[dropcap]“V[/dropcap]edi Napoli e poi muori”: casca proprio “a pennello” il famoso detto partenopeo, dato che la salute dei cittadini è stata messa in grave pericolo. Infatti due enormi impianti di allevamento di mitili, pari ad una quantità stimata intorno alle 300 tonnellate di molluschi, sono stati requisiti dai militari della Capitaneria di porto in base ad un decreto emesso dal gip presso il tribunale di Napoli su richiesta della Procura. I due allevamenti, situati a Nisida, località Punta Cavallo ed a ridosso di Castel dell’Ovo, davanti al lungomare, occupano uno spazio totale di oltre 143mila metri quadrati di area demaniale marina. Il provvedimento è scattato in base a “condotte di detenzione per il commercio e la distribuzione per il consumo di alimenti pericolosi per la salute pubblica nel caso di specie molluschi bivalvi (cozze) allevate negli impianti della cooperativa C.Salvatore di Nisida e della cooperativa Ormeggiatori Luciani di Napoli di Santa Lucia”. [divider]Nel primo impianto, di circa 21.359 metri quadrati di spazio marino utilizzato per la coltura delle cozze, è risultato collocato ad una distanza inferiore a 500 metri da fonti di inquinamento primario consistente nella foce di scarico del collettore fognario troppo pieno di Posillipo e dalla foce degli scarichi fognari del carcere minorile di Nisida. Nel secondo, invece, i due specchi d’acqua ampi complessivamente circa 90 mila metri quadrati, sono risultati distanti meno di 500 metri dalle foci di scarico fognario urbano collegate rispettivamente all’altezza dell’intersezione con via Niccolò Tommaseo e via Partenope ed all’altezza dell’intersezione tra via Ugo Foscolo e via Partenope e in rada Santa Lucia denominato “Fonte Ovo”, collettore fognario troppo pieno, ed infine in Rada Santa Lucia adiacente al circolo Savoia. La legge prevede che i molluschi bivalvi siano posti a lontananze non più brevi di 500 metri da fonti di inquinamento primario in quanto pericolosi per la salute umana.[divider] L’inchiesta, aperta da circa un anno e portata avanti in sinergia con veterinari, microbiologi e con l’ausilio delle analisi di campioni di acqua, ha attestato che in alcuni mesi dell’anno le aree marine sequestrate risultano essere anche caratterizzate da un alto titolo di germi patogeni, come enterococchi ed Escherichia coli che filtrati dalle cozze, ne restano all’interno modificandone le proprietà alimentari e rendendole estremamente tossiche e pericolose. E non finisce qui: dai rilevamenti è anche emersa un’elevata concentrazione di piombo e rame, elementi chimici che se direttamente o indirettamente ingeriti risultano estremamente dannosi per la salute dell’uomo oltreché per l’intero ecosistema marino. Un vero attentato alla salute di tutti i napoletani ma, come ben risaputo, davanti al denaro l’uomo sceglie sempre la strada del paradosso: far del male a se stesso.
Bruna Di Matteo