[dropcap]P[/dropcap]otrebbe effettivamente chiamarsi così l’anello anti-stupro inventato da Imran Khan di Davangere nello Stato di Karnataka, in India. La Presidente della campagna ‘Save My Sister’, ha pensato a una soluzione concreta che possa finalmente ridurre il numero delle violenze sessuali, oramai troppo frequenti nella sua nazione. Non è un caso che ad idearlo sia stata una donna impegnata nel sociale. Il gioiello, apparentemente uguale a qualsiasi altro gingillo, possiede un sistema di controllo radio per evitarne l’uso improprio, contiene al suo interno un piccolo ago dotato di serbatoio e pompa, il quale immette nell’aggressore un composto chimico irritante, denominato capsaicina.
Khan alla stampa indiana dichiara che qualora l’oggetto dovesse essere attivato, con il suo veleno procurerebbe un fastidio e un bruciore acuto. Tuttavia non è funesto. Dunque non più solo manifestazioni, slogan, lotte mediatiche: ora è la tecnologia a dare il suo contributo e a fare un passo in avanti. Un’innovazione che fa ben sperare o quanto meno capace di tranquillizzare possibili vittime del futuro. Un’arma di difesa, quasi innocua, contro un male che ferisce e annienta.
“No rapes!”: E‘ questa l’espressione che ci si augura non debba essere più urlata da donne provate, arrabbiate e avvelenate.
Francesca Saveria Cimmino