
Il 2 Marzo: un giorno come tanti all’apparenza, ma non è così. Questo perché 76 anni fa, in questo stesso giorno, nasceva Lou Reed, uno dei più famosi e importanti artisti nella storia del rock.
Riconosciuto come cantore, poeta e angelo del male, Reed è diventato un’icona della musica, famoso per incarnare lo stereotipo del musicista perduto, al centro di un vortice di pessimismo, dipendenza e deviazione. Che questo sia vero o meno, ha poca importanza, perché non vi è dubbio del contributo che questo artista ha detto alla musica.
In memoria sua e del giorno dove avrebbe compiuto 76 anni, ripercorriamo brevemente la sua storia.
L’infanzia, l’esordio e i Velvet Underground
Lewis Allan Reed nacque a New York il 2 Marzo del 1942 e crebbe a Freeport, nel Long Island. Appassionato di musica sin da piccolo, imparò a suonare la chitarra da autodidatta e sviluppo un forte interesse per il Rock and Roll e l’R&B.
Nel 1960, Reed iniziò a frequentare l’università, studiando giornalismo, regia e cinematografia. In quegli anni non solo condusse un programma radiofonico, ma conobbe lo scrittore e poeta Delmore Schwartz, con cui strinse un forte rapporto, al quale, alla morte, dedicò il brano “European Son“. Fu da quell’incontro che l’artista maturò l’idea di dare al Rock un carattere più maturo e sensibile, liberandolo dall’infantilismo rappresentato dai suoi testi adolescenziali, tipici degli anni 50.
Nel 1964, si trasferì a New York, dove cominciò la sua attività di compositore. Fu qui che conobbe John Cale, con il quale, due anni dopo, fondo i Velvet Underground, insieme a Sterling Morrison e Maureen Tucker. La band si associa allo studio “factory” di Andy Warhol e incide i suoi primi brani. Sono gli anni che vedono la nascita di album come “The Velvet Underground & Nico“, “White Light/White Heat“, “The Velvet Underground“, “Loaded” e brani come “Sister Ray” e “Sweet Jane“.
Nonostante la breve vita, il gruppo ha sicuramente avuto il merito di aver cambiato il concetto di rock com’era noto al tempo, arricchendolo con una sfumatura di realismo e aggressività fino ad allora inesistente e che sarebbero diventati, 10 anni dopo, il fulcro di movimenti come il Punk Rock, l’Alternative Rock e la New Wave.
Dagli anni 70 al nuovo millennio: la carriera da solista
Ad inizio del nuovo decennio, Reed decise di intraprendere la carriera da solista, dopo lo scioglimento della vecchia band. Dopo l’insuccesso del suo primo LP “Lou Reed“, il cantante ricevette l’appoggio di David Bowie per produrre il successivo “Transformer” che al contrario ottenne un enorme consenso ed è ricordato per brani come “Walk on the Wild Side“, “Perfect Day” e “Satellite of Love“.
Successivamente, Lou collezionò un altro insuccesso con “Berlin“, ma si riprese con i seguenti “Rock N Roll Animal”, “Sally Can’t Dance” e “Lou Reed Live“. Questo periodo fu estremamente duro per lui, oltre per l’esaurimento nervoso provocatogli dalla carriera, anche per il crescente abuso di droghe che stava accumulando.
Qui inizia la parabola discendente della vita, più da uomo che da artista, di Reed. I suoi concerti e i suoi album sono colmi di violenza e intensità; basti pensare al tour italiano del 75, interrotto bruscamente o ai dischi del 78 come “Street Hassle“.
All’inizio degli anni 80, con l’avvento dell’era del Punk, Reed iniziò a lavorare col chitarrista Robert Quine a “The Blue Mask“. L’LP ottenne un fortissimo riscontro, abbastanza perché Lou si ingelosisce del suo collega e ne risentire nei lavori più prossimi. Dopo la fine del consorzio tra i due musicisti e la produzione del suo peggior album, “Mistral“, Reed iniziò una piccola pausa che si concluse con la morte di Andy Warhol, al cui funerale rincontrò il vecchio collega John Cale, con cui scrisse “Songs for Della“, opera uscita nel 1990, in memoria dello scomparso artista.
Nel pieno degli anni 90, i Velvet Underground tornarono temporaneamente insieme per dedicarsi ad una tournée mondiale ed ebbero così modo di entrare a far parte della Rock and Roll Hall of Fame.
Il 2000 fu per lui un decennio tutto tondo, dedicato interamente all’arte e dai forti riscontri. Prima “Ecstasy” e poi “The Raven“, album dedicato ad Edgar Allan Poe e che ha visto la partecipazione di Ornette Coleman, Willem Dafoe e David Bowie.
Nel 2008 fondò il Metal Machine Trio, gruppo di sfogo con cui suonare sporadicamente musica anticommerciale e libera da ogni inibizione e lo stesso anno venne inserito al 62° posto nella lista dei 100 migliori cantanti di Rolling Stones.
Gli ultimi anni: dal 2010 alla morte
Furono pochi gli anni, superata la soglia del 2010, che precedettero la morte dell’artista. Nel 2011, Reed collaborò con i Metallica per la realizzazione di “Lulu“. L’artista e la band avevano già lavorato insieme precedentemente e continuarono a farlo in futuro per celebrazioni speciali.
La sua carriera tuttavia non andò avanti per molto, a causa dei suoi problemi di salute. Nel 2013 infatti, Lou fu operato per problemi al fegato e, dopo alcuni mesi, le complicazioni contratte lo portarono alla morte il giorno 27 Ottobre. La sua dipartita segnò un momento di lutto per tutto il mondo della musica.
Lou Reed: lo stile, l’eredità e la leggenda
Considerato come il prototipo del rocker tormentato, Reed è stato il precursore di generi come il Punk e affini e innovatore di stili con cui suonare la chitarra elettrica.
La sua musica cambiò molto nel corso degli anni, in parte per adattarsi alle correnti del momento, in parte quando vi era necessità di sfornare prodotti maggiormente commerciali, in altra parte ancora, quando il suo umore si alterava sempre più. Ciò che risalta più della sua musica non è solo la tecnica canora e citaristica, quanto la profondità dei suoi testi, riconducibili quasi a poesie.
In 55 anni di carriera, Reed ha prodotto un totale di ben 46 album e venduto decine di milioni di dischi. La fama e il successo conseguiti, lo hanno trasformato in una vera leggenda, il cui stile e il ricordo non moriranno mai.
Per ricordarlo e onorarlo, ascoltiamo insieme il suo successo “Perfect Day“.