Filippo Vendemmiati sta girando, dall’inizio di aprile, “Meno male è lunedì”, all’interno del carcere della Dozza, in Bologna. L’uscita del film è prevista per il prossimo autunno. Vendemmiati, regista di “È stato morto un ragazzo”, (miglior documentario nel 2011 grazie al quale Vendemmiati ha ricevuto il David di Donatello), e “Non mi avete convinto”, del 2012, che racconta la vita dell’ormai novantenne Pietro Ingrao. Il carcere di Bologna si distingue dagli altri perché al posto dell’ex palestra è stata costruita un’officina dove ex operai, ormai in pensione, insegnano ciò che concerne la loro attività a una quindicina di detenuti, regolarmente assunti con un contratto nazionale metalmeccanico. L’iniziativa è stata voluta e sostenuta da tre aziende bolognesi, leader del settore packaging: GD, IMA spa e Marchesini Group. Il giorno più triste della settimana è il venerdì: segue il week end e i carcerati non sanno come trascorrere le 48 ore; mentre, chiaramente di lunedì c’è la gioia di tornare a lavorare. Perché il lavoro è dignità, impegno, dedizione, distrazione, obiettivo. [divider]Tutto ciò, è reale ed è sotto l’occhio della telecamera di Vendemmiati. La speranza è dare una prospettiva, un futuro a chi, come molti internati, non vede una via d’uscita. Poter ripartire, poter ricostruire una vita, imparare a fare qualcosa per non rischiare, uscendo dalle case circondariali, di ricadere nel vortice della criminalità. I carceri italiani, di cui attualmente si parla per quanto riguarda i temi del sovraffollamento e dei maltrattamenti nelle incommentabili e raccapriccianti celle zero, sa offrire anche altro: “storie di viti e di vita”, come si legge nel trailer del film. Del resto, lo scopo dei luoghi di detenzione dovrebbe essere esattamente questo: dare la possibilità ad una persona che ha sbagliato, (e che è giusto dunque che sconti la sua pena con la detenzione), di imparare che c’è una “retta via” e che è possibile raggiungerla per tutti. Un messaggio importante e un film che dovrebbe portare, chi di dovere, a riflettere.[divider]Se vuoi ascoltare l’articolo letto dalle nostre redattrici clicca qui