Olimpico Internazionale) vennero mortificati nel loro onirismo dal professor Monti che, con qualche suo tipico giro di parole fra il cortese e lo sfottente, li fece passare per matti. C’era la spesa pubblica da sforbiciare, lo spread da abbassare, la troika da accontentare e quelli se ne venivano a chiedere di poter organizzare a Roma le olimpiadi del 2020. Non abbiamo particolarmente amato quel governo cosiddetto dei professori, ma oggettivamente dobbiamo ringraziare Mario Monti per quel rifiuto a quella proposta bislacca e potenzialmente oscena. Proviamo solo ad immaginare la costruzione (proprio in senso materiale) di un’olimpiade romana gestita dal podestà Alemanno e dai suoi camerati, quelli della divisione “Mafia Capitale”. Un brivido ci corre lungo la schiena…Per la cronaca, le olimpiadi del 2020 sono state assegnate a Tokio.
Oggi, con la crisi economica più forte ancora, Matteo il sognatore, capo e padrone dell’italico governo, ha autorizzato la candidatura della città di Roma per i giochi del 2024. Il 15 dicembre scorso, infatti, Matteo Renzi capo del governo politico, insieme a Giovanni Malagò capo del governo sportivo, hanno annunciato alla stampa la presentazione di Roma alla selezione della città organizzatrice dei Giochi della XXXIII olimpiade. L’occasione buona è stata la cerimonia di consegna dei “collari d’oro”, che non sono trofei canini bensì rappresentando la massima onorificenza sportiva conferita dal comitato olimpico nazionale. C’era pure il teorico ministro dello sport, Del Rio Graziano, muto però come se il fatto non lo riguardasse. E muto è rimasto pure dopo…
Matteo Renzi il sognatore, nella sua idea di sblocca e bisboccia Italia, vuole tentare anche questa strada per far ripartire l’economia e segnatamente quella del calcestruzzo (Silvio docet). Lo spregiudicato Malagò, altro Gianni per gli amici, capo a sorpresa del CONI dal febbraio 2013, miglior compare di Matteo non poteva trovare. I due, Matteo e Malagò, sembrano fatti l’uno per l’altro: se il primo è rottamatore dei comunisti, il secondo è anticomunista di famiglia, essendo nipote di Pietro Campilli, più volte ministro democristo negli anni primissimi della Repubblica e poi negli anni ’50 e ’60, oltre ad essere nipote di Donato Menichella governatore della banca d’Italia dal 1948 al 1960. Addirittura Giannino, come lo chiamava nelle telefonate mattiniere il più Gianni di tutti, Gianni Agnelli, può vantare una (ricca) madre cubana scappata da Cuba quando Fidel e i suoi companeros presero il potere. Laureato in economia Malagò, detto er “Megalò” per i suoi progetti: bello, di ottima famiglia, romano pariolino doc, ricco, furbo, gran venditore, politicamente trasversale, con mille relazioni (anche femminili) e frequentazioni. Tutto quello che caratterizza l’uomo di successo nel “renzusconismo” dello stare al mondo, compreso qualche problemuccio con la giustizia; problemi invero superati con formula piena (il fatto non sussiste) e relativi ad abusi edilizi avvenuti a Roma in occasione dei campionati mondiali di nuoto del 2009. Giannino infatti è pure presidente del circolo canottieri Aniene, circolo sportivo senza dubbio ma soprattutto il ritrovo più esclusivo, più nero e più papalino della città eterna. Il luogo simbolo del “generone romano”, dove le donne non possono diventare socie e possono entrare solo sotto braccio di un uomo già membro: il tradizionalismo de noantri. Secondo molti, il salotto sul Teverone (confluenza fra Tevere e Aniene) dove i potenti di Roma e d’Italia si danno appuntamento per incontrarsi senza fastidiosi giornalisti fra i piedi. Ebbene, per fare i campionati mondiali di nuoto nell’anno domini 2009, il presidente del circolo si è molto speso per far costruire la “cittadella del nuoto”, un nuovo foro italico a ridosso della complanare per Napoli. Un ammasso architettonicamente impegnativo di ferro e cemento che, al costo pubblico di 200 milioni di euro già spesi è stato abbandonato a se stesso prima delle gare mondiali del 2009, poi tenutesi al vecchio foro italico. Oggi “la piscina”, come ironicamente la chiamano gli abitanti della zona (Tor Vergata), si staglia incompiuta e mezza pericolante nella campagna romana a ennesima riprova della speculazione affarista che ha permeato l’amministrazione romana negli ultimi anni. In tutto questo Megalò non c’entra con la speculazione, ma c’entra eccome con l’idea originaria e megalomane, almeno per le italiche possibilità. Perciò diciamo che Matteo e Gianni sembrano fatti l’uno per l’altro.
Le olimpiadi future, in base alle disposizioni dettate dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale), dovranno farsi più “leggere” ed economiche, cercando per regolamento di abbattere i costi e di utilizzare impianti già esistenti o di costruire impianti temporanei. Inoltre, i requisiti richiesti alle città candidate sono meno stringenti rispetto al passato recente e viene introdotta la possibilità di fare un’olimpiade “diffusa”, cioè coinvolgendo anche altre città dello stesso Paese. Tutte nuove regole che consentono a Roma (persino all’odierna Roma) di tentare l’impresa. Introdotta anche un’altra regola che potrebbe giocare in favore di Roma: un nuovo criterio di valutazione delle candidature che prende in esame “l’esperienza degli atleti”, e l’Italia in fatto di tradizione sportiva è fra le prime al mondo. Ciò appreso, figurarsi se M&M (Matteo e Megalò) si lasciavano scappare l’opportunità di cazzeggiare alla grande…
Si parla già di olimpiadi “low-cost” e, per quanto l’espressione risulti senza dubbio eccessiva, una buona riduzione dei costi, imposta però dalle regole ufficiali (se si lascia fare alle capacità degli organizzatori stiamo freschi), potrebbe impedire il disastro finanziario che i giochi olimpici, trasformati in profluvio di denari pubblici, hanno comportato in alcuni Paesi. Rimanendo in tempi recenti e ai giochi estivi, oltre alla Grecia (Atene 2004) affossata dallo sperpero, anche Stati Uniti (Atlanta 1996), Australia (Sydney 2000) e Cina (Pechino 2008) hanno pagato a caro prezzo l’organizzazione dei giochi di Olimpia. Andando indietro nel tempo invece, a monito dei passi più lunghi della gamba c’è sempre il Canada (Toronto 1976), dove il debito contratto per fare i giochi è stato finito di pagare nel 2006, trent’anni dopo.
In Italia, dalla politica e dalle associazioni imprenditoriali molti appoggi a Renzi e Malagò, così come dai dirigenti dello sport professionistico, quasi tutti vecchi deretani attaccatissimi alle poltrone e speculanti sullo sport. Noi invece tendiamo a diffidare, anche perché in Italia pochi anni fa, era il 2006, si sono svolte le olimpiadi minori, quelle invernali, che dovevano essere gestite con rigore piemontese e sabaudo e che, ma guarda, hanno lasciato solo debiti e strutture inutili dopo un clamoroso gonfiamento dei costi previsti (tutto lo scherzo, secondo l’Istituto “Bruno Leoni”, è costato oltre tre miliardi di euro). Ora, senza fare previsioni azzardate e comunque ammettendo di non fidarci molto delle qualità dirigenziali di quelli che, stando alle indiscrezioni, dovrebbero supervisionare l’organizzazione del grande evento del 2024 (su tutti il sempre presente Luca Cordero di Montezemolo, quello della tangentarissima Italia 90 – mondiali di calcio – “giustamente” nome più gettonato per organizzare pure Roma 2024), ci limitiamo a segnalare che il dossier preparato dagli studiosi del comitato promotore si chiude con due postille piuttosto nette e per noi incoraggianti. La prima dice che “L’operazione di ospitare i Giochi a Roma potrebbe rivelarsi vantaggiosa qualora si riesca a contenere la spesa ai livelli programmati”, contenimento che non è mai riuscito a nessuno, nemmeno all’attentissima Inghilterra (Londra 2012). La seconda, più criptica, dice che “(…) è evidente che costituiscano condizioni indispensabili il rientro dalle attuali tensioni finanziarie e il fatto che la candidatura venga percepita positivamente dai mercati”, e noi non capiamo bene cosa gli esperti vogliano intendere con “tensioni finanziarie” e mai ci fideremo della positiva percezione dei mercati per accrescere la nostra percezione dei nostri quattro soldi. Per questo la cosa ci incoraggia, perché sostanzialmente ne scoraggia la realizzazione. Tuttavia il duo M&M appare ottimista e categorico. Non ci resta che sperare nelle altre candidature, Roma è stata la prima, c’è tempo fino a gennaio 2016. Tre giorni fa è stata ufficializzata la seconda candidatura, Boston. Qualche giornale nostrano, particolarmente legato agli affari romani, ha già cominciato a fare le pulci alla capitale del Massachussetts nonché perla del New England, attaccandosi pure alla presunta farraginosità dei trasporti pubblici. A Roma invece…