
La “Galleria Toledo”, “Teatro Stabile d’Innovazione”, nel cuore dei Quartieri Spagnoli, in cui si avvicendano opere sperimentali e di tradizione, ha ospitato, dal 29 ottobre al 2 novembre, l’ultimo lavoro di Giovanni Meola, “L’Internazionale”, atto unico del napoletano Roberto Bracco. Roberto Bracco, autore di gran fama nazionale e internazionale dal 1894, anno del suo primo dramma al 1926, anno in cui cadde in definitiva disgrazia presso il regime fascista, fu candidato più volte dalla Svezia stessa al premio Nobel per la Letteratura. Questa, però, gli fu negata da Mussolini perché considerato un anti-italiano. Bracco, che nel contempo fu ampiamente riconosciuto da autori coevi internazionali e nostrani come uno dei più grandi drammaturghi del primo Novecento, è entrato nel silenzio della Storia. Fino a oggi. Anche autore di recensioni per diversi giornali, nei suoi lavori teatrali e nelle novelle, che gli hanno arrecato fama internazionale, tratta temi inusitati, come quelli che scrisse dal 1894 al 1915: “Una donna”, “Maschere”, “Il diritto dell’amore”, “Il diritto di vivere”, “La fine dell’amore”, “Nel mondo della donna”, “Sperduti nel buio”, “I fantasmi”, “La vita e la favola”. Lavori, questi, tradotti in diverse lingue e rappresentati in tutta Europa, con interpreti di chiara fama, come Eleonora Duse, Emma e Irma Gramatica, in cui si fanno strada, con attenzione psicologica dei personaggi, temi diversi e trattati in modo altrettanto inconsueto rispetto alla temperie culturale dell’epoca. L’attenzione alle piccole cose, alle classi sociali e ai drammi causati da una cultura e da una economia che diventa sempre più capitalista; alle conseguenze in ogni vita, se si guarda solo agli interessi e al commercio; alla donna, alla sua innata libertà e le difficoltà per “agirla” in una società che la considera “oggetto di piacere”: siamo in piena “Belle Epoque”, periodo in cui Roberto Bracco è ancora un autore riconosciuto anche nella propria nazione.
Un idealista, quindi, Roberto Bracco, che firmerà il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” redatto nel 1925 da Benedetto Croce; ma prima ancora partecipa nel 1919, insieme allo stesso Croce e Van De Velde, Bertrand Russel, Paul Signac a un “Manifesto pacifista” redatto da Romain Rolland, che coinvolge anche firmatari belga, tedeschi, austriaci; è la “Dichiarazione dell’indipendenza dello Spirito” in cui si chiarisce che gli intellettuali europei hanno messo “la propria arte, la propria ragione al servizio dei governi” con la conseguenza di “distruggere la comprensione e l’amore tra gli uomini”. Ci si appella a quello stesso mondo della cultura perché ritrovi le “ragioni dello Spirito a battersi per la Verità libera, senza frontiere, senza limiti, senza pregiudizi di casta e di razza”. Appello evidentemente rimasto inascoltato. Nella sua parabola personale Roberto Bracco fu però presto vittima del regime fascista.Eletto deputato a Napoli nelle liste di Giovanni Amendola alle elezioni dell’aprile 1924, fu dichiarato decaduto dalla carica nel novembre 1926. Il drammaturgo rifiutò di entrare a far parte dell’“Accademia d’Italia” e i suoi lavori furono “progressivamente eliminati dalla circolazione”. A questa “repressione” Roberto Bracco reagì coerentemente con il suo pensiero, dimostrando che la “resistenza”, non si fa solo armi in mano: «Eccellenza, per una serie di circostanze che sarebbe qui inutile precisare, mi è pervenuto con molto ritardo lo chèque di Lire diecimila da Lei inviatomi. (…) Una profonda e benefica commozione ha prodotto in me l’atto generoso da Lei compiuto con eleganza di gran signore e con una squisita riservatezza, in cui ho ben sentito la bontà e la comprensione di chi amorosamente e validamente vigila le sorti della famiglia artistica italiana. Ma la commozione profonda e benefica non deve far tacere la mia coscienza di galantuomo la quale mi avverte che quel denaro non mi spetta». La “resistenza”, quindi, si fa anche rinviando al Duce un assegno di 10.000 Lire. Vince la “coscienza” sulla “necessità economica” per Roberto Bracco nella sua lettera del 1937. La “resistenza”, quindi, si fa anche mantenendo le proprie posizioni e non ossequiando un qualsivoglia regime. Non accondiscendendo alle “im-posizioni” di una cultura imperante anche al prezzo di non essere più riconosciuto né “conosciuto”. Coraggio, determinazione, convinzione delle proprie idee.Roberto Bracco con la sua “non violenza”, con il suo pacifismo, con i suoi sentimenti di amore, fratellanza e rispetto per ogni differenza è eversivo. E forse riproporlo sulla scena dopo cento anni è un atto eversivo anch’esso.
Nel dramma “L’Internazionale” siamo nel 1914, a due mesi dallo scoppio della Grande Guerra. L’Italia non è ancora entrata in guerra. Mignon Floris, cantante nota in tutta l’Europa comincia a avere le prima difficoltà a lavorare in Italia a causa della censura e delle implicazioni politiche che persino canzonette dei diversi paesi esteri possono comportare. Se ne occupa l’affettuoso amante Renzo, che cura tutte le questioni burocratiche della giovane bella e brava cantante dalla fama e repertorio internazionale. Ma qualcosa sta cambiando in lei. Ora è più intenta a osservare la grande cartina dell’Europa che si è fatta cucire appositamente. L’osserva accorata e con ritratti alla mano, disponendoli in corrispondenza di punti spesso invisibili sulla cartina stessa. Di questo suo nuovo atteggiamento s’impaurisce e s’insospettisce l’impresario innamorato della donna che lui ha sempre ravvisato come leggera e sensuale. La gelosia comincia a rodergli dentro. Il distacco di quella che ritiene la sua, e solo sua, donna diventa intollerabile, arrivando anche a avere atteggiamenti arroganti e aggressivi. Mignon sopporta e affronta l’uomo e i suoi comportamenti un po’ infantili. Non è in vena di fare cose gioiose. È triste, e vuole star sola. Solo questo chiede. Senza dare alcuna altra spiegazione. Così come solo uno “spirito libero” può fare. L’arrivo di un uomo, che si rivelerà un commissario di polizia, Aprile, è una buona occasione perché Renzo possa nascondersi, osservare e controllare che il nuovo arrivato non sia invece un amante, come lui fermamente sospetta. La donna si trova al centro del sospetto. Sospetto di tradire l’innamorato, e non solo. La polizia, notando il carteggio della donna con i più alti funzionari di stato e polizia dei paesi belligeranti, l’accusa di essere una spia. Mignon è costretta a raccontare la verità. Una verità che a prima vista può sembrare incredibile. È vero che scrive ai vari capitan maggiori, ma non per tradire la propria patria; solo per avere notizie degli uomini che lei ha amato e da cui è stata riamata. Per questo ha fatto creare appositamente per lei una grande cartina dell’Europa su cui appunta gli ultimi luoghi in cui ha avuto notizia dei suoi amanti. Di fatto ne segue le tracce. “Ne segue la vita”. Sul filo dell’Amore, quello pieno, al di là delle distanze e soprattutto delle guerre e oltre il tempo, Mignon, la cantante, è una donna che nel marasma della guerra tiene e “trattiene” alla vita uomini, esseri viventi, sull’orlo della morte. Una donna dallo spirito e dai modi indipendenti, che persegue i propri obiettivi, con una sincerità offerta per prima a se stessa. Per questo potrà accogliere le gelosie dell’uomo che attualmente ama e sostenere un interrogatorio e un’invasione di ciò che le è più caro. La propria libertà. Una “gener-azione” di livelli di senso nel testo di Roberto Bracco e nella scelta della sua riproposizione nel 2014 a quasi cento anni dalla sua prima rappresentazione a Carignano di Torino dalla Compagnia di Tina Di Lorenzo nel febbraio del 1915. Forse non a caso rappresentato nel 2014 a Napoli, città del Sud molto controversa, da una compagnia “Virus Teatrali” che sviluppa i propri lavori in un modo “socialmente politico”. A Europa comunitaria ormai fatta, in cui, però, le tensioni tra gli Stati non sono disciolte. In un mondo in cui le guerre non sono finite. Dall’immediatezza del rapporto uomo-donna intriso di “senso di potere” da una parte e libertà e indipendenza dall’altra, alla riflessione di come le guerre devastino territori e uomini che insensatamente vanno alla guerra. E di come quella guerra, a cui nessuno si è realmente opposto, con “cuore di donna” e “libertà di Spirito”, condizioni le relazioni tra persone all’interno di ogni nazione, non solo tra gli amanti. E a questo punto la libertà, se mai vi è stata, viene meno.
Il proprietario di un teatro, in cui Mignon Floris avrebbe dovuto esibirsi, non le permetterà più di rappresentare il suo spettacolo. Si paventa di avere problemi a causa dei testi e della lingua straniera delle sue canzoni. Eppure nel 1914 la censura e le sue leggi non sono state ancora promulgate. L’equivoco che le ha fatto correre il rischio di essere arrestata come “spia” sarà risolto, sulla scena; con mille sentite scuse del burocrate commissario. In questo contravvenendo a quanto Bracco farà dire a un personaggio di un dramma successivo scritto nel 1922, dal titolo: “I Pazzi”, la cui rappresentazione, in un teatro romano, fu interrotta dalle squadre fasciste nel 1929, sancendo l’oblio dell’autore e della sua opera: «Il diritto è quella istituzione per la quale, quando che vogliamo, ci si cava il gusto di dare qualche fastidio al prossimo senza fargli le scuse». La guerra, però, resta. Il commissario, in questo caso, ha riconosciuto nella donna una vittima del “sospetto”. Ma a sipario chiuso la censura, i condizionamenti “del pensare e del fare” resteranno. Come l’autore de “L’Internazionale” ben riconosce e, come “profeta di se stesso”, ben individua.Ne “L’Internazionale”, quindi, si propone anche una riflessione sul modo in cui si giunge alla guerra stessa: con una cultura del sospetto e con una non-curanza e insensibilità e mancato rispetto del “dono” della vita stessa.
La Compagnia che ha portato in scena coraggiosamente “L’Internazionale” di Roberto Bracco è “Virus Teatrali”, Compagnia Teatrale Indipendente nata nel 2013 e diretta dall’autore, sceneggiatore e regista Giovanni Meola, direttore artistico anche di “Virus Film”, premiata in ambito nazionale per alcuni suoi cortometraggi. “Virus Teatrali” dal “2001 partecipa anche al progetto “Teatro e Legalità”. Giovanni Meola, nelle sue drammaturgie, quali “L’Infame”, “’O Scarto”, “Frat’’e Sanghe” mira all’integrazione tra linguaggio verbale, linguaggio fisico e tematiche sociali attraverso la stessa ricerca teatrale, nel costante tentativo di un intreccio tra tradizione e contemporaneità. “L’Internazionale”, infatti, portata sulla scena da Sara Missaglia (Mignon Floris), Luca di Tommaso (Renzo), Luigi Credendino (Commissario Aprile) e Simona Pipolo (Virginia), con la scenografia di Armando Alovisi e costumi di Annalisa Ciaramella, fa parte del “Progetto Bracco” che ha l’intento di riportare “alla vita del Teatro, della Cultura” e non solo, le opere di Roberto Bracco.