[dropcap]A[/dropcap]ncora un urlo disperato, ancora lavoratori del Sociale, ancora mancanza di pagamenti, ancora persone bisognose di assistenza che vedono spegnersi, giorno dopo giorno, la speranza di una vita “normale”. Questa volta a protestare davanti Palazzo San Giacomo sono gli operatori O.S.A. La loro è una denuncia-appello rivolta a Enrico Giovannini, Ministro del Welfare; al Sindaco del Comune di Napoli, Luigi De Magistris; al Prefetto di Napoli, Francesco Antonio Musolino; all’Assessore alle Politiche Sociali, Roberta Gaeta; al Presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro ed all’Assessore alle Attività Sociali Regione Campania, Ermanno Russo. Insomma, i dipendenti O.S.A. si sono rivolti davvero a tutti per segnalare la preoccupante ed avvilente situazione in cui versano ormai da troppo tempo: senza stipendio e senza futuro lavorativo.Infatti, il prossimo 30 giugno, i suddetti operatori, già non stipendiati regolarmente, perderanno definitivamente il posto di lavoro. I motivi? Sempre gli stessi, la mancanza di fondi. Le vigenti politiche di austerity hanno dato vita ad una serie di tagli e risparmi ricaduti direttamente sugli operatori O.S.A., per privilegiare, molto spesso, opere e settori non essenziali rispetto “ai bisogni primari garantiti dalla Costituzione”.[divider] Una realtà fatta di povertà e precarietà che ha lasciato i lavoratori del Sociale in un meccanismo “infernale” fatto di ricatti morali che fanno leva sul senso di sacrificio che questi hanno per il bene degli utenti e che “arricchisce solo le banche che lucrano sugli interessi derivanti da prestiti alle Cooperative e verso il Comune”. L’impegno e la “missione” che i dipendenti del terzo settore impiegano nel loro lavoro sta diventando un’arma contro gli stessi, sta diventando un alibi che conduce irrimediabilmente alla “svendita” dei servizi prestati. Così molto presto Napoli, all’ombra del silenzio da parte delle Amministrazioni, si ritroverà senza un servizio di assistenza domiciliare ad anziani e diversamente abili e con almeno 100 disoccupati in più. In balia della totale mancanza di riscontri da parte delle Istituzioni, gli operatori si appellano all’art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana che recita: “…è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese ”.[divider] Su questa base, i protagonisti della vicenda chiedono: il rispetto della dignità e dei diritti dei lavoratori: ripristino dei fondi nazionali e locali per un nuovo piano di sviluppo del lavoro; l’applicazione del CCNL e rifiuto dell’esternalizzazione; il riconoscimento degli anni di servizio; il diritto ad una reale partecipazione alle Politiche Sociali; il diritto dei pagamenti tempestivi e regolari e l’immediato pagamento dei debiti delle committenze nei confronti dei lavoratori. Dato che L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro (Art.1) e che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto (Art.4), le richieste dei dipendenti O.S.A. sono legittime e purtroppo le stesse denunciate da tanti lavoratori operanti nel terzo settore: non si chiede altro che il rispetto dei propri sacrosanti diritti e che le persone assistite abbiano la dignità e la vita che meritano. Non si chiede altro che “vivere”, nulla di più. Nel frattempo, il solito limbo: si attendono risposte che, come al solito, sembrano non arrivare.
Intervista a Mario Morelli, operatore O.S.A.
Bruna Di Matteo