A seguito dell’ultima tragedia avvenuta il 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa e causa della morte di 366 migranti di cui si stimano 362 eritrei, il Teatro Valle Occupato di Roma ha ospitato ieri, 11 novembre 2013, “L’Eritrea che si racconta“: la comunità eritrea presente nella capitale per dibattere e approfondire temi attuali, come quelli storici, sociali, politici e culturali, di un paese che porta con sé cicatrici e dolori e che faticosamente sta ripartendo lottando per la libertà.[divider]Il Teatro Valle, costruito nel 1727 da Tommaso Morelli e ubicato nel Rione Sant’Eustachio, è un’area attiva socialmente per difendere i diritti di cittadini di qualunque nazione, dunque contrario ad ogni forma di discriminazione e dittatura. Già venerdì 25 ottobre accolse tra le sue mura le famiglie delle vittime nell’ennesimo naufragio. [divider]“Ennesimo” in quanto dal 1998 ad oggi le anime disperse nel Mar Mediterraneo sono circa 20.000. Ieri il Teatro Valle ha offerto nuovamente il suo contributo offrendo il suo spazio per un dibattito a cui hanno preso parte Ribka Sibhatu e Amer Adem, responsabili cultura e informazione del coordinamento; Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa; Alganesh Feseha, presidente ong Gandhi, rappresentanti del I municipio, della Rete Donne per la Pace e della Casa Internazionale delle donne.[divider]L’obiettivo primario della conferenza è quello di far conoscere le difficoltà di una realtà altra, dove i perseguitati sono circa 10.000. Una situazione in cui ogni giorno si vive tra torture, censure e guerre. Un mondo dal quale l’individuo cerca di fuggire costantemente per paura, ma che, troppo spesso, lascia senza metter mai più piede su un’altra terra. Divulgare e sensibilizzare attraverso la voce dei testimoni è, forse, uno dei modi migliori per far riflettere su cosa possa significare combattere e soffrire per la propria identità.
Francesca Saveria Cimmino